Capitolo dodici - Solo parole

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Louis odiava litigare, anche se forse come prima impressione nei suoi confronti nessuno avrebbe pensato ciò di sua spontanea volontà. Odiava litigare con chiunque, tanto quanto odiava sentire due persone a lui care farlo. Le urla di rabbia, la voce delusa, il tono spesso ferito e le lacrime di nervosismo erano cose che non era mai riuscito ad accettare. Facevano tutte parte di un'unico grande sentimento a cui Louis non era ancora riuscito a dare un nome che lo descrivesse al meglio, perché di certo "odio" non sarebbe stato esaustivo.

Quindi in quel momento della sera, rannicchiato sul letto della sua stanza con le ginocchia contro il petto e le mani tremolanti, non riusciva a non pensare che avrebbe preferito sparire piuttosto che trovarsi lì con Zayn, anche se non stavano propriamente litigando. La dinamica era la seguente: Louis ascoltava dalla sua posizione sul letto le parole dell'altro sperando che la cosa potesse finire al più presto, mentre Zayn tirava fuori le sue interminabili perle di saggezza camminando avanti e indietro per tutta la camera dell'amico e le racchiudeva in un unico grande monologo morale -che poi lui era l'ultimo a poter fare discorsi del genere e Louis non faceva altro che ripeterglielo- che sarebbe stato in grado di far uscire pazzo anche il più bravo dei filosofi. O anch dei psicologi, fate un po' voi.

"Zayn, tu come al solito non ci capisci un cazzo"- sbottò Louis alla quarta volta che la frase "avresti potuto evitarlo, deficiente" usciva dalle labbra dell'amico.

Il moro si arrestò nel bel mezzo della sua camminata apparentemente senza fine, stavolta guardandolo negli occhi prima di rispondere. -"Io ti capisco meglio di quanto possa farlo tu stesso;"- affermò, e aveva ragione -"so tutti i pensieri che ti sono passati per la testa quando questa storia è venuta fuori. E li comprendo, ma devi anche trovare una soluzione perché quel povero Hardin non può andare a farsi picchiare con la consapevolezza che sei stato tu a coinvolgerlo, soprattutto perché sei interessato a lui."-

E l'ho già detto che Zayn è la bocca della verità?

"Si chiama Harry, non Hardin"- precisò Louis come se la cosa avesse davvero importanza -"e per la cronaca non andrà a farsi picchiare, è piuttosto bravo e credo che possa farcela."

"Disse il calciatore super esperto di boxe. Ma fammi il favore Lou, vatti a ricoverare. Da uno bravo, mi raccomando"- disse Zayn, mettendosi le mani sui fianchi e guardandolo alzando un sopracciglio.

Louis scoppiò a ridere e perché sapeva che Zayn stava tirando fuori battute davvero squallide solo per farlo rilassare, e la cosa gli risultava tenera quanto divertente. Però si sentì in dovere di rispondere -"E comunque non mi interessa. Harry, intendo."

"Vedremo."- rispose Zayn rimanendo sul vago -"In ogni caso ho trovato un modo per tirarti fuori dalla confraternita senza che ti fai buttare fuori dalla squadra da quel coglione di Stan."

Louis sbuffò. Era la decima volta che Zayn tirava fuori quell'argomento ed era la decima volta che le sue idee risultavano essere cretine e senza senso. Louis si era ormai rassegnato che fare buon viso a cattivo gioco era l'unico modo per rimanere in quel posto e non tornare così in quella casa che per lui non era più tale. -"Ti ho già spiegato che non posso, se prendo una camera in dormitorio si chiederanno il perché, dato che mi costerebbe di più."

Zayn scosse la testa deciso mentre si sedeva sul letto non troppo vicino a lui. -"Hanno cominciato a pagarmi al negozio di tatuaggi, credo che mi assumeranno a breve. Se ci dividiamo le spese riusciamo facilmente ad affittarci un piccolo appartamento solo per noi due."

Louis sorrise, e i suoi occhi si illuminarono. Zayn sorrise a sua volta perché gli lesse praticamente nel pensiero, sapeva quello che l'amico stava pensando. -"Già, il nostro sogno fin da bambini. Scappare e vivere insieme, ci stai?"

The Game | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora