Capitolo 29 - Le porte dell'inferno

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Quando brami strane tentazioni.
Quando vuoi oscure sensazioni.
Nella notte senti immensi sogni ardenti

{Erik - Il Fantasma dell'Opera}

Elric

Curvo sul pavimento sto ancora rimettendo a posto il disastro che hanno combinato, nonostante l'omicidio compiuto la rabbia non è scemata, ma mi consuma dall'interno, scorre acida nelle mie vene.

Sono passati due giorni dal delitto, all'Opéra non si parla di altro e anche le notizie sui giornali si sprecano. La soddisfazione di vedere la lettera spiattellata su ogni portale giornalistico non ha prezzo. L'ho scritta con così tanta cura, cercando le parole giuste per affermare un crimine del genere, Miss Morgan ci ha aggiunto il suo tocco magico per farla arrivare a sua moglie e voilà un uomo morto con la reputazione distrutta.

Non farà mai più del male a un bambino come è stato fatto a me.

Accarezzo gli spartiti tra le dita, un pezzo della mia anima che hanno ridotto a brandelli.

Butto tutto nel sacchetto della spazzatura, ci metterò parecchio tempo per riscriverli ma quanto meno la mia vendetta è stata all'altezza delle aspettative di questo gesto vandalico.

Ho installato una seconda videocamera che guarda sempre verso la porta, se il disgraziato proverà ad entrare di nuovo sarà la sua fine.

Chiudo il sacchetto della spazzatura e vado verso il pianoforte, gli ho dato una mano di vernice, ma è necessaria una seconda per far andare via i graffiti. Mi tolgo la giacca e sfibbio i polsini, alzo entrambe le maniche fino all'avambraccio, tenendo però i guanti, mi inginocchio e inizio a passare il pennello sul pianoforte.

«Elric?»

La sua voce risuona come musica classica alle mie orecchie ferite dalle grida di quell'uomo. Cress spinge la porta ed entra nel sotterraneo, i suoi occhi verdi mi individuano subito, ha le mani giunte davanti a sé che tremano leggermente, il viso è segnato dalle occhiaie e privo di trucco, sono appena le sette del mattino quindi dubito che abbia dormito. Si è avvolta attorno un paio di jeans e una maglietta bianca sformata, la trovo comunque bellissima.

«Cress?» chiedo con la stessa intonazione.

Abbasso lo sguardo sul pianoforte tornando a pitturare di nero, passano diversi minuti, lei non si è mossa, incuriosito alzo lo sguardo e intercetto i suoi occhi.

«Vuoi rimanere impalata lì o mi dici il motivo per cui sei venuta?» chiedo, immergo di nuovo il pennello nel secchio che contiene la vernice.

«Il tuo braccio.»

Un campanello d'allarme suona nella mia mente. Mi sono scoperto le braccia per pitturare e ho lasciato in bella vista quello sinistro, pieno di cicatrici violacee e di pelle raggrinzita. Tiro nervosamente la manica, ma la furia mi porta a strapparla, mi ritrovo un pezzo di tessuto a brandelli sul braccio.

«Che cazzo vuoi, Cress?! Sei venuta qui per parlare del mio braccio mostruoso o vuoi solo tormentarmi?»

Mi alzo in piedi e recupero la giacca, la indosso per coprirmi e mi allontano dal pianoforte, uno specchio mi restituisce l'immagine della mia furia.

«Sono venuta qui... per quell'uomo. Tu... sei stato...»

Non riesce nemmeno a finire la frase, mi sento una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, ha visto le mie cicatrici, le mie orribili e deturpanti cicatrici.

È bastato un braccio a sconvolgerla, se vedesse il mio viso l'orrore non se ne andrebbe più dal suo volto.

«Quell'uomo è morto. Non c'è altro da sapere.»

Dietro la mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora