Capitolo 2-5: Colori

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Camminai per molto tempo. Non ho idea di quanto tempo passò, ma camminai tenendo lo sguardo davanti a me, furioso, senza mai fermarmi.
Il paesaggio era così familiare che non mi sarei mai potuto perdere in quei boschi. Alberi verdi alla mia destra, un fiumicello alla mia sinistra. Tanti fiori e cespugli, piccoli animali che si nascondevano mentre camminavo vicino a loro, il rumore delle falene e delle cicale... Uccelli che volavano nel cielo, le montagne innevate in lontananza. Conoscevo ogni singolo millimetro di quel luogo. Seguii il ruscello per qualche centinaio di metri fino ad arrivare ad un enorme lago.
Questo lago, secondo ciò che era stato tramandato al Maestro, si era formato circa seicento anni prima con l'impatto di un piccolo corpo proveniente dallo spazio sulla terra. Lasciò un enorme cratere, che con il passare del tempo si riempì d'acqua dando vita al Lago Verità. Si dice che sul fondo vi sia una pietra magica che possa far avverare ogni desiderio, ma è solo una diceria: il fondale è stato esplorato, non vi è nulla. Mi sedetti su una sponda del lago, sopra un piccolo scoglio, mentre presi dei piccoli sassolini e cominciai a lanciarli nel limpido e calmo specchio d'acqua.
Ero solito andare in quel luogo ogni volta che non ero in pace con me stesso. Il silenzio che c'era, il profumo dei fiori, mischiato a quello del lago, ogni singola cosa che vedevo e sentivo riusciva sempre a calmarmi. 
Mi distesi sull'erba verde, ammirando il cielo azzurro sopra di me.

Pensavo... A tante cose. Però più ci pensavo, e più sentivo la rabbia attanagliarmi...
Come può qualcuno essere come Jeanne? Le persone così buone non possono sopravvivere...
Come può qualcuno essere come Blake? Le persone così vengono solamente sfruttate...

... Come può qualcuno essere come me? Le persone così... Portano solo dolore e tristezza a chi sta loro intorno. Lo so... Ne sono consapevole.

<< Sono io che sbaglio?>>
Domandai a nessuno, mentre osservavo il cielo sopra di me.

Mi voltai, e notai un fiore vicino a me. I suoi petali erano bianchi. Era un fiore molto raro da trovare. Mi voltai verso di esso, e cominciai ad accarezzare i petali facendo attenzione a non strapparli.
Era davvero molto bello... Facendo più attenzione notai che i petali non erano solo bianchi, ma avevano anche delle striature di vario colore, fini, che non si notavano se non si guardava da vicino.

<< Tanti colori su uno sfondo bianco...>>
Dissi.
Per qualche motivo, quella frase mi fece rattristare.
Continuai ad accarezzare uno dei petali del fiore.


~ Per quale motivo continui ad osservare quel fiore così intensamente, Yuu? ~
Mi domandò quella voce, rompendo il silenzio intorno a me.

<< Non ne ho idea.>>
Risposi, tornando ad osservare il cielo.


Passarono dei minuti che sembravano interminabili, per mia fortuna, prima di sentire una voce a me familiare.

<< Yuu.>>
Disse una voce maschile, adulta.
La conoscevo.

Mi alzai, per poi voltarmi verso quella persona.

<< Maestro.>>
Risposi, senza aggiungere altro.
Ci guardammo in silenzio per qualche secondo: sapevamo entrambi cosa avrebbe detto l'altro. 

<< E' venuto per punirmi, Maestro?>>
Domandai, senza muovermi di un millimetro.

<< Ho parlato con Blake. Mi ha chiesto di non punirti, ma purtroppo non posso ignorare che tu abbia provato ad uccidere un uomo. E' vero? Hai veramente provato a farlo?>>
Mi rispose. Il suo sguardo non era gentile: era autoritario.

<< Ha importanza quali siano state le mie intenzioni?>>
Gli domandai, dubbioso.

<< Si. Ha importanza sia per me che, specialmente, per te. >>
Mi rispose rapidamente, avvicinandosi a me.

<< Volevo ucciderlo. Ma non lo ho fatto.>>
Fu la risposta che gli diedi.
Il Maestro chiuse le palpebre, pensieroso.

<< Ti sei fermato o ti hanno fermato?>>
Mi domandò poco dopo, guardandomi dritto negli occhi.

<< Mi hanno fermato.>>
Furono le parole che gli risposi.
Il mio Maestro strinse i pugni, e fece un profondo sospiro.

<< Non è ciò che ti ho insegnato, Yuushi Hikari.>>
Le sue parole non erano esattamente un rimprovero... Sembrava quasi fosse addolorato.
Non potevo dargli torto: era stato lui ad insegnarci come usare i nostri poteri... Come usarli evitando di spargere sangue inutilmente.

<< Non mi guardi con quegli occhi, la prego, Maestro.>>
Gli risposi.

<< Cosa vorresti dire?>>
Mi domandò il Maestro, confuso.

<< Sono gli stessi occhi di quel giorno. Compassione. Dolore. Tristezza. >>
Gli risposi, infastidito.

<< Mostrare questi sentimenti non significa essere deboli. Piangere quando si è soli, tristi, significa essere umani. Provare dolore, provare felicità, provare tristezza o compassione. Non importa quale sia il sentimento che tu provi, ti fa capire che sei ancora umano. Quando non proverai più questi sentimenti, tristi o belli che siano, devi cominciare ad avere paura... Paura di aver perso la tua umanità, Yuu. Non cadere nella strada sbagliata: piangi quando sei triste. Ridi quando sei felice. Odia quando sei arrabbiato, e perdona quando chi hai davanti è in difficoltà.>> 
Le sue parole... Erano così giuste, talmente tanto... Che non riuscivo a capirle. Non potevo capirlo... Mi ero già sentito così... Insicuro.

<< Sono così confuso... Come puoi essere così? Quel giorno, quelle persone hanno ucciso quella ragazzina davanti ai tuoi occhi... Tua figlia. E tu non hai fatto niente. Li hai guardati, con occhi pieni di dolore... Ma li hai perdonati. Perché? Perché?! Come hai potuto?! Non hai provato nulla?! Non hai davvero provato niente abbracciando il corpo privo di vita di tua figlia, mentre quei mostri ti continuavano a lanciare le pietre addosso?! >>
Urlai: diedi colpi nel terreno, lo indicai. Ero furioso. Non riuscivo a capacitarmi di come qualcuno potesse perdonare un tale atto verso una persona così importante della loro vita... Non riuscivo a capirlo.
Quel giorno, quando lui venne scoperto... Le persone iniziarono a tirare pietre nella sua casa. 
Sua moglie, sua madre e sua figlia erano all'interno.

Quelle persone irruppero nella loro casa, sfondando la porta, minacciandoli. Non conosco tutti i dettagli, ma nel giro di qualche minuto, vedendo che i suoi familiari continuavano a proteggerlo... Hanno fatto la stessa fine di quella ragazzina.

Lui non li odiava. Non voleva vendicarsi. 
Non riuscivo a capirlo.

<< Odiare quelle persone sarebbe stato facile. Vendicarsi, lo sarebbe stato ancora di più.>>
Mi disse, avvicinandomi a me e porgendomi una mano.
La colpii e mi allontanai.

<< Non puoi perdonare gli assassini della tua famiglia! Non hai provato davvero nulla?!>>
Urlai, furioso.

<< Ti sbagli. Ho sofferto... Molto.>>
Rispose, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni.
Rimasi stupito.

Il Maestro alzò lo sguardo, osservando il cielo, mentre notai che i suoi occhi divennero lucidi.

<< Ho sofferto così tanto che volevo morire. Ero furioso, li odiavo.Li volevo uccidere.>>
Aggiunse. Notai che strinse un pugno così forte da ferirsi da solo.

Un grosso sorriso, gentile, apparve nel suo volto pochi secondi dopo. Abbassò lo sguardo, e mi guardò dritto negli occhi.

<< Ma ho pensato che anche quelle persone avevano delle famiglie. Anche le loro famiglie avrebbero sofferto come me, se avessi ucciso quelle persone. L'odio, la vendetta... Generano solo altro odio e altra vendetta. Anche se li avessi uccisi, mia figlia, mia madre e mia moglie non sarebbero tornate in vita. Loro non avrebbero voluto vedermi vittima del rancore e della rabbia. Vendicarsi è facile... La difficoltà sta nell'andare avanti, nel perdonare chi ti fa un torto. Non è facile, è doloroso. E' difficile, è straziante. A volte vorresti abbandonare tutto e ridurre in cenere ogni cosa che è intorno a te. Ma se lo avessi fatto, cosa ne avrei ottenuto? Avrei tratto piacere dal togliere la vita a qualcuno? No, di sicuro no. Avrei solo fatto alzare ancora più odio verso le persone come noi. Quel giorno vidi alcune di quelle persone tra la folla che, notando la mia reazione, cominciarono a dubitare. Se li avessi uccisi forse non avrei mai creato la nostra comunità... Forse non vi avrei mai accolti, e ora sareste morti... O peggio. Avreste ucciso qualcuno. >>
Non fui in grado di rispondere alle sue parole. Abbassai lo sguardo, ancora confuso... Non so se io sarei stato in grado di fare le sue stesse scelte.

Il Maestro si avvicinò a me, appoggiandomi una mano nella spalla.

<< Hai persone che vuoi proteggere. Blake, Mirajane, Jeanne e tutti coloro che sono nella nostra comunità. Non distruggere la tua vita... Se lo facessi, distruggeresti anche la loro.>>
Mi disse, sorridendo.

Mi voltai, osservando il fiore che fino a poco prima avevo accarezzato.

Piccolo... Debole... Indifeso... Bianco, ma con cromature diverse nei suoi petali.
Non lo realizzai, in quel momento....
Il motivo per cui quel fiore aveva attirato la mia attenzione, era perché mi ricordava qualcuno:

Quella persona era piccola, debole e indifesa... Aveva lunghi capelli bianchi, ma il suo carattere si macchiava spesso di colori diversi...
Avevamo un colore in comune.
Quella persona, alla fine, aveva due colori predominanti:

Bianco....
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.
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.... E rosso.
Quello, era il mio colore.


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Fine capitolo 2-5, alla prossima con l'inizio del volume 3!

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