1 anno prima.
Eloise.Chiusi gli occhi inerme sotto il tocco di Peter. Sentivo la sua mano dietro la mia nuca attirarmi a lui, desiderarmi.
Mi lasciai andare a quel tocco con un sospiro.
Poi d'un tratto il calore della sua pelle contro la mia svanì improvvisamente. Peter ammorbidì la presa e mi lasciò andare, si allontanò da me e riprese in mano la chitarra.
Io rimasi scioccata. Fui catapultata nuovamente alla realtà.
Cosa diamine è appena successo?
"Cosa... che cosa...?" Non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto. Ma stavolta non riuscivo a parlare non perché Peter mi stesse abbagliando con i suoi soliti sguardi e le sue frasi ammiccanti. Non riuscivo a parlare per il nervoso. Sentivo i nervi tendersi lungo tutta la mia spina dorsale.
"Perché l'hai fatto?" Chiesi in definitiva.
"Fatto cosa?" Mi chiese lui tranquillo, come se non fosse successo niente. Questo non fece altro che incrementare la mia rabbia.
"Lo sai cosa" non ci stavo più ai suoi giochetti.
Lui sbuffò. Il signorino sbuffò!
"Non possiamo semplicemente scrivere e non pensare ad altro?" Suonò un accordo con la chitarra evitando il mio sguardo.
Io presi un respiro profondo. Mi ci volle mezzo secondo per reagire a quella domanda.
Avrei potuto rispondere in un milione di modi differenti a quella frase. Avrei potuto assecondarlo e ignorare tutto. Avrei potuto rispondergli "certo" e poi scapparmene a casa e mettermi a piangere per il suo solito comportamento. Avrei potuto chiedergli se mi ero immaginata tutto. Avrei potuto chiedergli se anche lui aveva sentito quella cosa nella pancia, quella fitta forte quando la sua bocca si era ritrovata a quella pericolosa vicinanza con la mia. Avrei potuto sbattergli le cose in faccia e dirgli che non si poteva ignorare qualcosa che di fatti era successa.
Ciò che decisi di dire invece fu breve e conciso.
Lo guardai dritto negli occhi.
"Vattene all'inferno Peter Andrews" mi alzai. Presi il mio zaino e mi diressi velocemente verso l'uscita.
"Aspetta Elle" Peter si alzò in piedi di scatto e mi seguì.
Non volevo neanche rispondere. Non avevo intenzione di sentire neanche una scusa. Avevo fatto la collezione delle sue scuse. Ero satura.
Vada al diavolo. Io non sono come lui.
"Parliamone" mi seguii lungo il corridoio.
Certo. Adesso vuole parlarne.
Mi afferrò per un polso cercando di trattenermi, ma tirai un strattone per liberarmi senza neanche voltarmi. Volevo uscire da quella casa il più velocemente possibile.
Appoggiai il mio zaino di fronte alla porta d'ingresso, poi presi la mia giacca dall'appendiabiti e la infilai di fretta. Tremavo dal nervoso mentre mi infilavo il cappello.
"Scusami" quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non si doveva permettere di abusare ancora di quella parola con m. Mi voltai verso di lui nera e con una forza che non sapevo neanche di avere gli diedi uno schiaffo abbastanza forte da fargli voltare la faccia.
Mi veniva da piangere per la rabbia ma non volli dargli quella soddisfazione. Mi limitai ad aprire la porta e uscire di casa piantandolo lì.
Peter Andrews non si meritava niente.
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Obbligo o Verità?
RomanceABSTRACT Sognava il successo, i concerti negli stadi, gli applausi, i dischi di platino e le premiazioni ai Grammy. Peter sognava la musica, e lo faceva in grande. Niente di ciò fu mai realizzato e il suo ricordo visse solo nella mente dei component...