1 anno prima.
Eloise.Avevo passato quattro giorni di sola musica, musica, musica. Ero io, la mia chitarra, le mie note e il gruppo più figo del mondo.
Mi sentivo così libera quando stavo con i Peter's! Avevamo cominciato a provare e non immaginavo che sarebbe stato così intenso suonare con loro. Mentre ascoltavo Peter che cantava quelle canzoni, le note, che conoscevo a memoria perché a memoria conoscevo tutte le loro canzoni, entravano nella mia testa e le mie mani si muovevano da sole e nel frattempo io viaggiavo trascinata da quella melodia.
Loro coprivano i miei errori, mi aiutavano, mi completavano. Io li seguivo e insieme creavamo delle armonie e dei suoni e degli assoli e della musica! E cantavamo e io ballavo e Cristina anche e Peter rideva e la sua risata era bella, bellissima, quasi quanto i suoi occhi... e a me piaceva, mi piaceva tantissimo.
Io ero nata per essere la loro chitarrista. Sam diceva che non aveva mai conosciuto nessuno che suonasse come me e Josh non riusciva a credere che fossi un'autodidatta. Io non riuscivo a credere di sentirmi così a mio agio a suonare con loro.
Mancavano due giorni alla festa a casa di Cristina e non stavo più nella pelle. Secondo Peter ero pronta. Quello sarebbe stato il mio primo concerto. Ero in ansia, terribilmente e irrimediabilmente in ansia. Ero anche euforica, emozionata, isterica. Stavo sclerando. Ero un crogiolo di emozioni.
Dopo la serata al Monster's club i Peter's non erano più usciti dalla sala prova, il garage di Josh. Era un posto enorme e super incasinato, sembrava di tutto meno che un garage, molto rock n' roll. Era diventato una sorta di rifugio per i Peter's machine: al centro esatto della stanza c'era un tappeto persiano vecchio e logoro su cui troneggiava la batteria di Josh. Il resto degli strumenti erano sparpagliati lì attorno ed eravamo circondati da una rete di cavi di microfoni ed amplificatori. Fuori pioveva ed avevamo gettato impermeabili e cappotti su un orribile divano da tre posti anni sessanta di un colore verdastro assolutamente indefinito abbandonato lì in garage. Le pareti invece erano ricoperte di poster di Arctic Monkeys e Metallica e sembrava di stare in una tana di qualche ragazzino fanatico.
Le prove andavano da Dio e non potevo lamentarmi, ma io e Peter non ci rivolgevamo la parola da quella sera al Monster's, se non per qualche commento da parte sua per convenienza. Brava... Buona questa... È andata bene dai... cose così insomma.
Mi dispiaceva, ma non riuscivo a capirlo. Mi trattava come uno straccio, a mala pena mi salutava o mi calcolava, per lui ero inesistente... eppure mi voleva nel suo gruppo. Voleva vedermi sul palco accanto a lui e ci teneva che andassi a prova tutti i pomeriggi, se non mi vedeva arrivare da Josh dopo cinque minuti era il primo a scrivermi per chiedermi dove fossi finita, eppure quando stavamo insieme mi teneva a debita distanza.
Per non parlare di come mi squadrava. Non gli piacevo, era evidente e non faceva niente per nasconderlo. A lui interessava solo la mia musica. Mi andava bene questa cosa, mi piaceva che apprezzasse la mia musica fino a quel punto, ma prima che una musicista ero una persona e lui calpestava la mia umanità ogni volta che mi squadrava dall'alto in basso con quei suoi occhi scuri e impenetrabili.
Eppure io in quegli occhi mi ci perdevo e più lui mi allontanava e non mi salutava e mi trattava come l'ultima ruota del carro, più io vivevo per quei suoi sporadici commenti positivi nei miei confronti, li cercavo. Arrivavo cinque minuti in ritardo solo per ricevere quel suo messaggio e improvvisavo un assolo alla chitarra solo per sentirmi dire "brava Elle".
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Obbligo o Verità?
RomanceABSTRACT Sognava il successo, i concerti negli stadi, gli applausi, i dischi di platino e le premiazioni ai Grammy. Peter sognava la musica, e lo faceva in grande. Niente di ciò fu mai realizzato e il suo ricordo visse solo nella mente dei component...