Eloise.
Portland era una città fredda e dannatamente piovosa.
Quella mattina però c'era solo moltissima nebbia e si gelava da morire, tremavo come una foglia. Non c'era vento e per fortuna ero stata risparmiata anche dalla pioggia pungente, che ti trapassava le costole e ti congelava dall'interno.
Ero stanchissima e non avevo voglia di andare a scuola. La sera prima avevo fatto tardissimo: mi ero messa a suonare e come al solito avevo perso del tutto la cognizione del tempo; finché mia madre non è venuta in camera mia a impormi di dormire.
Tralasciando il gelo e la mia sonnolenza, quello era il momento della giornata che preferivo: il tratto di strada che percorrevo la mattina presto da casa mia fino alla fermata, quando ancora non c'era in giro nessuno a parte qualche sfigato che faceva jogging. I minuti in cui aspettavo l'autobus erano una sorta di meditazione.
Ero da sola, con gli auricolari nelle orecchie e concentrata sulla musica che ascoltavo senza pensare ad altro. Era davvero come meditare per me...
Avevo uno strano presentimento e i miei occhi erano vispi e fissavano con impazienza la strada. Aspettavo l'autobus con un ginocchio che tremava frenetico, eppure non avevo alcun motivo per voler arrivare a scuola in anticipo.
Apparentemente era una mattina come le altre.
Di solito con la foschia dell'alba la vista era scarsa, ma almeno si riusciva a vedere fino alla curva in cui svoltava la strada. Quel giorno invece era tutto coperto almeno fino al primo palo della luce dopo la fermata.
Le macchine passavano di rado, erano le stesse di sempre; la solita gente che andava a lavorare nel solito posto e al solito orario, tutti i giorni.
E io andavo a scuola. Tutti i giorni.
Per fortuna quelli erano gli ultimi due anni. Non che non mi piacesse andarci, anzi studiare mi aveva sempre appassionato.Non mi piaceva l'ambiente, non più. Troppi ricordi e troppa gente che mi riportava al passato. Io odiavo ricordare e pensare alle mie debolezze, a ciò che mi aveva ucciso dall'interno cambiandomi e provocandomi dipendenza. Nonostante ciò continuavo a rimuginare senza volerlo sulle cose accadute. Volevo poter lasciarmele alle spalle, andare avanti, ma era più forte di me. Necessitavo di rivivere tutto quello che mi era successo... ero masochista.
Passò una macchina grigia metallizzata, sembrava una di quelle che avevano solo i ricconi, ma non me ne intendevo. Non l'avevo mai vista passare. Era un'auto grossa, di cui ricorderesti il proprietario se lo conoscessi.
Non vidi chi c'era al volante a causa dei vetri oscurati, ma seduto al sedile del passeggero con un finestrino abbassato c'era un ragazzo. Per un secondo avrei giurato che mi avesse guardato; cosa del tutto probabile, ma non so... un po' inquietante, credo.
L'auto mi sfrecciò davanti e il ragazzo si voltò verso di me. I nostri sguardi si incrociarono. La cosa mi fece venire un brivido lungo la schiena.
Che strana sensazione...
Rimasi attonita pensando a quel volto di cui non ero riuscita a registrare praticamente alcun dettaglio rilevante. Mi restò impressa nella mente solo l'immagine di una folta chioma rossiccia e sfuocata.
A quel punto mi resi conto che stava arrivando l'autobus e mi ridestai dalla mia confusione.
Si fermò esattamente di fronte a me e aprì le porte. Ci salii sopra velocemente assecondando la mia impazienza.
Mi andai a sedere e poco dopo mi addormentai appoggiata al vetro: mi accadeva spesso, per me l'auto in movimento è sempre stata incredibilmente soporifera.
Scesi alla fermata vicino a scuola ancora un po' rintronata e allucinata. Non ricordavo bene, ma ero quasi sicura di aver sognato il ragazzo dell'auto. Chissà per quale assurdo motivo.
Entrai dall'ingresso principale e percorsi il corridoio. Alla prima ora avevo Storia e andai al mio armadietto per prendere il mio libro.
Inserii la combinazione nel lucchetto e aprii.
Cadde ai miei piedi un volantino colorato da dentro l'armadietto. Probabilmente l'aveva infilato qualcuno sperando di fare pubblicità.Era per la Gara tra band, avrei potuto partecipare volendo, ma io non suonavo più in pubblico ormai e non avevo neanche una band, quindi inutile dire che per me fosse un volantino sprecato.
Misi dentro l'armadietto lo zaino e la mia giacca e presi il libro di Storia.
Chiusi tutto e mi diressi velocemente in classe reduce ancora dalla mia frenesia ed impazienza. Stava per succedere qualcosa, me lo sentivo.
Trovai un posto in ultima fila e mi sedetti aspettando il resto della classe.
Piano piano l'aula si riempì e il professore cominciò con l'appello, quando sentimmo bussare alla porta.
"Avanti" disse il professor Smith.
"Ciao, Brad. Scusa se ti disturbo" era la segretaria.
"No, figurati" rispose lui balbettando qualcosa e sistemandosi la cravatta. Aveva palesemente una cotta per lei. "Entra pure."
"Devo fare un piccolo annuncio ai ragazzi" ci guardò sorridente entrando in aula. "Da oggi in classe avrete un nuovo compagno" distese il braccio verso la porta invitando il ragazzo nuovo a farsi avanti.
Entrò un tipo alto, dai tratti del volto dolci e i capelli rossi. Non riuscivo a vedere il colore dei suoi occhi, ma dovevano essere di un verde intenso.
Rimasi per qualche istante a scrutarlo. Non lo conoscevo, eppure mi sembrava di averlo già visto... ma dove?
A guardarlo bene poi capii... doveva essere lo stesso dell'auto... e del mio sogno.
Mi sentii leggermente arrossire e quasi mi imbarazzava guardarlo, come se fossi stata l'unica a fissarlo. Era molto bello. Davvero. Il suo sguardo era dolce e infondeva sicurezza e innocenza. La sua anima era pura.
"Lui è... Thomas" disse la segretaria presentandolo.
Ecco per quale motivo ero impaziente. Stavo aspettando qualcuno. Perché lui?
Io non volevo conoscere nessuno. Non mi interessava. Il mio obiettivo era finire il prima possibile il liceo e andarmene da Portland. Non è che non volessi fare vita sociale, ma ci avevo provato e non era andata a buon fine e non attualmente non avevo voglia di fidarmi di nessun altro. L'arrivo di questo nuovo ragazzo non avrebbe cambiato le carte in tavola.
Lui alzò la mano leggermente imbarazzato e fece un sorriso sghembo che avrebbe fatto impazzire tutte le oche della mia scuola.
Fantastico! Si aggiungeva l'ennesimo super bello che avrebbe spezzato il cuore a chissà quante ragazze e non si sarebbe parlato d'altro per giorni. Che gioia.
Feci finta di nulla e abbassai lo sguardo sui miei appunti. Ero annoiata.
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Obbligo o Verità?
RomanceABSTRACT Sognava il successo, i concerti negli stadi, gli applausi, i dischi di platino e le premiazioni ai Grammy. Peter sognava la musica, e lo faceva in grande. Niente di ciò fu mai realizzato e il suo ricordo visse solo nella mente dei component...