CAPITOLO 19

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<<Stai ancora dormendo! Ma com'è possibile! Amber! Alzati è tardi dobbiamo prepararci per la cena>> urla mia madre dall'uscio della porta.
La cena? Quale cena?
Oddio la cena! Quella a casa del collega di mio padre!
Ma non ho affatto voglia di alzarmi, sono stanca morta.
<<Allora non vuoi proprio ascoltarmi?!>>
Sento la voce di mia madre sempre più vicina perchè è entrata in camera.
Stringo forte gli occhi perché so cosa sta per succedere: quello che succede ogni mattina.
<<Alzati dal letto, forza!>>
Prende l'orlo della coperta, che mi copre fin sopra la testa, e lo tira giù. Un freddo polare mi entra nelle ossa e mi lamento dicendo cose che suonano incomprensibili anche anche alle mie stesse orecchie.
Alzo la testa dal cuscino, tenendo sempre gli occhi chiusi e vado alla ricerca della mia cara, calda coperta.
Quando la trovo me la tiro addosso e dico: <<Ancora cinque minuti, mamma, ti prego.>>
<<Non hai cinque minuti. Dobbiamo essere a casa del collega di tuo padre alle sette. Sono le cinque e mezzo e tu ancora devi vestirti nemmeno!>>
Oddio!
Improvvisamente sono più carica che mai; mi alzo di scatto dal letto e corro verso l'armadio.
Eccolo lì, tra la valanga di vestiti quello che ha comprato per me mia madre, stupendo ed impeccabile.
Bene, ora non mi resta che decidere scarpe e accessori.
Giacca di pelle per coprirmi e le scarpe....
Oh, no. Le scarpe!
Le ho completamente dimenticate.
Ero talmente impegnata a pensare a come mi sarei dovuta preparare per la festa di ieri sera che ho dimenticato di comprare le scarpe per la cena che ci sarebbe stata il giorno dopo.
Che sbadata! E ora che faccio?!
Corro nella cabina armadio di mia madre, come faccio sempre nelle emergenze.
Entro e davanti a me il paradiso in un armadio: vestiti, maglie, pantaloni, jeans di tutte le marche possibili ed immaginabili.
Questo armadio è come se ti dicesse: "chiedi e ti sarà dato".
E così è. Proprio davanti a me, su una delle mensole della parete delle scarpe il sogno di ogni ragazza: un paio di décolleté nere di camoscio con la suola rigorosamente rossa e, per finire, il cinturino alla caviglia.
Le prendo, attenta a non far accorgere di niente a mia madre, e corro in camera.
Ecco qui: scarpe, vestito, giacca.
Perfetto!
Mi faccio una doccia veloce e poi mi vesto in fretta e mi guardo allo specchio.
Mi faccio paura da sola: il mio viso è bianco come un lenzuolo, solo un paio di occhiaie nere fanno da contrasto e infine i capelli sembrano quelli di un barboncino.
<<Allora? Sei pronta?>> Mia madre irrompe in camera.
Scuoto la testa e la guardo disperata, con le mani tra i capelli.
<<Oh tesoro. Ora ti aggiusto io quei capelli.>>
Detto, fatto.
In nemmeno dieci minuti i miei capelli sono perfettamente stirati e il mio lungo ciuffo, tirato in due trecce legate insieme dietro la testa.
<<Perfetto! Ora muoviti a truccarti e poi faremo vedere a tutti i colleghi di tuo padre che bella figlia che ha>> mi guarda sorridendo, fiera.
<<Non siamo solo noi a questa cena?>>
<<No, tesoro. Verrà anche un altro collega. Saremo tre famiglie.>>
Che cosa?! Devo farmi vedere in questo stato da tutta questa gente?
Oddio.
<<Ok, tesoro?>>
<<Si, mamma.>>
Lei mi guarda fiera e prima di uscire mi dice:<<Ma sono mie quelle scarpe?>>
Mi avvicino a lei e l'abbraccio, per addolcirla un po'.
<<Lo sai che ti voglio bene, vero, mamma? Si, sono le tue scarpe.>>
<<D'accordo...>>
<<Mamma, vieni a farmi questo maledetto nodo alla cravatta?>>
Urla mio fratello dalla sua stanza.
<<Si, arrivo>> urla lei di rimando <<devo andare da tuo fratello. Muoviti.>>
Annuisco e lei va in camera di Andrew.
<<Perchè devo venire conciato così a questa stupida cena?>> Lo sento lamentarsi dalla stanza accanto.
Mia madre è troppo paziente per i miei gusti. E pensare che una volta ha anche cercato di scappare di casa per una stupida ed innocente discussione con mia madre. È tornato dopo nemmeno due giorni, ha cercato di fare il duro ma non ci è riuscito, probabilmente soffriva troppo la lontananza dalla sua x-box. Fossi stata in lei l'avrei già scaricato per strada. Ma non decido di certo io, è solo un'opinione.
Non andiamo molto d'accordo.
Non siamo una di quelle coppie di fratello e sorella pronti a dare la vita l'uno per l'altro.
Piuttosto dare la vita dell'altro per la propria.
Comunque corro in bagno a truccarmi.
Correttore per le occhiaie, matita, mascara, rossetto e sono pronta.
Scendo di corsa al piano di sotto dove trovo mio padre che cerca di fare anche lui il nodo alla cravatta.
<<Aspetta papà ti aiuto io.>>
<<Grazie, tesoro.>>
Si gira da me e mi posa un bacio sulla testa.
<<Ecco fatto.>>
Lui mi guarda da capo a piedi.
<<Sei stupenda. Dovrei essere geloso?>>
<<No papà. Non preoccuparti>> rido, ma in fondo dentro ho una gran malinconia perchè l'unico ragazzo di cui mi importi non mi degna più di uno sguardo ormai.
Pronti tutti, entriamo in macchina e ci avviamo verso casa di questo collega di papà. Ha detto che ha un figlio che ha più o meno la mia età. Speriamo bene.
Dopo un po' arriviamo davanti ad una villa maestosa, tre volte la nostra. Con grandi vetrate al piano di sopra e già da qui intravedo una magnifica piscina.
Mio padre bussa alla porta e trovo davanti a me una donna con occhi verdi, capelli neri, che fanno contrasto, e un fisico mozzafiato.
È una donna bellissima, quanto familiare.
<<Salve, entrate pure.>>
Improvvisamente compare il socio di mio padre ehm... John.
Mio padre stringe la mano a John e poi passa a sua moglie, così come mia madre.
<<Tu devi essere Emma, la moglie di Max. Piacere, Lisa>> si presenta la splendida donna, con un viso molto familiare. Non riesco a ricordare dove l'abbia vista, ammesso che l'abbia fatto.
<<Oh e tu, invece, devi essere Amber, sua figlia. E questo giovanotto è Andrew, vero?>> Commenta John notandoci.
<<Oddio che bella ragazza. Devo subito presentarti a mio figlio. Hayeeees! Scendi, forza!>> Dice Lisa, alzando la voce sulle ultime parole.
Hayes?
Hayes scende in fretta le scale in jeans e maglia bianca. Gli sta d'incanto con i capelli scuri e gli occhi di un verde smeraldo uguali a sua madre.
Ecco dove l'avevo già vista! Avevo notato la somiglianza con Hayes: sono identici, così com'è uguale al padre.
<<Hey, ciao bellissima!>> Mi dice Hayes e mi abbraccia prima che possa mostrare il mio imbarazzo a tutti.
Dopodichè si stacca da me e dà il cinque a mio fratello.
Tutti ci guardano come se avessero visto un fantasma e non battono ciglio.
<<Allora?>>
Sembra che non si sia accorto nel modo in cui ci guardano tutti che, alle sue parole, subito si riscuotono.
<<Voi due vi conoscete già?>> Chiede sua madre, dopo essersi scambiata un'occhiata intenditrice con suo figlio, in tono strano.
<<Ma certo che ci conosciamo, ci siamo incontrati ieri alla festa. Vero, Amber?>>
<<Ehm...si.>>
Ripenso alla figuraccia che stavo per fare ieri a causa della caduta e quasi arrossisco.
<<Bene. Comunque dobbiamo aspettare James>> dice John.
Così tutti si dividono.
Mio padre e il padre di Hayes vanno in salotto a parlare di cose di lavoro, mia madre e Lisa si mettono a braccetto a parlare di cose loro e noi tre rimaniamo imbambolati senza sapere cosa fare.
<<Bene ragazzi, perchè non andiamo di sopra nella mia stanza?>> Chiede Hayes.
<<Io credo che resteró qui. Voglio parlare con papà del college>> mio fratello sembra raggiante e io sono stupita.
<<Hai deciso di andare al college?!>>
<<Certo la cosa ti stupisce?>>
<<Beh abbastanza.>>
<<Oh non ti preoccupare sorellina, mi mancherai anche tu.>>
Mi scompiglia i capelli sulla testa e va via con un sorriso sulla faccia.
<<Andrew i capelli!>> Mi lamento.
<<Come fai a sopportarlo in campo?>> Sospiro sconfitta, rivolta ad Hayes.
<<Oh beh, dovrei chiederlo io a te. Non ci vivo io con lui.>>
<<Giusto.>>
Ridiamo insieme e per la prima volta dopo aver avuto il rifiuto da Taylor, mi sento bene.
<<Saliamo?>>
<<Certo.>>
Ci dirigiamo al piano di sopra e arriviamo nella sua camera.
Una camera interamente blu, con un letto matrimoniale enorme e tutti i mobili in legno scuro.
Ci sono coppe, foto con la squadra, foto di lui da piccolo, con e senza i genitori.
Una in particolare attira la mia attenzione.
C'è lui da piccolo con un gelato in mano, alla fragola, e una bambina bionda che mi somiglia molto e lui le porge il gelato sorridendole.
<<Chi è questa bambina con te in questa foto?>>
La indico.
<<Oh, beh..>> si gratta la nuca, con fare imbarazzato <<... sei tu>> continua.
Io? Cosa?
<<Io? Noi... noi due da piccoli giocavamo insieme?>>
<<Si, non te lo ricordi? I nostri genitori erano già soci d'affari e noi siamo cresciuti insieme, poi peró col tempo ci siamo separati, ma frequentiamo lo stesso liceo.>>
<<Quindi quando mi hai detto che mi conoscevi solo per via di mio fratello...?>>
Non termino la frase, lui ha capito.
<<No, beh... sai ti tengo d'occhio da un po'. Non sapevo quando venirti a parlare ed aiutarti a non cadere mi sembrava un buon modo per cominciare.>>
<<Un ottimo modo.>>
Ridiamo insieme.
Quando rido con lui è come se mi sentissi leggera, libera da tutti i pensieri e le preoccupazioni, è una sensazione molto piacevole.
<<Quindi tutti lo sapevano tranne me?>> Gli chiedo.
<<Si. Anche tuo fratello lo sapeva.>>
<<E perché non me l'hai detto subito?!>>
<<Non volevo che il fatto che tu non te lo ricordassi ti mettesse in imbarazzo.>>
Che carino.
Parliamo di tutto e di più e il tempo sembra volare, così passa un'ora.
<<Amber?>> Mi chiama guardandomi dritto negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo, ma di certo non saró io a farlo, neanche se volessi: i suoi occhi mi rapiscono, mi sento in gabbia. In senso positivo, sia chiaro.
<<Si?>> Rispondo con un filo di voce.
<<Vuoi uscire con me domani?>>
Oh...
<<Ehm... io...>>
Dai Amber, dì di si, dì di si.
Lui è perfetto per te, è quello che cercavi: dolce, gentile, stupendo e ti ha appena fatto capire che gli piaci.
In più lui vorrà avere una relazione con te, se ci provi, perchè gli piaci realmente, non solo per gioco.
Ma si.
<<Certamente!>>
<<Bene, passami il tuo numero così domani ti dico a che ora passo a prenderti.>>
Una volta registrato il mio numero, sentiamo il campanello suonare e i nostri genitori che ci chiamano.
Ci alziamo e prima che possa uscire dalla stanza, lui mi tira per un braccio e mi stringe in un lungo, rigenerante abbraccio.
È spontaneo ed è una sensazione magnifica.
Mi sento arrossire e quando lui mi lascia andare, senza dire una parola, mi volto dall'altra parte e nascondo il mio imbarazzo e il sorrisetto compiaciuto.
Lui mi prende per mano e ci avviamo giù per le scale.
Credo che mi piaccia e che sia quello che mi ci vuole per farmi dimenticare di Taylor.
Non voglio di certo usarlo, magari chissà mi troveró bene con lui e potremmo stare insieme. In più lui e i suoi occhi non mi sono affatto indifferenti, certo non mi fanno lo stesso effetto di...
Prima che possa rendermene conto siamo già alla fine delle scale e davanti a me....
Parli del diavolo e spuntano le corna...

PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora