Capitolo 9-8: Fortuna

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Non ci pensai nemmeno, in quel momento...

Sono... Stata egoista?
Non appena Rudra disse quelle parole, la mia reazione fu quasi istantanea.

Ero preoccupata e incuriosita dalle parole di Rudra, non mentirò.
Volevo saperne di più, volevo sapere di cosa stessero parlando. Ma sapevo anche di non avere il tempo per farlo... Qualunque cosa stessero dicendo non aveva importanza: non c'era tempo per quello. 
Mi feci forza per seppellire la mia curiosità e andare avanti.


Credevo che... L'unica persona in grado di aggiustare le cose, fossi io. Non c'era nessuna possibilità che Yuu avrebbe cercato un modo per risolvere la situazione pacificamente con Levyathan, ne ero convinta.

Non appena Rudra mi fece quella domanda, mi voltai rapidamente e... Cominciai a correre.
Dovevo aiutarlo. Non potevo abbandonarlo... Mi sentivo ancora in debito con lui: dovevo aiutarlo proprio come lui aveva fatto con me... Fino a quel momento ero semplicemente rimasta in silenzio a guardare, dalle retrovie, aspettando che qualcosa cambiasse.

Non potevo continuare a farlo, dovevo fare qualcosa!
Tutte quelle persone che avevo incontrato nella fazione di Evans, non volevo vederle soffrire.


Quindi diedi le spalle a Bea e Sera e cominciai a correre... Non mi voltai nemmeno quando le sentii urlare il mio nome, chiedendomi di fermarmi.

Bea non mi seguì: credo di aver sentito Rudra fermarla.


Continuai a correre, sorridendo.
Ero sicura che avrei potuto fare qualcosa per migliorare la situazione: ero convinta del fatto che Levyathan non fosse il mostro che tutti pensavano.

Sapevo che potevo parlare con lui, provare a risolvere la situazione pacificamente... Qualcosa che Yuu non avrebbe mai fatto, non con lui.

Seguii quei corridoi silenziosi, vuoti, dirigendomi il più velocemente possibile verso Yuu, il quale era probabilmente ancora all'entrata insieme a Levyathan.

Non appena voltai un angolo... Mi bloccai improvvisamente.


Non mentirò... Ero spaventata. 

Sentii il fiato mancare, non appena capii cosa avevo davanti.
Era un grosso gruppo di militari: non appena mi notarono mi puntarono le loro armi contro.

Alcuni erano armati di spade, scudi, altri invece di pistole, fucili.


<< Ferma dove sei! >>
Esclamò uno di loro, non appena provai a fare un passo all'indietro.
Seguii il suo ordine, sollevando le mani in aria nel tentativo di far capire loro che non fossi un pericolo.

Quell'uomo continuò a fissarmi con uno sguardo cupo, puntandomi contro la canna del suo fucile... 
Poi un secondo uomo gli diede una pacca sulla spalla, attirando la sua attenzione.


<< Generale? >>
Domandò, sorpreso.

<< Abbassa la tua arma, soldato. >>
Ordinò all'uomo, voltandosi poi verso il resto del gruppo.

<< Muovetevi, abbiamo un lavoro da fare. >>
Disse, per poi voltarsi lentamente verso di me.
Mi guardò in silenzio per qualche istante, con una espressione seria.

<< Me ne occupo io. >>
Aggiunse poco dopo, con un tono cupo.


I soldati seguirono rapidamente i suoi ordini, senza fare domande, e cominciarono a superarmi uno a uno.

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