Capitolo 7-7: Realtà

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Non appena lasciai l'ufficio di Levyathan sentii uno strano peso sulle mie spalle: se non mi fossi appoggiato al muro sarei caduto nelle ginocchia.

Non so per quanto tempo rimasi fermo a fissare il vuoto davanti a me.
Mi sentivo sconfitto, inutile, debole.

Tutte le cose che volevo fare, ogni mio piano futuro, crollarono davanti ai miei occhi nel giro di pochi minuti come i castelli di carte. 
Non ero altro che una marionetta: a mia insaputa avevo continuato a danzare nel palmo della sua mano, sicuro che sarei riuscito nel mio intento.


Eheh... Che idiota.
Credevo che ci sarei riuscito... Ma, alla fine, non feci niente. 

Per poco non mi arresi.
Proprio quando stavo per rinunciare ad ogni cosa, quando stavo per arrendermi a lui, ho capito che non potevo farlo: c'erano persone che mi avevano aiutato, persone che avevo trascinato nei miei piani.

Ora anche loro erano in pericolo, a causa mia.
Mi guardai la mano per poi stringerla in un pugno.

" Non posso arrendermi, non ancora. Anche se io dovessi cadere, devo fare tutto quello che posso per impedire che loro cadano con me. Proteggere gli altri. Questo è il lavoro di un soldato: questo è ciò che farò. "
Dissi a me stesso, facendomi coraggio.



Bussai tre volte in rapida successione a quella porta, attendendo che qualcuno mi aprisse.

< Ti prego, dimmi che non sono arrivato troppo tardi... >
Pensai, preoccupandomi, quando nessuno venne ad aprirmi.

Prima che potessi bussare di nuovo, la porta cominciò ad aprirsi lentamente.

<< Oh, sei tu. >>
Mi disse Diana, con un tono infastidito, vedendomi dall'altro lato.
Aveva i capelli bagnati e indossava un accappatoio grigio. 

<< Posso parlarti? >>
Le domandai, rapidamente.

<< Possiamo farlo dopo? Come puoi vedere sono leggermente impegnata, al momento. >>
Mi rispose, indicando i suoi capelli umidi.

<< E' importante. >>
La mia risposta fu secca.
Diana mi guardò in silenzio per qualche secondo dritto negli occhi, con uno sguardo preoccupato e incuriosito.

<< Mh. >>
Fu l'unico verso che fece prima di darmi le spalle.

<< Entra pure. Poi chiudi la porta. >>
Mi disse, facendomi cenno di entrare con la mano, mentre si incamminò nella sua stanza.
Non appena entrai nella sua stanza, dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, mi guardai rapidamente intorno: era tutto molto ordinato.

Con la coda dell'occhio notai Diana, nella sua cucina, intenta a bere da una bottiglia in plastica.

<< Cosa è? >>
Le domandai, incuriosito.

<< E' una bevanda alla pesca. >>
Mi rispose, riprendendo a bere dalla bottiglia.

<< E'... Buona? >>
Le domandai, di nuovo.

Diana mi guardò con uno sguardo infastidito.

<< Odio la pesca. >>
Mi rispose, appoggiando la bottiglia su uno scaffale.

<< E allora perché- >>
Venni interrotto prima che potessi finire di farle la mia domanda.

Diana mi guardò, infastidita, puntandomi un dito contro.

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