Capitolo 41 - Il pianoforte

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Erik: Sei molto stanca?
Christine: Oh, stasera ti ho dato la mia anima, e io sono morta.
Erik: La tua anima è una cosa bella, bambina.

{Il Fantasma dell'Opera}

Elric

Edipo Re non rientrava tra i miei classici preferiti, trovavo insulsa la sua scelta di cavarsi gli occhi piuttosto che morire, ma avevo imparato anni prima a distaccare me dal mio personaggio. Quindi avevo fatto una fantastica rappresentazione del suo dolore nel momento in cui si cavava gli occhi. I sussulti provenienti dal teatro mi avevano fatto intuire quanto fossi stato convincente.

Eravamo arrivati all'atto finale, Edipo sarebbe stato esiliato e chiedeva clemenza per le sue figlie.

Inginocchiato di fronte a Creonte lo implorava di mandarle con lui.

«Mandami via, esule da questa terra» imploro stringendo la mano del mio collega. Il solo gesto mi provoca repulsione, la ricaccio indietro.

«Solo il Dio può concederti quello che chiedi» dice con superiorità. Se fossi stato al posto di Edipo gli avrei sputato nell'occhio destro, ma non lo ero. Spalanco i miei occhi ciechi e piego la testa.

«Ma io sono odioso agli dei.»

«Perciò sarai accontentato.»

Mi alzo in piedi e a tentoni cerco le sue spalle, il sangue finto gocciola lungo il mio viso di un rosso vivo.

«Dunque acconsenti?»

La voce rotta, piena di sentimento. Creonte lo guarda provando pietà per lui. Quello sguardo mi colpisce, è lo stesso che mi sono visto rivolgere tante volte.

«Non amo dire inutilmente quel che non so.»

«Fammi...» mi blocco. Le parole seguenti mi sfuggono dalle labbra. Un lapsus che dura soltanto qualche istante.

«Accompagnare via da qui» concludo con il cuore in gola. È la prima volta, in cinque anni, che dimentico una battuta.

Io non sbaglio.

Mai.

Ma la mia testa dopo che Cress è andata via era talmente piena di pensieri che non ho dato il meglio di me in questa performance e questa cosa mi fa arrabbiare. Sono sempre stato bravo a lasciare il mondo fuori mentre recitavo, ma a causa sua sto regredendo. Lo stomaco mi si stringe per la furia.

«Va'! Ma lascia le tue figlie!»

«Non portarmele via!»

Creonte fa un sorrisetto, che Edipo non può vedere, ma io sì. «Non voler vincere sempre, le tue vittorie non ti hanno seguito nella vita.»

Inghiotto il boccone amaro. Due guardie si avvicinano per portarmi via, così come era programmato. Mentre lo fanno il mio sguardo vaga nella platea. La trovo subito. In terza fila, gli occhi verdi che brillano di felicità per quell'esibizione.

È colpa sua. È dannatamente colpa sua. Litiga con me anche se voglio proteggerla, mi lascia da solo anche se vorrei soltanto stare in sua compagnia. Stringo i denti e appena sono fuori le quinte mi stacco con uno strattone dagli altri due studenti. Si allontano velocemente da me sgranando gli occhi.

Percepisco la collera ad ondate mentre ascolto l'ultima battuta di Corifeo, quella che chiude la tragedia.

Torniamo sul palco per il saluto finale. Gli applausi scrosciano, la gente si alza in piedi. Non sento e non vedo nessuno. Solo lei. Mi guarda con lo stesso sguardo di sfida che le rivolgo spesso io. Un sorrisetto sfacciato sulla faccia.

Dietro la mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora