Capitolo 15 - Le spine

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Arrenditi ormai.
Appartieni a me.

{Erik - Il Fantasma dell'Opera}


Elric

Non ero avvezzo a partecipare alle feste che venivano organizzate dagli studenti dell'Opéra, non avevo amici o conoscenti di cui mi fidassi e con cui avrei voluto passare il mio tempo libero. I miei veri amici erano le arti, la musica, i libri, preferivo imparare una nuova sinfonia al pianoforte piuttosto che bere fino a vomitare come facevano molti di loro. Ero ligio al dovere e puntavo al mio obiettivo personale: essere il migliore.

L'Opéra Noir aveva trovato una gallina dalle uova d'oro con me, sapevo suonare, recitare, cantare ed ero anche un bravissimo illusionista. Questo per l'impegno che dimostravo giornalmente nella mia istruzione.

Avevo ricevuto più volte degli inviti da parte di compagnie teatrali famose che avrebbero voluto avermi tra loro, ma avevo sempre declinato. L'Opéra era il mio regno e non intendevo abbandonarlo in mani poco capaci e lo vedevo che non c'era nessuno che avesse le giuste competenze per gestirla. Persino il consiglio direttivo non aveva idea di quello che succedeva tra queste mura.

Ma adesso avevo un motivo in più per restare: Cress.

Farla impazzire era diventato il mio nuovo hobby preferito, adoravo vedere il modo in cui i suoi occhi verdi si spalancavano di meraviglia o si chiudevano in due fessure sottili quando era arrabbiata. Era la mia musa e come tale sarebbe sempre stata trattata, sia da me che da ogni persona che abitava questo luogo.

Affacciato alla finestra del teatro osservo la ragazza rientrare all'interno del locale, non percepisco le parole che si scambia con la sua amica e neppure il suo sguardo, ma so che si è girata di nuovo verso di me. È probabilmente arrabbiata e non posso darle torto. Le sto facendo vivere un delizioso inferno e non ho alcuna intenzione di smettere.

Spengo le luci del teatro e mi allontano dal pianoforte, accarezzando il legno mentre chiudo la parte superiore sopra i tasti.

Esco dal retro e inizio a camminare verso i dormitori, per oggi ho deciso di lasciare in pace Cress, devo averle dato già abbastanza da pensare.

«Sei tu, è vero?»

Quella voce melodiosa arriva da dietro le mie spalle e mi fa sorridere, non mi volto, faccio finta di non averla sentita. D'altronde non sono neppure nelle condizioni migliori per affrontarla, dopo il mio momento di turbamento ho dovuto medicare le ferite e sono ancora evidenti sul viso.

«Pensavo avessi un buon orecchio per la musica, ma visto che non mi senti inizio a dubitarne!»

È incollerita e ancora più adorabile alle mie orecchie. Il mio sorriso diventa ancora più ampio, ha la lingua lunga e lo apprezzo, mi fermo ma continuo a darle le spalle.

«Dovresti essere un po' più specifica, Cress.»

Mi supera bloccandomi la strada, ha le braccia incrociate sotto il petto che mettono in risalto un meraviglioso decolté reso ancora più evidente dal top che indossa.

«Mi stai prendendo in giro? Mi mandi i bigliettini, le rose e quei maledetti messaggi!» esclama, gli occhi verdi che mi bruciano fin dentro l'anima.

«Ah, quindi hai uno stalker? Dovresti parlarne con il consiglio, magari ti danno una mano a liberartene.»

Nego tutto, anche se sia io che lei sappiamo la verità. Mi diverte di più che lei sappia contro chi sta combattendo, piuttosto che rimanere nell'ombra e Cress è piuttosto sveglia.

«Sei tu lo stalker! Quella frase sul tuo viso come la luna gibbosa era una conferma.»

Finalmente le rivolgo lo sguardo, posandolo nel suo.

«Mettiamo caso che sia così, Cress. Cosa faresti al riguardo?» domando mentre mi abbasso verso un cespuglio di rose, cerco il coltellino che porto sempre nella tasca dei pantaloni e ne taglio una rossa dal gambo.

«Io... Potrei davvero dirlo al consiglio. Elric, devi smetterla» mormora con voce tremante.

Mi alzo in piedi a mi avvicino a lei, allungo la rosa nella sua direzione.

«E tu vuoi veramente che io smetta?»

Apre la bocca, ma non esce alcun suono. Le chiudo le dita attorno alla rosa, lasciando che le spine la pungano, sussulta e la lascia di scatto portandosi il medio alle labbra per succhiare le gocce di sangue.

«Dovresti volerlo, Cress. Immagina questa sensazione, una spina che ti trapassa la pelle, ma moltiplicata per cento, sarebbe questo che proveresti stando al mio fianco, una sofferenza infinita.»

Lei rimane in silenzio, poi allunga la mano ferita e la passa sul mio viso, sopra i tagli causati dal vetro. Basta quel semplice tocco a farmi chiudere gli occhi e abbandonare le mie difese. Sono anni che nessuno mi sfiora sia intenzionalmente che meno, quei pochi che ci hanno provato senza il mio permesso non hanno più la mano.

«Sei ferito. Posso... posso darti una mano?»

La sua mano si sposta sul lato sinistro, vicina alla maschera, apro gli occhi di scatto e allungo la mia bloccandole il polso. Le mie labbra si serrano in una linea dura.

«No» dico con tono perentorio.

Vicina, troppo vicina, questa vicinanza può soltanto portare dei guai, sia a me che a lei.

«Hai appena detto che volevi denunciarmi al consiglio e adesso vuoi aiutarmi con le mie ferite? Mi sembri parecchio confusa.»

Cress allontana la mano ferita e se la stringe al petto.

«Io... non ti capisco.»

Faccio un sorriso. «Tu non devi capirmi, Cress. Sai cosa devi fare? Trovare quello stalker brutto e cattivo e denunciarlo.»

Sto giocando con lei al gatto e al topo, Cress è la mia preda, ma ho sempre amato la caccia, ecco perché le permetto di nascondersi per poi andarla a cercare. Ma non ha possibilità di sfuggirmi.

«Magari mi farò aiutare da Richard» annuncia con il mento alto e un'espressione di superiorità. Stringo la mascella, la sua frase mi colpisce più di quanto dovrebbe. Afferro la rosa e la costringo di nuovo a stringerla, tenendo serrata la sua mano con la mia, così che le spine possano penetrare nella sua carne. Stringe i denti ma non esala un solo lamento.

«Ricordati di questa sofferenza, Cress. Solo io riesco ad amplificare i tuoi sentimenti, che siano di rabbia, tristezza o gioia. Lui può provarci con le sue battute da cabaret, ma non riuscirà mai ad eguagliare questo» sussurro avvicinando le labbra al suo orecchio, «la notte, nello specchio, rivedrai il mio viso, quando chiuderai gli occhi sentirai le mie note e se ti ritroverai con la mente vuota il primo pensiero che ti verrà in mente saranno le mie mani che ti stringono.»

Lascio andare la sua mano e lei si allontana di scatto con lo sguardo terrorizzato.

«Tu... sei pazzo e pericoloso.»

Faccio cadere la rosa ai miei piedi e la calpesto.

«Vedo che inizi a capire.»

»

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