Ho deciso di pubblicare tra oggi e domani i capitoli 15 e 16 perché in realtà sono parti del capitolo 14 che ho dovuto dividere perché troppo lungo.
Quindi aspettatevi un aggiornamento anche domani ;)
Buona lettura!
***
Eloise.
Thomas Clifford mi aveva appena dato il suo numero di telefono e mi aveva chiesto di usarlo in caso di necessità.
Ero ancora scandalizzata mentre giravo con lo stecchino di plastica il mio caffè preso ai distributori. Guardavo ipnotizzata il piccolo vortice che si era venuto a creare mentre lo mescolavo. Un granello del caffè solubile che non si era sciolto a dovere nel latte fu risucchiato dal vortice e lo vidi sparire. Da quando avevo conosciuto Thomas e avevo ricominciato a suonare, mi sentivo come quel granello di caffè. Ero stata risucchiata dalla mia precedente vita, che come un vortice mi aveva afferrata per i piedi e trascinata con se, mi aveva sballottato in un bicchierino e scaraventato contro le pareti di plastica. Quella voce, la voce di Thomas, di Peter, la voce che era diventata tutta la mia vita, che mi era stata strappata via e che adesso era tornata a sconvolgere i miei peggiori incubi, mi stava torturando. Stavo impazzendo e fissavo quel vortice di caffè girare.
Thomas Clifford mi aveva lasciato il suo numero di telefono. Non volevo crederci. La cosa che più mi sconvolgeva di tutto ciò era che lo aveva fatto perché aveva capito che parlare con lui mi metteva a disagio. Anzi, non mi metteva a disagio, mi faceva letteralmente diventare pazza. Era la sua voce il problema. Perdevo la testa. Totalmente. Aveva voluto trovare una soluzione per parlarmi. Perché Thomas Clifford voleva parlarmi. La domanda era: perché? L'ultima cosa che volevo era fare nuove amicizie e questo lui pareva non capirlo.
Sarei andata da lui a spiegargli come stavano le cose per l'ennesima volta, ovvero che non avevo intenzione di approfondire i miei rapporti con lui. Sì certo, l'avrei fatto. L'avrei fatto se non mi fossi trovata davanti Sam, vicino ai distributori impegnato a schiacciare il numero B-32 per prendere una merendina al cioccolato che, per inciso, faceva veramente schifo.
"Ehi!" Gli andai contro.
"Eloise..." Si voltò a guardarmi, accortosi di me.
Alzai un dito per impedirgli di parlare. Una sola parola e sarebbe morto.
Bevvi d'un fiato il mio caffè amaro e buttai via il bicchiere di plastica nel cestino posto vicino alle macchinette. Sam mi guardava in attesa che dicessi qualcosa.
"Brutto imbecille che non sei altro! Si può sapere quali idiozie hai raccontato a Thomas su di me e Peter?!" Sbraitai puntandogli un dito contro.
Lui mi guardava impassibile. Stringendo tra le mani la sua disgustosa merendina. Era calmissimo. Come se non avesse fatto nulla di male. Io ero una furia e Peter era intoccabile. Lui lo sapeva, lo sapeva bene.
"Proprio un bel niente. Datti una calmata!" disse voltandosi dall'altra parte per andarsene con quella sua tipica mossetta con la spalla, ma lo inseguii.
"Sam!" Lo chiamai andandogli dietro.
"Parla con Cristina!" Mi disse dandomi le spalle.
Cristina! Ovvio! E chi altro poteva essere l'imbecille?
Ero stata stupida a dubitare di Sam, ma era con lui che di solito ci si confidava, lo avevo dato troppo per scontato. Cristina però era quella dalla boccaccia larga.
Ci avrei pensato dopo a lei, adesso avevo da risolvere la questione 'Thomas'.
"Si può sapere che vuole lui da me?" Cercavo di mantenere il passo delle gambe lunghe e slanciate di Sam.
STAI LEGGENDO
Obbligo o Verità?
RomanceABSTRACT Sognava il successo, i concerti negli stadi, gli applausi, i dischi di platino e le premiazioni ai Grammy. Peter sognava la musica, e lo faceva in grande. Niente di ciò fu mai realizzato e il suo ricordo visse solo nella mente dei component...