Finalmente sabato!
Ah, niente scuola, niente sveglia, niente tortura. Niente di niente.
Guardo l'ora sul cellulare e sgrano gli occhi, felice.
Sembra incredibile di stare ancora a letto alle undici del mattino. Sembra passata una vita da quando non mi svegliavo così tardi ed in effetti è così. Tutti i fine settimana da un mese a questa parte, o avevo sempre qualcosa da fare che non mi permetteva di svegliarmi tardi, oppure mi svegliava qualcuno. Credo che mia madre non abbia ritenuto opportuno svegliarmi stamattina e non le sarei potuta essere più grata di così.
Mi tolgo la coperta di dosso per il troppo caldo e scopro le mie gambe nude, avendo come pigiama solamente un paio di pantaloncini comodi.
Eh si, è davvero strano essere già a metà novembre ed avere caldo, ma Miami è fatta così e non potrei esserne più felice.
Metto i piedi nudi a terra, infilo le mie care pantofole con i coniglietti e mi precipito giù per le scale, non appena sento l'odore delle crêpes inconfondibili di mia madre.
<<Buongiorno famiglia!>> Esordisco, appena entro in cucina.
Saluto uno ad uno tutti i membri della mia famiglia, con un bacio sulla guancia, compreso mio fratello che, non appena posate le labbra sulla sua pelle, mi scaccia in malo modo e fa il terzo dito, al quale rispondo con una linguaccia.
Ma che gentile! Quanto mi vuole bene?!
Sorrido spontaneamente, mentre prendo posto, sedendomi sulla mia solita sedia.
È strano, ma noi in famiglia non ci siamo mai scambiati i posti tra di noi, è come se fin da subito avessimo saputo quale era il nostro e non l'abbiamo mai cambiato perché nessuno si sedeva ai posti dell'altro, a parte per qualche cena di lavoro di mio padre a casa nostra.
<<Come mai così felice stamattina?>> Chiede mio padre, non staccando gli occhi dal giornale e mettendo in bocca una forchettata di quella delizia che stamattina rappresenta la colazione.
<<Perchè non dovrei? Insomma, è sabato, mi sono svegliata tardi, ho una splendida famiglia che mi aspetta a tavola per fare colazione e mamma ha cucinato le crêpes. Non c'è niente che non vada.>>
Scrollo le spalle e faccio un sorriso.
<<Tesoro, cioccolata, caffè o latte?>> Chiede mia madre, porgendomi il piatto con la mia porzione di felicità.
<<Cioccolata mamma, grazie.>>
Quando mi porge la tazza fumante, comincio a mangiare con un sorriso sul volto.
<<Allora Andrew, hai detto che avevi mandato un paio di iscrizioni per il college no?>> Chiede d'improvviso mio padre, staccando finalmente gli occhi dal giornale.
"Ti prego fa che abbia scelto avvocatura. Ti prego. Ti pre..."
<<Si, mi hanno preso a Stanford>> dice, alzando il mento fiero.
In questo modo tutte le mie aspettative e i miei sogni vengono infranti.
So che adesso mio padre, si aspetti da me ció che avrebbe voluto da lui.
<<Oh mio Dio, tesoro! Sono così felice per te>> urla mia madre con un po' troppo entusiasmo, correndo verso di lui per abbracciarlo.
Mio padre si alza, producendo un forte rumore quando scosta la sedia.
<<Bene figliolo, sono felice per te. Ma sappi che dovrai cavartela da solo, dal momento che non hai scelto ció che io volevo per te. La mia unica soddisfazione è sapere che tua sorella, almeno, sceglierà di seguire le orme di suo padre. A differenza di suo fratello>> proferisce in tono solenne.
Mia madre lo guarda con ostilità e poi posa un bacio sulla testa di mio fratello.
<<Papà io...>> sospiro.
So già che sarà difficile parlarne.
<<Devo parlarti.>>
Lancio un'occhiata a mia madre e continuo.
<<Da soli. Andiamo nel tuo studio?>> Chiedo gentilmente.
Lui annuisce e mi fa strada.
Una volta nel suo studio, si siede dietro la scrivania e fa sedere me dall'altra parte. Sembra quasi che stia parlando con un cliente anziché con sua figlia.
<<Bene, piccola. Eccoci qui, di cosa vuoi parlarmi?>> Mi chiede congiungendo le mani.
Da dove comincio? Non voglio dargli un dispiacere perché so che per lui sarei l'ennesima delusione.
Peró io non ce la faccio. Non voglio diventare avvocato, voglio essere un medico, badare alle persone, vedere che grazie a me possano stare meglio.
Non voglio più sentirmi impotente, come quando è morta la nonna. Non posso. È sempre stato un sogno il mio, quello di diventare un medico, ma vedere mia nonna lì, in quel maledetto letto, senza forze e non poter far niente, mi ha dato la spinta necessaria a prendere una decisione definitiva. Mia nonna sapeva del mio sogno, e mi ha fatto promettere che avrei studiato per diventare ció che volevo essere.
Io l'ho promesso, a lei ed a me stessa. Non voglio più vedere una persona a me cara andare via senza fare niente e lottare perché rimanga in vita. La perdita di mia nonna è stato un duro colpo da incassare. Ero molto legata a lei, era una forza della natura: era anziana, ma non l'ha mai dato a vedere, aveva un animo giovane e lo dimostrava. Faceva tutto da sola, non era come quelle persone anziane a cui devi star dietro. Lei diceva che non voleva dare fastidio ai suoi figli e così faceva. Mio padre, sua sorella e suo fratello, non hanno dovuto far niente per lei. Ha sempre badato a sè stessa da sola e anche di più.
Quando poteva, badava anche a noi. Tutte le domeniche tutta la famiglia si riuniva a casa sua, da quando mio nonno non c'era più andavamo a trovarla sempre più spesso, e lei cucinava per tutti noi.
Mio nonno.
Era un uomo forte anche lui, ma troppo autoritario perché potessimo andare d'accordo con lui. Credo che la morte dei suoi genitori, abbia fatto venir fuori questo lato del carattere di mio padre, molto probabilmente ereditato da lui.
Mia nonna voleva molto bene ai suoi nipoti ed i suoi figli, ha dedicato a noi tutta la su vita e lei per me era tutto. Facevamo shopping insieme, la aiutavo a fare la spesa anche se non ne aveva bisogno, da piccola ero sempre a casa sua, ed è per questo che quando se n'è andata, quando avevo quindici anni, dentro di me ha lasciato un gran vuoto. Credo di non poter provare mai più dolore così grande.
<<Tesoro, allora?>> Mi incalza mio padre.
Non mi ero resa conto di starlo facendo aspettate da tempo, così persa nei miei pensieri.
<<Papà, sai che io rispetto te e tutto il lavoro che fai per portare avanti la nostra famiglia>> comincio, e lui annuisce sorridendo.
Ah, se sapessi quello che sto per dirti...
<<Ma io non ce la faccio. Non posso essere quello che sei tu. Non mi sentirei all'altezza. E poi sai che non è quello che voglio davvero. Hai sempre saputo che il mio sogno è quello di essere un medico. E quindi mi sono detta che... che se Andrew ha potuto scegliere il suo college, posso farlo anch'io.>>
Mi mordo il labbro per paura della sua reazione.
Seguendo il filo del mio discorso, sul suo viso compaiono diverse emozioni.
Prima: la confusione.
Seconda: la sorpresa.
Terza: la delusione.
Quarta: la rabbia.
Pura rabbia, mista a delusione. Ed uno sguardo terribile.
<<Ma cos'è che non va in voi? Abbiamo sempre cercato di crescervi nel modo migliore possibile, io e vostra madre. Ma purtroppo mi sono capitati dei figli così.
Ma che cosa ci trovi nel voler diventare un medico? La medicina non è una bella professione. Essere circondati da gente malata non credo sia il massimo. È una professione stupida.>>
Ed in quel momento, mi infurio all'istante e mi alzo dalla sedia.
<<Come puoi...>> faccio dei respiri profondi per evitare di urlare contro mio padre e mancargli di rispetto.
<<Come puoi dire una cosa del genere? È meglio salvare dei malati che dei criminali papà. E mettiamo che tu non dovessi sentirti bene, che Dio non voglia ovviamente, ma se dovesse succedere a chi ti rivolgeresti? Ad un medico. La stessa professione che tu disprezzi tanto avrebbe potuto salvare la vita alla nonna se tu non fossi stato così scettico nel volerla portare in ospedale. E purtroppo, quando ti sei deciso, era troppo tardi.>>
<<Tua nonna non c'entra. Non cercare di tirare fuori quest'argomento. Non voglio assolutamente discutere, ma sappi che mi stai dando una grande delusione. E siccome continuo a pensarla allo stesso modo, non voglio sentire ragioni: tu diventerai avvocato, non uno stupido medico>> fa un gesto liquidatorio con la mano. Ma io non ho finito qui.
Come puó continuare a pensarla così? È un maledetto egoista.
<<Ma non capisci che mi rovineresti solamente la vita? Io voglio diventarlo. E lo faró che tu voglia o no. Anche se tu lo vuoi così tanto, non diventeró avvocato, perché vivrei una vita che non mi soddisferebbe mai abbastanza>> la mia voce si spezza e, mentre porto una mano all'altezza del cuore, scende la prima lacrima.
<<E non voglio vivere con il rimpianto di una vita che avrei potuto condurre, ma che non potrei più solo perché tu non hai voluto.>>
Lui mi guarda incredulo e mi studia per un attimo.
<<Quella dell'avvocato è una professione altrettanto soddisfacente, Amber. Non voglio denigrare tutti i passi avanti che sono stati fatto grazie alla medicina, ma sono irremovibile.
Tu diventerai un avvocato e seguirai le orme di tuo padre, come io ho seguito quelle del mio. Non voglio più sentirne parlare.
Credi che io non avessi i miei sogni da ragazzo? Credi che io volessi fare l'avvocato? Beh non volevo. Ma mio padre voleva che seguissi la tradizione della nostra famiglia ed io non ho voluto deluderlo. Così adesso mi trovo semplicemente a ringraziarlo per avermi fatto rinsavire da giovane. Non voglio che questa tradizione venga spezzata. Tuo nonno ne sarebbe molto dispiaciuto e deluso da te.>>
Come osa parlare di mio nonno? Un uomo che non ha fatto altro che allontanarci.
<<No, papà. Non mi interessa di ció che avrebbe pensato il nonno. Perché per me non puó nemmeno essere chiamato tale. Non era un uomo presente, non ha mai fatto niente per noi, ha solo cercato di allontanare la nostra famiglia. Hai dimenticato quanto abbia fatto soffrire la mamma perché non la definiva all'altezza dell'avvocato Williams? Cerca di ricordare. Non era un comportamento che puó essere degno di un nonno. Non lo era.>>
Finisco il mio discorso, asciugandomi le lacrime con frenesia.
<<Non permetterti di parlare così di tuo nonno!>> Alza la voce mio padre e balza in piedi.
<<Come puoi anche solo difenderlo? Come puoi difendere un uomo che non ha fatto altro che vivere per il suo lavoro e non per la su famiglia?! Non è stato un nonno, così come non è stato un padre. Non si è mai preso cura della nonna prima che morisse e la nonna ha dovuto fare tutto da sola, anche dopo che lui se n'è andato.
Ma sai che ti dico? Che è ovvio che tu lo difenda, che non riconosca i suoi errori e che credi che vivesse nel giusto. Perché tu, papà, stai diventando uguale a lui.>>
Finito di dire ció, corro in camera mia, sbattendo prima la porta del suo studio, poi quella di camera mia.
La prima cosa che mi salta alla mente di fare è ciò che faccio appena metto piede in camera.
Cerco il cellulare e nella rubrica trovo il numero dell'unica persona che ho voglia di sentire in questo momento.
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PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017
Teen Fiction"Perché questo dovrebbe essere l'amore: un mare di emozioni che non ha freni, e tocca a te decidere se domare le sue onde o lasciarti trasportare." Amber, una ragazza estroversa e solare, all'ultimo anno del liceo, diciassette anni, ma ne sta per co...