Chapter 67

38 6 1
                                    

1 anno prima.
Eloise.

La pioggia che mal sopportavo e il tempo rispecchiavano perfettamente il mio umore. Ero stufa. Ero nera. Ero incendiata.
Odiavo Peter.

Non ne potevo più di lui e dei suoi stupidi giochetti. Doveva smetterla, smetterla, smetterla di trattarmi così. Mi rigirava come un calzino a suo piacimento.

Sentivo così tanta connessione con lui quando suonavano insieme, mi sentivo inebriata da lui e dal suo modo di vivere la musica...
E poi riusciva a rovinare tutto con poche semplici parole.

Dio, quanto lo odiavo!

Ne avevo abbastanza: prima la pagliacciata dei miei vestiti al Monster's, poi le sue scenate di gelosia per Jack, la sbronza che si era preso a casa di Cristina e adesso anche questo?!

Per lui ero solo una bambolina con cui giocare. Si divertiva a trattarmi a quel modo, non poteva essere altrimenti.

Serrai la mascella e strinsi i pugni mentre aspettavo che arrivasse l'autobus per riportarmi a casa.

Come se non bastasse era buio, aveva iniziato a piovere e non avevo nemmeno un dannatissimo ombrello.

Rimasi a prendere freddo e ad imprecare sotto la pioggia ancora per qualche minuto, poi finalmente arrivò l'autobus e me ne andai.

Entrai in casa che ero completamente zuppa d'acqua. Mi tolsi le scarpe e lasciai la giacca a gocciolare sull'appendiabiti.

Mia madre stava guardando un programma in televisione, mio padre non avevo idea di dove fosse e mia sorella probabilmente stava studiando o era al telefono con Amber ed Emily.

"Eloise! Ma sei tutta bagnata!" Mia madre mi guardò scioccata.

"Lo so" sbuffai.

"Vatti ad asciugare i capelli, ti ammalerai!" Mi urlò mentre salivo le scale di corsa. Alzai gli occhi al cielo.

Come se volessi prendermi la pioggia.

Entrai in camera mia e sbattei la porta un po' troppo violentemente.

Presi un cambio di biancheria intima, una felpa e dei pantaloni della tuta e me ne andai in bagno a farmi una doccia.

L'acqua calda mi aiutò a distendere i nervi. Mi resi conto che ero tesa come una corda di violino. Rimasi sotto l'acqua corrente per quella che sembrò un'infinità.

Quell'ultima cattiveria di Peter era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ero alla fine della mia pazienza.

L'acqua scendeva e batteva sul mio corpo ad un ritmo martellante e continuo. Mi sembrava quasi che mi guidasse mentre nella mia mente rabbiosa e sconfortata si faceva piano piano strada una melodia.

Iniziai a canticchiarmela nella testa e tra le labbra. Chiusi l'acqua e uscii dalla doccia. Cantare era un tentativo per calmarmi e sembrava funzionare.

La doccia mia aveva disteso un po' i nervi e riscaldato.

Mi asciugai e indossai la mia tuta. Continuai a pensare alla mia nuova melodia anche mentre mi asciugavo i capelli con il phon.

Mi rinchiusi in camera e mi misi sul letto a scrivere le note che avevo nella mente. Presi anche la chitarra e provai a suonarla più e più volte.

La musica era per Peter... o meglio, era per non pensare a Peter. Non volevo pensare a quello che mi faceva e a come me lo faceva.

Le sue bambinate erano cose piccole, stupide ed insignificanti, eppure mi entravano così dentro che mi condizionavano e mi ammazzavano.

Peter era in grado di entrarmi dentro con uno sguardo, di ferirmi con un tocco e di uccidermi con una parola. La cosa peggiore è che glielo facevo fare.

Mi lasciai andare in quegli accordi strazianti. Le frasi che avevo pensato nella mia mente erano delle metafore dolci e dolorose.

Andai avanti a suonare per ore. Non scesi nemmeno per cenare con la mia famiglia. Perfezionai quella canzone suonandola e suonandola ancora. Era buona. Riuscii anche a registrarla sul computer e a metterla su chiavetta per farla sentire al resto del gruppo.

L'unico lato positivo di tutta la faccenda era che Peter avrebbe ottenuto finalmente la sua canzone. Dal canto mio, avevo preso la mia decisione, mi sarei lasciata la band, e soprattutto Peter, alle spalle.

Obbligo o Verità?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora