Capitolo 13-7: Convinzioni [2-2]

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Quel giorno, a nostra insaputa, ci sarebbe tutto crollato addosso nel peggior modo possibile.

Decisi di seguire il piano di Javier facendo, però, alcune modifiche alla mia parte.
Non avevo più intenzione di fare semplicemente ciò che mi veniva ordinato... Era compito mio prendere finalmente le mie decisioni.
Il piano di Javier non era sicuro: non potevo attendere con le mani in mano che tornasse insieme a Orion, per poi andare da Levyathan. Cosa sarebbe successo se il Generale avesse scoperto la loro assenza, prima che io potessi parlargli?

No... Era troppo pericoloso. Dovevo avvertirlo il prima possibile, dovevo riuscire a convincerlo.
Portare Diana insieme a me, però, era un suicidio.

Se mi fossi fatto accompagnare da lei, infatti, chissà cosa sarebbe successo tra quei due.
Non potevo rischiare d'innescare un ulteriore scontro... Decisi, quindi, di lasciare Mirajane insieme a Diana, nella speranza che fosse in grado di tenerla buona.


Quando finalmente raggiunsi l'ufficio di Levyathan, mi bloccai per qualche secondo davanti a quella porta.
Per un attimo esitai.

Sentii il cuore battermi in gola all'impazzata, quasi come se stesse per esplodere da un momento all'altro.
Ci trovavamo in una situazione precaria, dopotutto... Esattamente come Javier aveva detto.

Il minimo errore o una frase detta nel modo sbagliato avrebbe potuto mandare tutto all'aria... Non potevo permettermi in tale fallimento.


Bussai due volte, lentamente, su quella porta in legno pesante, grigio scuro, per poi attendere una risposta da Levyathan.
Non era l'ufficio che visitai in precedenza... Dopotutto, Levyathan aveva più di un ufficio sparso per il palazzo. Questo si trovava nell'ala sudovest, davanti a un piccolo stagno artificiale situato all'interno del palazzo reale, quasi come se fosse un'oasi.

Pochi istanti dopo sentii quella voce imponente rispondermi "Avanti".


Lentamente aprii quella porta che, cigolando, mi diede il benvenuto in quella stanza.
Come suo solito, trovai Levyathan dietro alla sua scrivania, colma fino all'orlo di documenti, con un piccolo libro in mano e degli occhiali da vista.

Sollevò un ciglio non appena mi vide, per poi posare delicatamente quel libro sulla scrivania in legno chiaro.
Quella stanza era piuttosto vuota, sembrava ancora dovesse essere arredata.

Vi erano a malapena tre sedie, una delle quali di Levyathan, una scrivania e una grossa libreria rossa, completamente vuota.
Il libro che stava leggendo, quindi, l'aveva sicuramente portato con se in quella stanza prima di entrarci.


<< A cosa devo la tua visita, Blake? >>
Mi domandò.
Quel suo tono sembrò cordiale... Eppure, allo stesso tempo, minaccioso e infastidito.

<< Posso esserti utile? >>
Aggiunse subito dopo, levandosi gli occhiali da vista.

<< Io... >>
Esitai. 
Per qualche motivo, l'immagine di Jeanne mi tornò in mente proprio in quell'istante.

Nonostante odiassi quell'uomo per ciò che le aveva fatto, non potevo permettere che i miei sentimenti mandassero all'aria ciò che avevo intenzione di provare a fare.


Ingoiai quell'amara medicina, incrociando finalmente lo sguardo freddo di quell'uomo.


<< Volevo parlare. >>
Gli rivelai, finalmente, dopo aver preso un profondo respiro.

<< Non credo ci sia molto di cui dobbiamo parlare, Blake. >>
La risposta di Levyathan non si fece attendere.
Le sue parole non mi colsero alla sprovvista.

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