Capitolo venticinque - Segreti

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Harry si incupì, Louis era ritornato nella sua modalità sono uno stronzo figo agli occhi degli altri, la sua modalità apparenza, quella che al riccio non piaceva per niente. Anche se lo ammirava: Harry sapeva quanto Louis era agitato a causa di tutta quella situazione e davvero non riusciva a capire come facesse invece a sembrare del tutto sicuro di se, dal suo volto non traspirava una singola emozione, nei suoi occhi non si poteva leggere nessuna insicurezza.

Harry continuò a camminargli dietro nel corridoio della confraternita, verso la stessa stanza dove tutta la storia degli incontri clandestini e del torneo The Game era cominciata. Si erano da poco separati da Calum e Darren, che erano venuti con loro perché anche loro avrebbero avuto gli allenamenti di calcio insieme a Louis, nelle ore successive.

Il corridoio era vuoto così Louis approfittò di quella situazione per parlare ad Harry. Solo poche parole sussurrate. –"Ricordati che nessuno deve sapere.."

"Lo so"- lo interruppe brusco il riccio –"non serve che me lo ripeti."

Il ragazzo non rispose e così rimasero entrambi in silenzio mentre raggiungevano quella porta, chiusa. Louis non bussò prima di entrare.

L'interno e il mobilio non erano cambiati, erano esattamente come Harry se lo ricordava. Però all'interno della stanza stavolta c'era solo Stan e di Ashton o di altri ragazzi alti, muscolosi e tatuati non ce n'era nemmeno l'ombra. Per gioia di Harry oserei dire.

Stan li accolse con un sorriso più che luminoso –Harry avrebbe potuto considerarlo bello se quell'incisivo rotto proprio sul davanti non fosse stato lì a rovinarlo-, ma ne Louis né Harry sorrisero.

"Puoi andare Louis"- disse subito Stan lapidario –"Io e Styles dobbiamo parlare, in privato."

Louis annuì senza ribattere: in parte perché se lo aspettava, in parte perché era certo che alla fine Harry gli avrebbe comunque raccontato tutto per filo e per segno.

Così Louis uscì chiudendosi la porta alle spalle senza nemmeno guardare Harry, mentre quest'ultimo rimaneva in piedi con gli occhi fissi sul rivale. Si guardarono male qualche secondo, prima che Harry perdesse la pazienza. –"Cosa vuoi?"

Stan eliminò il sorriso e riprese il suo solito sguardo annoiato e allo stesso tempo divertito. –"Hai il prossimo combattimento tra due settimane, dopo le vacanze del College. Due giorni esatti dopo, se vogliamo essere precisi."

Harry strinse la mascella in un gesto di palese nervosismo mentre cercava in tutti i modi di restare calmo. –"Cos'altro?"

Stavolta fu Stan ad accigliarsi. –"Cosa ti dice che c'è dell'altro?"

Harry sorrise furbo. Come ho già spiegato: gli piaceva osservare le persone, cercare di capirle. Era raro che gli sfuggisse qualcosa. –"Non mi avresti fatto venire qui per questa cosa, deve esserci per forza qualcos'altro. E i tuoi ragazzi non sono qui, quindi deduco che non abbia nulla a che fare con gli incontri."

Harry vide benissimo il sorriso di Stan spegnersi e tornare serio: non se lo aspettava. –"Siediti"-ordinò.

Harry lo fece. Non tanto perché voleva farlo davvero, solo perché non voleva che la cosa andasse per le lunghe. Voleva sapere perché era lì, cosa Stan aveva intenzione di dirgli. Sapeva che era qualcosa che non gli sarebbe piaciuto. Si sedette sulla prima sedia a tiro, proprio vicino alla porta.

Stan si sedette a sua volta, per nulla preoccupato dalla situazione. –"Pensi che io sia stupido?"

Harry fu tentato di rispondergli di sì. –"Sì."- E al diavolo.

Stan fece un mezzo sorriso, apprezzando l'ironia (non che Harry non lo pensasse, ma lui non poteva saperlo). –"Mi dispiace informarti che ti sbagli di grosso."

The Game | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora