Capitolo 10-3: Ancora

8 1 0
                                    

<< Mamma, dobbiamo andare via di nuovo? >>

<< Non preoccuparti, piccolina, seguiamo papà perché altrimenti si sentirebbe solo... >>

<< Ma io mi sento sola... Perché non possiamo tornare a casa? >>

<< Ci sono persone cattive, Diana. >>

<< Papà è forte, possiamo mandarle via! Posso aiutarlo anche io! >>

<< Hai ragione, ma fortunatamente non serve arrivare a tanto.. >>

<< Vi prego... Vi darò tutto quello che mi avete chiesto, però lasciateci in pace! Abbiamo a malapena il necessario per vivere! >>

<< Uh-Uh! Ci sono delle regole, e tu le hai infrante. E quando si rompono le regole, si viene puniti. >>

<< Ti prego, no! >>

<< Mamma! >>

Mi svegliai di scatto, sudando e tremando, respirando affannosamente.
Stavo piangendo.

Mi guardai ben presto intorno: nonostante avessi la vista appannata, capii subito di trovarmi all'interno di una cella.
Era lercia. Sentivo un odore orribile inebriarmi le narici.
Provai a muovermi ma non ci riuscii: ero bloccata.

Abbassai lo sguardo, cercando di capire cosa mi stesse bloccando: ero legata a uno strano tavolo metallico, all'interno di quella lurida cella.

Cominciai a dimenarmi istericamente, provando a far cedere i legacci che mi tenevano bloccata, inutilmente.
Tentai anche di usare la mia abilità... Anche questo fu inutile.

< Non funziona?! >
Pensai, stupendomi, capendo che, per qualche motivo, non riuscivo a materializzare le mie fiamme.

<< Oh, guarda chi si è svegliata! >>
Sentii dire da una voce dall'altro lato della cella.

Mi voltai non appena sentii quella voce a me aliena, cercando di riconoscerla.

Era ovviamente un soldato: indossava una armatura, senza elmo e spallacci. Non lo avevo mai visto prima in vita mia.
Si mosse lentamente verso di me, divertito.

<< E' inutile anche solo provare a liberarti, non riuscirai a spezzarli. >>
Mi disse.

<< Hai tre secondi per liberarmi, altrimenti ti riduco in un cumulo di cenere, capito? >>
Lo minacciai, furiosa, continuando a dimenarmi.

<< Come no. >>
Mi rispose, dandomi le spalle e ridendo.

<< Figlio di... Liberami ora! >>
Urlai, frustrata dal fatto che non potessi neanche usare la mia abilità, continuando ad agitarmi istericamente.

<< Andiamo... Se vuoi che qualcuno ti faccia un favore non è quello il modo di domandare. >>
Mi rispose, voltandosi di nuovo verso di me e muovendosi nella mia direzione lentamente.

Quel suo sguardo lo conoscevo... L'avevo già visto... Non mi era nuovo.

Cominciai a digrignare i denti sempre più forte a ogni suo passo.

Non appena mi arrivò a fianco cominciò a fissarmi intensamente, in silenzio, con un ghigno divertito in volto.

Cominciò a toccarmi una guancia con un dito.
Lo sputai in volto.

Fece un verso sorpreso e divertito.

Ero disgustata, furiosa... Solamente pensare che fosse un bastardo come loro...
Volevo ammazzarlo con le mie stesse mani.

ArcadiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora