Capitolo 10 - Le mani

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Se non sai cosa mi gettò nell'angoscia sempre più.

Non guardare dentro me.Guarda il volto della mia deformità.

{Il Fantasma dell'Opera - Erik}

Elric

Sono arrabbiato.

E quando succede non è mai un bene, il mio cervello inizia a disegnare scenari che includono distruzione e sangue. Al momento quello che vorrei macchiasse le mie mani appartiene a un damerino biondo, Richard Sheridan.

Ha parlato con lei, l'ha fatta ridere, quel suo bel viso pieno di lentiggini si è illuminato per le sue parole. Li ho osservati nell'ombra senza perdere un dettaglio della loro conversazione.

La conosceva.

Conosceva la mia musa.

Questo è un problema che non avevo preso in considerazione e che dovrò valutare. Sheridan è un osso duro, ma per quanto i suoi genitori siano importanti, si trova comunque sotto il mio tetto. Può provare a giocare al cavaliere, ma non ha chances. Non lascerò che me la porti via.

Il giorno dopo mi sveglio all'alba come tutte le mattine. Ho intenzione di spiare il mio rivale e vedere quali sono le sue reali intenzioni. Ma prima devo dare una sistemata alla mia faccia.

Ogni sera ho dei rituali, per far respirare il viso. Tolgo la maschera e la rimetto all'alba. Le persiane devono essere abbassate, la porta deve essere chiusa a tre mandate. Nessuno avrebbe il coraggio di entrare nella mia camera, ma per sicurezza controllo almeno due volte. Negli ultimi tre anni nessuno mi ha visto senza maschera e voglio che le cose continuino ad essere così. Il mio viso deve rimanere uno dei segreti dell'Opéra.

Mi avvicino allo specchio ma evito di guardarmi, mi limito a prendere una delle mie maschere bianche, sistemare la parte adesiva e farla aderire sul viso. Solo in quel momento alzo lo sguardo per rimirarmi. La parte destra del mio volto è in perfette condizioni. L'occhio destro è di un azzurro cristallino, quello sinistro, coperto dalla maschera, è più di un blu scuro. Le labbra rosee e carnose, il naso definito e all'insù. Un viso perfetto, peccato che l'altra parte non sia esattamente la stessa.

Sistemo i capelli biondi con un po' di gel, modellandoli e l'occhio mi cade sulle mani, tengo sempre i guanti per evitare che le persone possano vederle. Sono piene di cicatrici violacee, il dorso della mano sinistra e le dita sono di un marroncino chiaro, ricostruite con un trapianto di pelle prelevato dall'ascella. Per fortuna questo non ha inficiato la mia capacità di suonare, ma sono orrende alla vista. La mano destra è messa un po' meglio, ma tre grosse cicatrici orizzontali e inspessite spiccano sulla pelle rosea.

Sono le mani di un mostro.

Queste mani non sarebbero in grado di accarezzare dolcemente il viso di una donna senza farla scappare alla sola vista. È una cosa con cui sono venuto a patti molto presto nella mia vita.

La gente mi definiva un mostro e io ho accontentato le loro aspettative, imparando ad esserlo. Loro si aspettano il peggio da me e io glielo concedo, così continueranno ad avere qualcuno da temere. Un obiettivo comune contro cui combattere.

Le mie labbra si aprono in un sorrisetto consapevole.

Torno in camera, sfilo la maglietta e il pantalone del pigiama e li getto nella cesta, non ho specchi a figura intera nella mia stanza, so già cosa vedrei, metà del corpo diversa rispetto all'altra in colore e forma.

I miei vestiti sono la mia corazza, i pantaloni neri, gli stivali dello stesso colore, la camicia e soprattutto i guanti. Sono l'unico che si veste allo stesso modo sia in estate che in inverno.

Dietro la mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora