.43. intreccio di destini.

9 2 0
                                    

Aaron

Quella signora mi dava i brividi ma era impressionabilmente uguale a Nathan.
Quello mi stava mettendo in crisi, mannaggia a lui e ai suoi modi di fare, mi faceva impazzire.
«Oh, piacere. Sono Rita, la madre di Nathan» disse lei facendomi entrare in casa.
Mi tolsi la giacca di pelle senza smettere di trucidarla con lo sguardo, stronza drogata.
«Accomodati, ho fatto una tisana» era visibilmente scossa e tremante, suo figlio era appena tornato a casa dopo undici anni, io non so se avrei reagito bene come lei.
«È così tranquilla?» chiesi rivolgendomi a Nathan.
«Sembra» fece spallucce e prese il mio giubbotto zuppo d'acqua per appenderlo.
Poi sua madre tornò con due tazze in mano.
«Come vi siete conosciuti?» chiese poggiando tremolante le tazze sul tavolo.
Quella casa era una tipica hippy anni 70.
C'erano arcobaleni ovunque e l'arredamento era orribile.
Non mi sarei sorpreso a trovarla fumare una canna grande come un cannone.
«Noi? Ci siamo conosciuti a casa di un mio amico di infanzia, stavamo facendo una partita a calcetto e poi gli ho fatto ascoltare una canzone alla chitarra elettrica, la suono.» dissi poi prendendomi le occhiatacce di Nathan.
«Scus-» gli tirai un calcio sotto il tavolo e lui chiuse immediatamente la bocca.
«Come dici Nat?»
«No, niente. Si, è bravissimo a suonare» disse poi sorridendo.
«E a rubare...» aggiunse poi sottovoce.
«Quindi ti piace la musica» no, mi piace ballare le danze esotiche.
Ma è fumata davvero?
«Direi di sì» scattò in piedi e scomparì dalla nostra vista.
«Calcetto? Davvero?» che dovevo fare?
«Si, calcetto. Piuttosto mi preoccuperei della salute mentale di tua madre. Non dovrebbe fumare più tutte queste canne» serrò la mascella incrociando le braccia al petto.
«Non mettere il broncio, stavo scherzando»
«Non è vero.»
«Permaloso» lo era eccome.
«Scorbutico» aggiunse.
«Ti amo» dissi poi.
«Anche io» arrossì e abbassò la testa concludendo sempre a braccia conserte facendomi trattenere una risata.
Era ridicolo, ma mi faceva divertire come un matto.
«Era di mio marito» la signora apparve da una porticina.
«Ah» mi porse una chitarra che da com'era ridotta sembrava un liuto del medioevo.
Era rotta e malconcia, potevano esserci miliardi di batteri e soltanto tagliandomi con una corda di quell'aggeggio potevo prendere cinque malattie diverse.
Io quel coso non lo tocco.
«Tieni, suona qualcosa» insistette facendomi alzare dalla sedia.
Avrá un milione di germi, che schifo.
«Scusi ma io...no, grazie» Nathan voltò il capo verso di me con un'espressione enigmatica.
Poi fece segno con le labbra di un «Ti prego» ed io alzai gli occhi al soffitto.
«Okay, va bene. Lo suono»
«Lo? È una chitarra» disse Nat voltandosi e sedendosi a cavalcioni sulla sedia.
«La, okay?» lo avevo chiamato liuto sul serio.
Non credo di arrivare a fine giornata.
Devo parlare alla madre di Nat, dopo la canzone.
«Suona un pezzo che sai bene, non preoccuparti» disse lei con quel tono ancora tremolante.
Certo, è impaurita. Dopotutto rivedere il figlio che hai maltrattato dopo anni ti fa paura, potrebbe ricordarsi di quello che gli hai fatto.
«Aaron, ti prego» disse Nat sottovoce.
Fanculo, perché è sempre così convincente?
«The night we met?» chiese poi.
No, quella no.
«Perché no!» disse poi sua madre battendo le mani entusiasta.
«Okay...» accordai la chitarra meglio che potei poi iniziai a provare un po'.
«Mi sto addormentando, Aaron.» disse Nathan sbuffando.
«Non è colpa mia se questo liuto medievale è ridotto di merda!» oddio, l'ho detto davvero?
«Oddio scusi» dissi poi vedendo il viso della donna scurirsi.
Okay, se lo meritava ma l'effetto Nathan mi aveva fatto il lavaggio del cervello.
Ero diventato...gentile?
No, non può essere.
«No, sta' tranquillo è che mio marito non c'è più, questo è l'unico suo ricordo per me a parte Nat» mi sento terribilmente in colpa e non è da me.
Spirito di Nathan esci dal mio corpo, voglio il vecchio, scorbutico Aaron.
«Suono, è meglio» balbettai abbassando lo sguardo.
Poi accordai la chitarra per bene iniziando a suonare e a canticchiare.
The night we met era magica per me, Nat e gli altri.
Thomas e Selene si erano conosciuti di notte, io e Nat amavamo quella canzone, forse era il nostro intreccio.
«Lo so, non so cantare ma...» venni interrotto dagli applausi della madre di Nat che stava piangendo.
Esagerazione al massimo.
«Te lo ricordi anche tu, vero?» chiese Nathan.
«Forse si» si voltò sorridendo, prese il cuscino della sedia e me lo tirò in testa facendomi ridere.
«Come scusa?» continuava a darmi colpi di cuscino in testa.
«Ricordo, ricordo» sua madre non era più con noi.
«Nat» gli afferrai il polso e lui divenne serio in un attimo.
Dovevo parlare a sua madre.
«Dov'è tua madre?»
«Non lo so, perché?» mi alzai posando la chitarra sul tavolo e Nathan fece lo stesso seguendomi.
«No, tu rimani qui.» gli bloccai la strada.
«È casa mia»
«Quindi?»
«Che devi dire a mia madre?»
«Devo soltanto chiarire una cosa in modo Aaron, non in modo Nathan.» lui inclinò la testa.
«Scusa?» chiese con un ghigno divertito.
«Tu sei gentile, io no.» poi andai a cercare la donna e quando la trovai in giardino seduta sul pozzo con un tulipano in mano mi sentì sprofondare.
Nathan perché ti ho conosciuto e mi hai addolcito?
«Oh, Aaron»
«Salve» mi avvicinai a lei.
«No, ti prego. Chiamami Rita»
«Perché?»
«Sei il ragazzo del mio bambino, non c'è bisogno che tu mi dia del lei.» Aaron sei venuto per dirglielo.
«Senti, Rita. Lei tratterá di nuovo male Nathan» mi fece cenno di sedermi accanto a lei ed io lo feci senza fiatare.
Le mie spalle grandi coprivano la sua figura minuta e raggrinzita, poi lasciò andare il tulipano.
«Che intendi?»
«Era ai Rebels dove è stato maltrattato ma se Chuck è venuto a prenderlo vuol dire che eravate dei drogati lei e quel folle di...scusi» ma perché non riesci a fare il cattivo come una volta, Aaron?
«Non ho mai toccato neanche una sigaretta»
«Si certo...»
«Adesso te la racconto io la fiaba, okay?» fiaba?
«Okay...»
«Nathan aveva nove anni ed era un bambino felice, amava leggere, ascoltare la musica, ballare, dormire, giocare. Era un bambino come tanti altri ed ogni volta che si girava a guardare qualcuno, i suoi occhi brillavano come non mai.
Poi Chuck Humphrey suonò il campanello spacciandosi per l'elettricista e piano piano convinse Nathan a venire con lui.
Quando iniziò a scappare io gli corsi dietro urlando disperata ma non ci fu nulla da fare.
Me lo aveva...me lo aveva portato via.
Poi mio marito è morto di cancro ed io sono rimasta da sola.» sentì la sua voce spezzarsi.
Mi sento uno schifo.
A quel punto non seppi che fare, mi alzai, la guardai e poi la strinsi in un abbraccio così forte da spezzarle il respiro.
«Scusi io non...»
«Aaron?» Nathan.
Sua madre mi rivolse un sorriso, poi andò verso Nathan per rientrare.
«Tienitelo stretto, Nat» il suo sguardo si intrecciò al mio e poi si avvicinò sorridendomi.
«Hai sedotto anche mia madre, complimenti» disse poi con tono sarcastico mentre camminavamo per quel giardino immenso e pieno di ogni tipo di fiori.
«Si, ci so fare con le donne» mi diede una pacca sulla spalla.
«Sei tremendo» spostai lo sguardo verso una piscina perfettamente pulita e poi puntai gli occhi su Nathan.
«Cos'hai intenzione di fare?» chiese impaurito vedendomi sempre più vicino.
«Mah forse...» lo presi in braccio e lui iniziò ad urlare.
«...Un bagno» lo scaraventai in acqua e lui ci mise troppo a risalire.
«Ohi ma sei cretino?» si tolse i capelli zuppi dal viso poi si avvicinò al bordo piscina.
«Volevo farti preoccupare» disse poi con un ghigno.
Mi agguantò la caviglia con entrambe le mani e in un momento di distrazione mi tuffò in acqua.
Quando riemersi lo trovai a galleggiare come un morto sulla superficie dell'acqua.
«Cosa hai appena fatto Nathan-morto-Owens?»
«Niente Aaron-cretino-Marley» certo, ora gli faccio vedere.
Mi tuffai addosso a lui afferrandolo per le spalle e tirandolo sott'acqua.
«Ma!» disse poi una volta riemerso.
«Te l'avevo detto»
«Certo»
«Beh adesso tocca a me»
«Cosa?» mi tirò una quantità indefinita di acqua addosso facendomi intasare il naso e la bocca.
Maledetto.
Iniziai a tossire soffocato da tutto quel cloro.
«Che schifo» mi lamentai poi.
«Scusa»
«Oh prego» dissi con tono alterato voltandomi verso di lui.
«Però sei antipatico» bisbigliò ed io spalancati la bocca.
«Io?»
«Tu»
«Antipatico?»
«Troppo»
Lo bloccai al muretto baciandolo e lui non oppose resistenza, neanche un pò.
«Adesso?»
«Mh...Forse inizi a starmi simpatico, Aaron-cretino-Marley»

STORM dangerousDove le storie prendono vita. Scoprilo ora