1 anno prima.
Peter.Jacobs volle che lo seguissimo nel suo ufficio. Era una stanza grande e luminosa, ma bianca e arredata in maniera completamente asettica, mi metteva tristezza.
La sua scrivania era piena di cartelle cliniche, documenti, e post-it. Lui sedeva lì dietro e parlava a mia madre cercando di spiegarle la situazione nel modo più dettagliato possibile.
Lei sedeva su una poltroncina minuscola e nera e stringeva stretta tra le mani la borsa. La disperazione era dipinta sul suo volto e più Jacobs parlava e cercava di tranquillizzarla e più lei si preoccupava. Evitava di guardarmi, io non ero da meno. Mi sentivo stretto in una morsa.
Bill sedeva accanto a mia madre e ascoltava impassibile la conversazione. Cercava sempre di non mostrarsi debole di fronte a lei, lui doveva essere la sua ancora. Ammiravo il modo in cui lui si prendeva cura di mia madre, da buon amico.
Io dalla mia parte gironzolavo per la stanza e mi guardavo attorno, mi mostravo disinteressato a quello che Jacobs stava dicendo, nonostante fossi io il diretto interessato. Io per conto mio stavo bene. Continuavo a pensare che avessero sbagliato a farmi le analisi e fossero tutti un ammasso di incompetenti.
Mi andai a sedere sul lettino alla sinistra della scrivania. Volevo uscire da quel posto, mi sentivo soffocare.
Quel medico continuava a usare un sacco di paroloni e non ci stavo capendo niente e mi faceva male la testa e volevo tornarmene a casa a mangiare il mio maledetto tacchino del Ringraziamento.
Guardai mia madre, aveva gli occhi lucidi e continuava a sussurrare "il mio bambino..."
Non riuscivo a vederla in quel modo. Quel dottore la stava spaventando e io ero stufo marcio.
"Possiamo andarcene?" Chiesi d'un tratto interrompendo il fiume di parole di Jacobs.
"Come?" Mia madre mi guardò come se avessi appena bestemmiato.
"Sì, ce ne possiamo andare?" Chiesi ancora.
"Peter... capisco che sia una cosa difficile da accettare..." Jacobs si rivolse a me.
"No guardi... mi risparmi" mi alzai dal lettino e feci per uscire dalla porta.
"Sarai supportato da uno psicologo" concluse la frase. Suonava quasi come una minaccia.
Mi misi a ridere e afferrai la maniglia per uscire. Ero stanco.
"Peter!" Mia madre si voltò di scatto.
"Vado a prendermi una bibita alle macchinette" risposi e uscii dallo studio.
Eravamo nel reparto di oncologia e facevo lo slalom tra infermiere e gente malata. Quel posto puzzava di amuchina e non mi piaceva per niente.
Percorsi il corridoio in cui mi trovavo e mi diressi verso un distributore. Presi con qualche spiccio che avevo in tasca una Diet Coke e mi misi a sedere in quella che sembrava una sala d'attesa.
Avevo bisogno di una boccata d'aria. Dovevo razionalizzare tutto quanto.
Ho il cancro.
Non avevo la più pallida idea di cosa potesse dire una cosa simile. Non riuscivo davvero a trovare un significato a quelle parole.
Più me le ripetevo in testa e più perdevano di significato.
Ho il cancro...
Ho il cancro...
Ho il cancro...
Ho il cancro...
Ho il cancro...Come ci si comporta con il cancro? Che devo fare? Devo chiamare i miei amici e dirglielo? Che gli dico? 'Ehi, ho una news: ho il cancro!' Si può guarire? Mi faranno delle terapie dolorose? Perderò i capelli? Quanto dolore priverò? Peggiorerò? Mi opereranno?
Sapevo così poco del cancro... giusto quello che avevo visto nei film, eppure avevo la netta sensazione che presto avremmo dovuto stringere amicizia.
Un tumore al cervello. Operabile, a quanto pareva, ma da ridurre con dei cicli di chemioterapia e radioterapia... o qualcosa di simile insomma. Non avevo capito altro da tutti quei paroloni usciti fuori dalla bocca di Jacobs.
Ma al di là dei paroloni dei medici, c'era una domanda che mi stava logorando, forse era troppo presto per pormela e forse ne sapevo troppo poco di tutta la faccenda. Avevo una paura indecente di porla ai miei pensieri. Una domanda che mai avrei pensato di dovermi porre. Non in quel momento della mia vita almeno. Non a quell'età.
Com'è la morte?
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Obbligo o Verità?
RomanceABSTRACT Sognava il successo, i concerti negli stadi, gli applausi, i dischi di platino e le premiazioni ai Grammy. Peter sognava la musica, e lo faceva in grande. Niente di ciò fu mai realizzato e il suo ricordo visse solo nella mente dei component...