Capitolo 43 - Fievole respiro

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 E allora la voce, la Voce che avevo riconosciuto sotto la maschera,
che non aveva potuto nascondermela,
era là in ginocchio davanti a me: un uomo

{Il Fantasma dell'Opera}

Richard

Le prove mi stanno sfiancando. Sono settimane che non faccio altro che ripetere le battute della Mandragola, ho moltissime ore di sonno arretrato e non sono per niente concentrato. Ho tentato un bell'azzardo qualche giorno fa. Elric avrebbe potuto scoprire che ero stato nella sua stanza. Invece non si è lamentato con nessuno, ha rimesso a posto il vetro senza chiedere aiuto. Perché avrebbe dovuto mantenere il segreto per sé?

Mi sento logorato da questi pensieri e le immagini di quegli uomini che violentano i bambini mi danno ancora il voltastomaco.

«Abbiamo finito per oggi! Ci vediamo domani mattina!»

Sono ormai le dieci di sera, i miei colleghi sbadigliano. C'è stato un gran trambusto nelle scorse ore quando abbiamo trovato Malcolm disteso per terra sanguinante. Non ha voluto dirci chi fosse stato e Brandon, vicino a lui, è rimasto in silenzio. Io ho i miei sospetti, ma vista la mia precaria condizione è meglio non farmi notare e starmene per i fatti miei.

Brandon è seduto sulle poltrone della prima fila, lo raggiungo e gli poso una mano sulla spalla.

«Stai bene?» Sussulta e alza lo sguardo per incontrare il mio. Ha gli occhi gonfi e rossi.

«Si, mi dispiace per Malcolm.»

Si alza in piedi pronto a chiudere la conversazione. Sembra ci sia molto di più ma non ha intenzione di parlarne oggi. Brandon non è un tipo che piange e le sue lacrime non dipendono dal nostro amico. Non avevano nemmeno chissà quale rapporto. Malcolm è in infermeria. Non è voluto andare all'ospedale, quindi la situazione non può essere troppo grave.

Lo accompagno all'esterno. «Se vuoi parlare di altro sai che io ci sono» gli dico sorridendo.

Lui annuisce, ma si vede che la sua mente è altrove.

Mi oltrepassa con gli occhi vacui. Sbadiglio e mi tasto le tasche in cerca della chiave. Non la trovo.

«Dannazione» borbotto.

Devo averla dimenticata nell'aula di recitazione qualche ora prima. Con un sonoro sbuffo mi incammino verso il palazzo degli studi. È tutto buio, i ragazzi se ne sono andati da un pezzo. Accendo la luce del primo piano e guardo oltre le finestre. Il mio marsupio è proprio lì.

Provo ad aprire la porta ma quella non ne vuole sapere.

«Che sfiga» borbotto strofinandomi la fronte con le dita.

Provo a forzarla un paio di volte, gli do una spallata.

Un urlo agghiacciante mi blocca prima che possa darne una seconda. Proviene dal piano di sopra. Sconvolto lascio perdere la porta e salgo le scale a due a due per raggiungere l'aula di canto. Un secondo urlo femminile mi perfora i timpani, seguito da un pianto disperato. Poi tutto si zittisce. Continuo a correre come un dannato e spalanco l'aula di canto. Nella penombra della stanza riesco a distinguere un uomo con un mantello e una donna, parzialmente coperta da lui. L'uomo ha la mano stretta attorno al suo collo, la sta strangolando. Lei ha smesso di urlare, non risponde più.

«Lasciala!» grido.

Si gira verso di me, vedo metà del suo volto, coperto da una maschera bianca.

Elric.

Mi getto a capofitto su di lui, ma è più veloce, corre verso la finestra e si getta di sotto prima che possa raggiungerlo. Mi affaccio per cercare di acciuffarlo, ma l'uomo è già sparito nel buio della notte.

Un rantolo mi fa girare. Mi getto per terra vicino alla ragazza e le scosto i capelli dal viso.

Madelyn.

«Madelyn... Madelyn, mi senti?»

Non risponde, i suoi occhi sono chiusi. Preso dal panico mi abbasso vicino alla sua bocca per sentire se respira, ma non avverto niente. Il suo petto si alza e si abbassa a malapena.

Sta per morire.

Afferro il cellulare per chiamare i soccorsi.

«Ho bisogno di un'ambulanza, subito!»

Sto creando un solco nel pavimento della sala d'attesa talmente sono nervoso. Cammino avanti e indietro come una trottola impazzita. Gli infermieri mi guardano male. Non mi interessa. Elric è davvero arrivato a cercare di uccidere una studentessa? Un'amica di Cress, per giunta? Come ha potuto fare una cosa simile? Spingersi a tanto?

Qualsiasi pietà avevo provato nei suoi confronti è del tutto sparita quando ho visto Madelyn conciata in quello stato.

Sto aspettando che i medici mi informino sul suo stato di salute. Dovrei avvertire Cress, ma prima voglio avere qualche informazione in più per non spaventarla troppo.

Mi passo le dita sulle tempie, un forte mal di testa non mi dà tregua.

L'Opéra sta diventando un luogo di morte. Questa storia non può andare avanti così. Elric deve essere fermato prima che mandi tutto all'aria.

Sono passate due ore da quando siamo arrivati, è scoccata la mezzanotte e ancora nessuno mi dà delle informazioni utili.

Stanco di aspettare fermo un'infermiera.

«Potrebbe darmi qualche informazione sulla paziente Madelyn Stone?»

Uno sguardo impietosito si dipinge sui suoi tratti.

«Sta per arrivare un dottore per parlare della situazione della sua fidanzata. Qualche minuto.»

Non la correggo. So come funzionano gli ospedali, non danno delle informazioni se non credono che io faccia parte della famiglia. La lascio andare e mi metto seduto su una scomoda sedia. Mi guardo attorno. Un ragazzino sta piangendo con la gamba alzata, a occhio sembra rotta. Una donna ha la guancia tumefatta e l'occhio gonfio. Trasalisco vedendo un uomo di un colorito cinereo.

«Signor Sheridan?»

Mi alzo in piedi per andare incontro al dottore.

«Salve, cosa mi dice della mia... fidanzata?»

La sua espressione è neutra, ma i dottori non lasciano mai trasparire le emozioni.

«Venga con me.»

Questa frase non promette nulla di buono. Il mal di testa diventa un martellamento ritmico mentre lo seguo. Raggiungiamo una stanza chiusa, le persiane sono calate sui vetri, ma intravedo Madelyn distesa sul letto.

«La sua fidanzata è rimasta senza ossigeno a lungo. Per evitare danni al cervello oltre a intubarla abbiamo dovuto metterla in coma farmacologico preventivo.»

Quelle due parole si ripetono nella mia testa come un disco rotto.

Coma farmacologico.

Coma farmacologico.

Il mio tracciato mentale deve essersi azzerato, perché mentre il dottore parla non sento più una parola. Io e Madelyn non abbiamo mai avuto un legame forte. Ma ho sempre apprezzato la sua dedizione al canto e adesso è in una situazione che potrebbe costarle la vita.

«Ce la farà?» chiedo con voce tremante.

Il dottore si sistema gli occhiali sul naso. «Faremo il possibile. Appena uscirà dal coma faremo una tac per valutare i danni.»

Danni. Potrebbe avere problemi al cervello. Alle corde vocali. Non poter cantare più.

«Grazie dottore.»

Lui cala la testa e torna all'interno della stanza. Io guardo Madelyn da fuori, sembra così inerme distesa in quel lettino bianco, collegata a dei macchinari che le permettono di respirare.

Penso a Cress. Questa situazione la distruggerà.

La sua migliore amica potrebbe non sopravvivere.

Elric pagherà per quelloche ha fatto.


{Spazio autrice}

Che ne pensate di quello che è accaduto? Che Elric si sia spinto davvero a tanto?

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