CAPITOLO 64
Eraclito diceva: "Tutto scorre."È vero, tutto scorre. Tutto prima o poi passerà, ma qualcuno si è mai chiesto come ci si sente quando sei lì ad aspettare che passi?
Nessuno si è mai interrogato su questo?
Beh io si e posso dire di essere giunta alla conclusione che non è bello vedere la vita scorrerti davanti agli occhi mentre sei seduto in panchina ad aspettare.
La vita scorre, il tempo passa e magari tu cambi con essa."Continuai la mia strada, in mezzo alle trasformazioni del mondo, anch'io trasformandomi."
Questa è una delle frasi che in questo momento mi piace rileggere in continuazione: mi fa capire che, nonostante io creda il contrario, nonostante il dolore che provo sia così surreale, non sono solo io a provarlo. Da qualche parte nel mondo, in questo momento, qualcuno sta provando le mie stesse pene.
Ed è dura, è maledettamente dura sopportarle, sopportare questo peso che ti porti continuamente dentro in situazioni come queste.
E poi mi viene da chiedermi se quelle persone soffrono quanto me, se anche loro fanno fatica ad andare avanti in un mondo che non vuole capirti, in un mondo del quale non ti senti parte. Ti sembra di stare a guardare tutto quello che ti scorre davanti agli occhi senza potere o volere fare qualcosa per cambiare il corso delle cose, il corso del destino.<<Amber, sono tutti qui. Scendi!>>
Mi riscuoto dalla trance nella quale ero caduta e finisco di allacciarmi le scarpe alte che, sono sicura, mi faranno un male atroce a portarle tutta la serata.
Ma, come mia madre è solita ripetermi, "chi bella vuole apparire, un po' deve soffrire".
Mia madre non sa la quantità di dolore che già mi porto dietro e se crede che portare dei tacchi sia soffrire, penso che non abbia mai provato davvero l'amore e il soffrire per colpa della persona verso la quale è rivolto.
<<Arrivo subito!>>
Mi specchio un'ultima volta e cerco di scorgere anche solo un imperfezione nel mio vestito di velluto bordeaux.
Fisso il mio sguardo in quello riflesso nello specchio e non vedo i miei occhi felici come lo erano fino a poco tempo fa.
Chiudo le labbra facendole combaciare e le schiudo producendo uno schiocco che risuona nella stanza vuota, per estendere meglio il rossetto rigorosamente bordeaux su tutte le labbra. Mi passo le mani tra i capelli biondi folti e, dopo aver sbuffato nervosamente, provo a sorridere al mio riflesso nello specchio in modo da non trovarmi impreparata e non sembrare finta quando sarà il momento di farlo davanti a tutti.
Anche se quello che vorrei fare in questo momento è togliermi questi vestiti di dosso, indossare qualcosa di comodo, struccarmi e buttarmi a letto a guardare un'altra puntata di Gossip Girl, mi costringo a scendere le scale con un sorriso fintissimo stampato in faccia.
Sono tutti lì, sorridenti a parlottare tra di loro.
Saluto tutti dal primo all'ultimo e nessuno nota come mi sento in quel momento. Inevitabilmente, mi accorgo di come un bel vestito ed un po' di trucco possa nascondere il vero stato in cui sei, quello interiore.
Quando mi ritrovo a dover salutare Taylor, senza darci troppo peso, passo direttamente alla persona successiva, lasciandolo imbambolato a guardarmi ad occhi e bocca spalancata.
Cosa c'è? Si aspettava forse un trattamento diverso da quello che gli sto riservando? Si sbagliava.
<<Buonasera Signora Miller>> sorrido alla madre del ragazzo che è ancora impietrito al suo fianco.
<<Oh, tesoro, chiamami Elisabeth>> mi sorride lei, accarezzandomi una guancia con la mano ben curata.
Annuisco, ricambiando il sorriso.
<<Mamma, posso parlarti un attimo?>> Chiedo a mia madre, finiti tutti i saluti.
<<Certo, tesoro. Andiamo di là.>>
La seguo in cucina tenendo lo sguardo basso per non incrociare gli occhi di Taylor, che continuano a seguire ogni mio minimo movimento.
<<Io devo andarmene un po' prima, se non è un problema. Dovrei uscire.>>
<<Non credo ci sia alcun problema, amore. Ma con chi?>>
Non so bene cosa dovrei dirle per non farle pensare male di me. Insomma, fino a poco tempo fa uscivo con Taylor ed ora ho un appuntamento con un altro ragazzo.
Esito un attimo per scegliere con cura le parole.
<<Con un mio... vecchio amico.>>
Lei mi guarda circospetta con i suoi occhi chiari, per poi annuire.
<<Chi?>> Mi chiede quando sono sul punto di girarmi e tornarmene nel salotto con Andrew, per evitare di rimanere sola in compagnia di Taylor, in attesa che Ally arrivi.
<<Si chiama Dylan.>>
<<Oh, non lo conosco. È un bravo ragazzo?>>
Mia madre ha fiducia in me, solo è sempre stata un po' troppo apprensiva.
<<Si, mamma tranquilla.>>
Poi, mi viene in mente una cosa che sicuramente la tranquillizzerebbe.
<<Anche Taylor lo conosce, sono amici>> spiego prima di rendermene conto e pentirmene.
Perché l'ho detto? Perché è sempre nei miei pensieri anche quando non c'entra niente?
Lei si rilassa e il suo sguardo torna più dolce.
<<Oh, okay allora.>> Annuisce, convinta.
<<Grazie>> sorrido e torno in salotto, dove Taylor e Andrew stanno discutendo su una partita di calcio.
Il suoi occhi sono stupendi, ma sono turbati e si nota chiaramente che qualcosa lo impensierisce. Anche quando ride si vede chiaramente che c'è tristezza nel suo sguardo.
Posa i suoi occhi su di me esattamente quando faccio un passo indietro per uscire dal salotto ed in quel momento mi blocco, come se fosse stato lui a farlo.
Una scarica di brividi mi percorre la spina dorsale nel momento in cui lui fissa i suoi occhi nei miei e mi sento incatenata a lui.
Non posso più provare queste sensazioni in sua presenza. Devo dimenticarlo.
Mi riscuoto dalla mia trance e corro- letteralmente- verso l'uscita della stanza.
Spalanco la vetrata che dà sul giardino e, con un tonfo, la richiudo alle mie spalle.
Spero vivamente che non mi abbia seguita. Non so se riuscirei a sopportare la sua vicinanza.
Prendo dei respiri profondi per calmarmi, per calmare il mio cuore che batte all'impazzata come se avessi appena corso una maratona, e guardo in alto verso il cielo che questa sera è completamente coperto di stelle.
Improvvisamente, la porta di vetro viene aperta e richiusa e, senza girarmi, capisco subito chi è e mi irrigidisco, ma non oso voltarmi, forse nella vana speranza che decida di lasciar perdere e andarsene.
È come se avessi un radar che rileva la sua presenza e, in questo momento, sta lampeggiando insistentemente.
<<Domani sarà bel tempo>> esordisce con un tono di voce così basso che temo di essermelo immaginato, riferendosi al cielo stellato.
Ricordo che questo era ciò che diceva mia nonna quando ancora era qui con me. Se il cielo era colmo di stelle, allora il giorno dopo sarebbe stato bel tempo. E mi stupisco del fatto che lo sappia anche lui.
Lascio andare il fiato, che non mi ero accorta di trattenere, e mi giro lentamente verso di lui.
Prima di poter incrociare i suoi occhi, peró, abbasso lo sguardo e, con passo incerto, mi avvicino all'uscita, stanca del fatto che lui debba rovinare ogni momento che mi prendo per me stessa.
Prima che possa raggiungere l'uscita, Taylor mi prende per un polso, trattenendomi per non farmi fare un altro passo.
Stringo gli occhi con forza e cerco di divincolarmi dalla sua presa, ma si fa più ferrea.
<<Amber, aspetta. Girati>> ordina con voce bassa e roca.
Mi giro di scatto verso di lui che, preso alla sprovvista, lascia la presa su di me.
<<Avevi promesso che se ti avessi ascoltato mi avresti lasciata in pace. Ed ora come ora vorrei che tu lo facessi sul serio>> replico con voce pacata, anche se dentro vorrei scoppiare.
Lui si passa una mano fra i capelli folti e sbuffa, come se quello infastidito dovrebbe essere lui.
<<Non posso lasciarti andare senza lottare.>>
Mi guarda speranzoso, ma a me viene solo da ridere.
<<Lottare? Non credi che quello che hai fatto ti faccia capire che lottare ormai non serve a granché?>> Chiedo retoricamente e alzo i miei occhi azzurri e truccati al cielo.
Lui lascia andare un sospiro e prende qualcosa dalla tasca dei jeans. Un pacchetto di sigarette.
Ne tira fuori una e se la mette tra le labbra semichiuse, che mi permettono di intravedere la lingua che ne bagna il filtro.
Dalla tasca posteriore tira fuori un accendino e, con movimenti estremamente lenti- o così mi pare- la accende. Fa un tiro molto lungo, aspirando avidamente, poi, se la prende tra l'indice e il medio, scostandola dalle labbra, e lasciando andare fuori il fumo, che in quel momento maledico mentalmente per stare nascondendo momentaneamente i suoi lineamenti, come se fossero coperti dalla nebbia.
Ci guardiamo negli occhi intensamente e lui mi scruta dalla testa ai piedi con un cipiglio sul volto.
Solo adesso mi accorgo di starlo fissando imbambolata e mi riscuoto subito, fissando un punto indefinito alle sue spalle. Qualunque cosa sarebbe meglio che guardare lui e cedere all'attrazione.
<<Ho baciato quella ragazza perché somigliava a te>> ammette, abbassando lo sguardo a sua volta.
Questa ammissione mi rincuora ed il mio cuore manca un battito, ma non posso fare a meno di pensare che stia mentendo.
<<Non ti aspetti che io ti creda, giusto?>> Domando, guardandolo negli occhi.
<<No, non mi aspetto che tu faccia niente perché sono io che ho sbagliato. Ma non puoi pretendere che una persona ti aspetti per sempre dopo che tu gli abbia detto di smettere di farlo>> dice e nel suo tono scorgo un pizzico di rancore.
Ha ragione perché io gli ho detto di dimenticarmi, ma non ero me stessa in quel momento, o forse semplicemente credevo, e speravo, che non lo facesse davvero. Speravo che non si arrendesse così facilmente.
Prima che possa aprir bocca però continua.
<<Non sono abituato ad avere relazioni stabili. A stare con una sola ragazza. Non sono abituato a queste sensazioni forti che provo e non so come gestirle. Ho baciato quella ragazza per provare a dimenticarti, perchè dovevo cacciarti dalla mia testa. So di non meritarti ed è per questo che ho cercato di fare quello che tu mi avevi chiesto, forse non nel modo giusto, ma ci ho provato. Solo che non mi aspettavo quella reazione da parte tua ed è per questo che sono qui>> dice tutto d'un fiato.
Non mi aspettavo una dichiarazione del genere e quello che mi ha detto è quello che avrei voluto sentirgli dire da tempo, ma ora sembra che non basti. Vorrei tanto dimenticare, vorrei tanto tornare da lui in questo momento, ma non posso.
<<Dimmi che provi ancora qualcosa per me, dimmi che non ti sono indifferente e torneremo insieme. Ti prometto che questa volta sarà senza cazzate. Te lo prometto>> mi prega, gettando a terra la sigaretta, ormai terminata, e schiacciandola con un piede per spegnerla. L'unico rumore è quello del suo stivaletto che preme sulle pietre del giardino.
<<Non posso. Non posso perdonarti e dimenticare, mi dispiace.>>
Scuoto la testa e prendo ad indietreggiare, ma quello che mi blocca purtroppo non è la portafinestra, ma il muro.
Dannazione, non sono per niente fortunata su queste cose.
Il suo sguardo si indurisce e aggrotta le sopracciglia guardandomi quasi con rabbia. Taylor stringe i pugni lungo i fianchi e poi li scioglie, andando avanti e facendo così un paio di volte, forse per calmarsi. I suoi muscoli si flettono ogni volta che compie quel movimento e le vene sulle braccia si vedono chiaramente. A quella vista non posso fare a meno di sciogliermi, per quanto la sua bellezza rude e mascolina mi colpisce.
Si avvicina con passo da predatore a me ed io maledico la sfiga che mi perseguita.
<<Perché non puoi? Ally l'hai perdonata, perché io non mi merito il tuo perdono?>> Chiede con voce dura e ferma, ma con una tristezza che non credo gli abbia mai sentito nella voce, nemmeno quando tempo fa mi parlò di suo padre.
<<Ti prego, allontanati>> sussurro.
Le sue sopracciglia si aggrottano ancora di più, creando un solco tra di esse.
<<Non dirmi che hai paura di me.>>
Mi guarda con delusione e capisco che abbia frainteso il mio comportamento: non ho paura di lui, ma di me, di quello che potrei fare avendolo così vicino a me.
Riesco solo a scuotere la testa, talmente impercettibilmente che non credo lui mi abbia vista.
<<No>> mormoro piano ed è l'unica parola che riesce ad oltrepassare la mia bocca.
Taylor si rilassa, ma di poco, e continua ad avanzare verso di me, intrappolandomi con le braccia ai lati della testa.
<<Allora perchè?>> Chiede, riferendosi chiaramente a prima.
<<Perché adesso tu non sei più niente per me>> mi costa dire queste parole, talmente tanto che quando lo faccio abbasso lo sguardo, non riuscendo a reggere il suo, colmo di dolore, il mio stesso dolore.
E nonostante tutto quello che mi ha fatto, non riesco a non dispiacermi per lui ed essere arrabbiata con me stessa per stargli facendo questo, ma non posso tornare con lui e dimenticare tutto nemmeno se volessi. Non ci riesco.
La cosa giusta da fare, anche se dolorosa, è dimenticarlo.
Lui respira affannosamente, talmente forte che sento il suo respiro sul mio viso. Guardandolo di sottecchi, noto che chiude gli occhi, stringendoli forte, per poi stringere le mani a pugno senza mai staccarle dalla parete. Mormora un "me lo sono meritato" e torna a guardarmi con i suoi occhi scuri.
Quelli che mi hanno fregata dall'inizio.
![](https://img.wattpad.com/cover/96678430-288-k222654.jpg)
STAI LEGGENDO
PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017
Teen Fiction"Perché questo dovrebbe essere l'amore: un mare di emozioni che non ha freni, e tocca a te decidere se domare le sue onde o lasciarti trasportare." Amber, una ragazza estroversa e solare, all'ultimo anno del liceo, diciassette anni, ma ne sta per co...