Eloise.
Ero nella macchina parcheggiata fuori da quel vialetto da più o meno una ventina di minuti. Non c'era nessuna siepe che nascondesse la strada dalla casa, solo una vecchia rete sgangherata. Dalla finestra si poteva benissimo vedere chi aveva parcheggiato la macchina vicino al marciapiede, proprio come stavo facendo io.
Mi sentivo una specie di stalker che fa gli appostamenti fuori dalle case delle persone, ma non avevo il coraggio di scendere dalla macchina.
Erano passati troppi mesi dall'ultima volta che avevo messo piede in quella casa e non sapevo come mi avrebbe accolta sua madre.
Mi feci forza dopo un po' di minuti e decisi di scendere. Dovevo farlo.
Percorsi quel pezzo di strada a piedi con in mano il tupperware con la frittata di cipolle che mia madre aveva preparato per la signora Andrews.
Erano mesi che non la vedevo ed erano mesi che non vedevo quella casa.
Suonai alla porta d'ingresso e poco sentii armeggiare dall'altra parte.
"Eloise!" Bill mi aprì con in bocca un sigaro cubano acceso.
"Ciao Bill..." tentennai.
"Vieni, vieni" mi fece entrare.
"Sabrina, c'è Eloise!" urlò.
Vidi sbucare dal salotto un piccolo esserino a quattro zampe. Salsiccia venne ad annusarmi le caviglie e a farmi le feste. Mi aveva riconosciuta.
"Ciao Salsiccia!" Mi piegai a salutarlo e mi saltò addosso leccandomi tutta la faccia.
"Stai giù, piantala!" Sorrisi facendolo allontanare.
"Venite in cucina!" Sentimmo urlare Sabrina.
"Ho portato una frittata di cipolle" dissi mentre mi rialzai in piedi e seguii Bill in cucina.
Salsiccia mi stava attaccato alle calcagna.
"Tesoro!" Appena facemmo capolino in cucina Sabrina mi abbracciò come se fossi stata sua figlia... e per un periodo era stato così.
"Ti ho portato questa... l'ha fatta mia mamma" dissi porgendole il contenitore.
"Ti ringrazio! Non dovevate" disse prendendolo "vieni, togliti la giacca, siediti. Stavo mettendo su un caffè, vuoi?"
"Sì per favore" dissi e mi sedetti al tavolo mentre Sabrina smanettava con la macchina del caffè.
Bill si sedette a capotavola e gettò la cenere del sigaro con un gesto secco nel posacenere di fronte a lui.
"Ti dà fastidio se fumo?" Mi chiese.
"No no, ha un buon odore il sigaro" dissi.
"L'hai mai provato?" Domandò.
"Forse una volta... con Peter, non ricordo" ammisi.
"Allora? Come stai Eloise?" Sabrina si voltò e si appoggiò con le mani allo schienale della sedia di fronte a me. Mi guardava sorridente, era felice di vedermi. Io invece ero estremamente a disagio, non per la casa o per Sabrina, ma per me stessa. Mi sentivo in colpa. Non ero andata a trovarla per tutto quel tempo.
"Io sto bene! Mi dispiace non essere passata prima, io avrei..." iniziai a blaterare.
"Oh piantala, non voglio neanche sentirti! Fatico a starci io in questa casa, figuriamoci se dovessi sentirti obbligata a venirmi a trovare" lei era sempre gentile con me. Si voltò per prendere delle tazze dalla credenza e le mise sul tavolo per tutti quanti.
"Come va col rosso?" Mi chiese Bill.
Io gli lanciai un'occhiataccia e lui si mise a ridere.
"Chi è il rosso?" Sabrina mi scrutò indagatrice e con un sorriso malizioso. Io arrossii.
"Bill, piantala" borbottai incrociando le braccia al petto.
"Ricordo una conversazione simile con Peter" Sabrina allungò una mano verso un porta sigarette sul tavolo.
"Ah sì, parlava di una certa biondina" continuò Bill.
Diventai rossa dalla gelosia. Sapevo che lui aveva avuto altre ragazze, ma tutte le volte che ci pensavo mi veniva l'orticaria. Anche se io ero l'ultima a poter parlare visto che ero stata con Jack per un bel po di tempo.
"E chi era?" Borbottai.
Sabrina e Bill scoppiarono a ridere.
"Tu sciocchina" mi canzonò Bill.
"Ah" stavolta arrossii dall'imbarazzo.
"Mio figlio stravedeva per te" disse lei prendendo una sigaretta e portandosela alla bocca "parlava di te in continuazione" raccontò.
"Che tortura! Elle di qua, Elle di là..." Bill mi stava facendo morire e di imbarazzo.
"Finiamola, la stiamo mettendo in imbarazzo" Sabrina capì e si accese la sigaretta. Fece un tiro e mi guardò dritta negli occhi silenziosamente.
I suoi tratti era così simili a quelli di lui. Riuscivo a vedere attraverso di lei il volto di Peter, le sue guance, il suo naso... il taglio dei suoi occhi.
Distolsi lo sguardo quando si fece troppo difficile reggere i suoi occhi. Fino a quel momento ero riuscita a fingere di non trovarmi in quella casa, ma di essere da un'altra parte, a mettere un muro tra me e le mie emozioni. Pensavo che sarebbe stato l'unico modo per affrontare quella visita, ma non ce l'ho fatta.
Ero in casa di Peter. Tutto quello che mi stava attorno era suo. La sua energia era ancora tra quelle mura, sentivo che mi mancava l'aria.
Feci un respiro profondo. Non potevo piangere, non potevo farlo di fronte a lei, non era giusto.
"Vuoi andare un po' in camera sua? Puoi stare un po' lì se ti fa piacere. Ti lasciamo da sola, puoi prendere quello che vuoi, a lui avrebbe fatto piacere" mi disse.
Mi aveva letto nel pensiero. Volevo restare un po' da sola in quella stanza, dove insieme ne avevamo passate tante. Avevo bisogno di sfogare un po' di dolore lì con il suo odore a circondarmi, a fingere che lui ci fosse ancora.
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Obbligo o Verità?
RomanceABSTRACT Sognava il successo, i concerti negli stadi, gli applausi, i dischi di platino e le premiazioni ai Grammy. Peter sognava la musica, e lo faceva in grande. Niente di ciò fu mai realizzato e il suo ricordo visse solo nella mente dei component...