Capitolo trentanove - Chi è il cattivo?

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La porta della camera di Stan si chiuse così forte alle spalle della gemella che lo fece trasalire, imprecando. -"Porca puttana Charly, cosa vuoi?"

Stan non era mai stato gentile con lei, complessivamente parlando, nei modi di fare. La amava da morire, avrebbe dato volentieri la vita per salvare la sua, la proteggeva quando serviva e faceva ciò che andava fatto per permetterle di continuare gli studi dato che loro padre non era granchè d'aiuto economicamente. Ma nelle situazioni domestiche, nelle chiacchierate... non era proprio il massimo. Era quel genere di persona che non sopportava l'idea di fare qualcosa per conto di un altro, era quel genere di persona che cazzo, la gente doveva fare come e cosa voleva lui. Un po' egocentrico? Senz'altro. Ma per Charly non era mai stato altro che un fratello: non un criminale, non un capitano di una squadra di calcio, non il membro di una confraternita, non uno stronzo testa di cazzo. Un fratello. -"Voglio raccontare a Louis la veritá. Tutta la veritá."

Stan sospirò, era più o meno la decima volta nel giro di quattro giorni che Charly insisteva con quell'affermazione, per poi negarla una decina di minuti dopo. -"Ne abbiamo giá parlato."

"Lo so."

Si sedette proprio davanti a lui, sul suo letto, a gambe incrociate. Stan abbandonò il cellulare sul commodino e lasciò che le cuffiette cadessero a terra, senza far rumore. Si mise nella stessa posizione della sorella e semplicemente la guardò negli occhi. -"Questa situazione ci ha in parte rovinato la vita"- le spiegò più o meno gentilmente, giusto con un pizzico di amarezza -"vuoi davvero essere tu a rovinarla a lui?"

Lei si passò una mano tra i lunghi capelli mossi, quasi disperata. -"Saremo la causa dei suoi litigi con Harry, falli tornare. Possiamo affrontare questa situazione."

"Quando papá se ne andrá. Harry ha capito, altrimenti non farebbe questo per me, non dopo tutto quello che gli ho causato con gli incontri." Stan si sentiva diverso, si chiese se fosse rimpianto quella strana sensazione che lo stringeva da dentro. -"Lo fa per Louis."

Stavolta Charly non avrebbe cambiato idea. Prese una delle grandi mani del fratello e la strinse tra le sue. -"Johanna non glielo dirá mai perchè non sarebbe mai in grado di recargli dolore. Quello stronzo di nostro padre è troppo vigliacco, a nostra madre non è mai importato così tanto di lui. Ma a noi sì, e se non glielo diciamo prima o poi lo fará Harry, e Louis ci odierá ancora di più. Queste cose giá le sai però, perchè semplicemente non le ammetti a te stesso e mi aiuti?"

Stan scosse la testa, deciso. -"Harry non gli dirá niente, in cambio del suo silenzio l'ho tirato fuori dagli incontri, non combatterá più."

Il cuore di Charly accelerò. -"E con The Game come fai? Sai che senza Harry non vincerai l'ultimo incontro e non potrai riscuotere i soldi delle scommesse. Come pagherai il College?"- Proprio non riusciva ad immaginare una vita senza le sue amate lezioni di scrittura creativa, o di arte.

"A questo devo ancora pensare, ma come sempre troverò una soluzione"- ammise -"tu nel frattempo vedi di tenere la bocca chiusa."

Lei scosse la testa delusa e si alzò, tempo un secondo e aveva raggiunto la porta per uscire. -"Hai paura che uno come Louis entri a far parte della tua vita."

"Non ci tengo ad avere un fratello gay, proprio no."

Lei rise. -"Ti nascondi dietro questa scusa del cazzo da quando picchi Horan. Magari ti piace eh? Sei uno stronzo."

Lui non si scompose e, mentre lei era giá nel corridoio, si limitò ad urlarle una manciata di parole. -"Ricordati chi è il vero cattivo!"



Harry era proprio di fronte a Louis, sul tavolo della cucina. A dividerli c'erano un paio di fumanti tazze di thè al limone, dello zucchero e un pacco di buonissimi biscotti. La televisione era accesa su un canale casuale, a fare semplicemente da sfondo alle loro inutili conversazioni e alle occhiate più che profonde. Il ricordo di ciò che era accaduto quella stessa notte alleggiava tra loro come una fitta e densa nebbia, che entrambi stavano beatamente ignorando. Per ora non era necessario parlarne.

The Game | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora