Capitolo 5 - Elric

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Quando brami strane tentazioni.
Quando vuoi oscure sensazioni.
Nella notte senti immensi sogni ardenti.

{Il fantasma dell'Opera}

Concludo l'esecuzione con un do maggiore. Giro la testa verso Genevieve, canta bene devo dargliene atto. Non che mi interessi molto la sua voce, ne ho un'altra che è sempre presente nei miei pensieri.
Lei era lì.
Sotto il mio palco.

L'ho vista puntare gli occhi su di me, fare dei passi avanti verso di me, anche lei sente il richiamo proprio come lo percepisco io. Mi lecco le labbra arse e mi alzo dallo sgabello.

«Sei stato eccezionale, Elric.»

«Tu devi allenarti sulle note alte o non sarai all'altezza di essere la protagonista del prossimo musical. Ho bisogno della perfezione per accompagnare la mia musica.»

Ogni parola trasuda autorità e disprezzo, Genevieve abbassa più volte la testa in maniera servizievole. Si impegna molto, vuole primeggiare e con me abbassa sempre la testa. Ma so che fuori dal palco si comporta in maniera aggressiva con le altre ragazze. Un comportamento scorretto che mi fa molto sorridere. Crede di prendere in giro l'Opéra, di prendere in giro me. Non ha alcuna possibilità di riuscirci sul serio. Sarà la mia prima donna ancora per un paio di spettacoli, finché un'altra non sarà pronta a prendere il suo posto.

«Farò il possibile per essere alla tua altezza, Elric. Perdonami se non sono stata abbastanza brava.»

Sbuffo e non rispondo neppure, mi allontano dal palco e scendo la scaletta, sulla prima fila di poltrone il professore di canto, Odino, mi studia attento.

«Cosa ne dici?»

«Ha ancora molto da studiare, non si impegna abbastanza. La vedo uscire spesso e andare per locali a fare bisboccia, non è un comportamento adeguato a una prima donna. L'altra ragazza quando sarà pronta?»

Il mio tono è annoiato, parlare di aspetti pratici mi piace poco, ma è pur sempre il mio teatro dell'opera, quindi devo farci attenzione.

«Ha ancora molto da studiare essendo al secondo anno, ma ha una capacità vocale eccezionale, sono sicuro che ancora un paio di lezioni e...»

Lo blocco puntandogli il mio dito guantato contro il petto.

«Mi avevi detto che all'inizio di quest'anno avrei avuto una prima donna all'altezza. Non mi interessa quanto deve studiare, fai uscire il potenziale di quella ragazza o sarò costretto a intercedere io stesso e sappiamo entrambi che non ti piacerebbe, professore.»

Rabbrividisce. Cerca di mantenere un contegno in mia presenza ma sa bene di cosa sono capace, l'ha visto con i suoi occhi. Sa che con me non si scherza.

«Si, signore.»

«Ora va meglio, Odino.»

Gli do una pacca sulla spalla e lo lascio con la sua studentessa, proseguo lungo il corridoio centrale ed esco fuori. Mi piacerebbe raggiungere la mia dama, ma so bene che devo lasciarla ambientare, sono una persona piuttosto paziente, ho tre anni per farla mia, sarà lei a desiderare di esserlo.

Questo non esclude che io possa giocarci, osservarla, capire meglio le sue reazioni. Percorro il giardino fino ad arrivare al palazzo dei dormitori, raggiungo la sala relax, del piano terra, i miei colleghi ammutoliscono quando mi vedono entrare nella stanza. Non ne sono stupito, da quando sono qui ho alimentato un clima di terrore attorno alla mia figura, è una sensazione deliziosa avvertire la paura altrui. Osservo due ragazze sui divanetti, entrambe hanno lo sguardo puntato verso il basso, il loro petto si alza e si abbassa ad un ritmo irregolare, le mani tremano. Mi nutro delle emozioni negative alla stregua di un vampiro emotivo, un ragazzo sta deglutendo così forte che lo percepisco anche se è in fondo alla stanza, una coppia si sta bisbigliando qualcosa all'orecchio mentre mi fissano.

«Qualcosa di interessante?» domando facendo un paio di passi avanti verso di loro, i miei stivali neri divorano il terreno, l'uomo e la donna tremano come foglioline.

«Vi ho fatto una domanda. Non mi piace ripetermi.»

Rivolgo loro un sorriso terrificante, la donna apre la bocca, ma si ritrova a boccheggiare, lui invece tossisce.

«Chiediamo scusa.»

Alla fine è l'uomo a parlare per entrambi, mi avvicino ancora di un passo, il ragazzo frequenta il corso di recitazione al secondo anno, lo considero mediocre. La ragazza è una mora magrolina del terzo anno, che probabilmente è entrata sotto raccomandazione.

«Non mi stupisce che tu non sappia parlare, ragazzina, ogni volta che apri bocca a teatro mi sembra di sentire una cornacchia che gracchia. Tutte le volte che parlerai male di me in futuro, ricordati che potrei mandare all'aria la tua carriera se volessi.»

Gli occhi castani le si riempiono di lacrime. Sospiro, è una cosa che odio vedere le persone piangere, le lacrime non risolvono niente.

«Per piacere, non succederà più. Non stavamo parlando di lei... noi...» prova a dire la donna tra i singhiozzi.

«Io, lei, noi, quante parole. Il suono della tua voce mi infastidisce, credevo di essere stato chiaro. Quindi stai zitta. Mi complimento anche per le lacrime, saranno utili quando dovrai piangere a comando.»

Ignoro il resto dei presenti e vado a prendere uno dei libri presenti nella libreria in fondo, poi esco dalla sala relax, appena mi richiudo la porta alle spalle il chiacchiericcio ricomincia.

Salgo la scala che porta al primo piano dei dormitori e mi fermo vicino alla sua stanza.

«Come ti è sembrata la struttura?» domanda quella che sembra la voce di Madelyn, la cantante che stanno istruendo per me. Caratterialmente non mi è mai piaciuta, ma ha delle doti canore di pregio, devo dargliene atto.

«È splendida, ho amato ogni cosa, soprattutto il teatro, spero di esibirmi un giorno di questi lì dentro. Sarebbe un sogno.»

Un sorriso si delinea sulle mie labbra, ma certo che si esibirà in quel teatro. Lei, piccola musa, sarà una delle migliori attrici che quel teatro vedrà. L'ho capito fin dal suo primo provino, non quello che ha superato quest'anno, ma quello dell'anno prima. Era brava, ma non ancora ai livelli dell'Opéra, aveva bisogno di studiare, di concentrarsi e soprattutto di ricevere quel rifiuto per essere ancora più determinata l'anno successivo. La sua seconda esibizione era stata perfetta, l'avevo voluta, desiderata e da quel momento non l'avevo più lasciata.

«Adesso ti lascio mettere a posto le valigie, ci vediamo domani mattina per la colazione.»

La porta si apre, mi nascondo in una delle camere vicine e attendo che i passi si allontanino. Ritorno di fronte alla porta socchiusa di Cress, spingo leggermente, solo un soffio, per riuscire a vedere da quel minuscolo spazio. È seduta sul letto, lo sguardo rivolto verso terra, ha un sorriso genuino dipinto sulle labbra, ma sembra anche... malinconica.

Prende la rosa e la rigira tra le dita, stacca un petalo nero e lo stringe nel pugno.

«Chi sei?» domanda ad alta voce.

Stringo il legno fino quasi a scorticarlo, non è spaventata, ma curiosa. Ho l'impulso di spalancare la porta e mostrarmi, ma mi trattengo. Non è ancora arrivato il momento.

Ma sono certo che quando arriverà lei mi avrà in pugno proprio come quel petalo di rosa.

Dietro la mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora