Il Natale è uno dei pochi ricordi felici legati al Quartiere che mi sono rimasti.
Quello del 1988 mi restò particolarmente impresso: due giorni prima, il 23 dicembre, papa Giovanni Paolo II aveva invitato il politico palestinese Yasser Afarat.
Quando Laura mi spiegò che la Palestina si trovava nel Vicino Oriente, io le chiesi se negli altri paesi del mondo Babbo Natale fosse diverso da come ce lo immaginavamo noi in Italia.
Lei assunse l'espressione di chi stava per fare una rivelazione grandiosa.
《Babbo Natale è diverso a seconda del paese. Per gli arabi ha il turbante, per i giapponesi il kimono, per gli australiani il costume da bagno》mi rispose.
《E tu come lo sai?》le domandai allora.
《L'abbiamo letto Antonio e io in un libro sui paesi del mondo alla biblioteca della scuola》mi raccontò.
Passavano molto tempo sui libri.
《Troppo》sosteneva nostro padre.
《Gli si sciuperanno gli occhi a forza di leggere》gli dava manforte la madre di Antonio, durante la sua pausa caffè al bar.
Si sarebbero dovuti sposare loro due. Con lui, la signora Leonardi sarebbe andata molto più d'accordo che col marito.***
Ottavio Leonardi era figlio di migranti palermitani, ed era nato e cresciuto nel Quartiere, dove i genitori avevano aperto un'edicola, dopo tanti sacrifici.
Era l'opposto di mio padre: gentile e sensibile, desiderava per Antonio e Claudio una vita meno mediocre della sua; usuraio senza convinzione, odiava spennare la gente, ma lo faceva per non farsi insultare troppo da sua moglie.
La signora Rosa era austera e magra, dai tratti somatici più chiari rispetto a quelli del marito.
Era lei la vera usuraia, e girava sempre con un libretto rosso su cui segnava i nomi dei debitori e quanto le dovevano.
Passava il tempo a disprezzare Ottavio, dandogli del fallito e del senza palle davanti ai figli, che invitava caldamente a non diventare come quel "fesso" del loro padre; in particolare era il tempo passato da Antonio sui libri a preoccuparla, temeva che così diventasse un molle anche lui.
Ottavio, dal canto suo, la lasciava fare, ormai era talmente abituato alle sue lamentele, che fingeva di non sentire; si augurava tuttavia che Antonio e Claudio si liberassero presto dal suo giogo.***
Ma a Natale, si sa, tutti si sforzano di essere più buoni.
Per quindici giorni un'aria di tregua avvolgeva il Quartiere: di tregua, non di pace; lo scannatoio sarebbe ricominciato subito dopo le feste.
La scuola chiudeva intorno al 21 dicembre: le maestre ci assegnavano i compiti per le vacanze sicure che non li avremmo mai svolti, a parte alcune eccezioni.
Da quel giorno fino al 24 stavamo sempre a giocare dentro casa e fuori, a fare gli auguri ai parenti per telefono, a scrivere bigliettini e a immaginare i regali che Babbo Natale ci avrebbe portato dopo aver letto le nostre letterine: l'anno prima Laura era riuscita a farsi portare un telescopio per evitare di arrivare impreparata la prossima volta che fosse passata la Cometa di Halley; quell'anno invece desiderava ardentemente un atlante, voleva sapere tutti i segreti degli altri paesi del mondo.
《Così ci faremo un'idea di dove andare quando saremo grandi》disse ad Antonio.
《E dove andremo?》chiese lui affascinato.
《Ancora non lo so. Basta che sia lontano dal Quartiere》rispose lei.
Da bambini si dicono tante cose. Beata innocenza.***
A partire dalla Vigilia il Quartiere si riempiva di parenti: la maggior parte di loro veniva dal Meridione, oppure dall'estero.
Quelli di mio padre erano baresi, da parte di mia madre erano napoletani e si chiamavano Di Biase.
Portavano sempre un sacco di roba da mangiare, ci si poteva sfamare un intero esercito: taralli, mozzarelle di bufala, caciocavalli, provoloni, orecchiette, cime di rapa, cozze, vongole, molluschi, gamberetti, gamberoni, sgombri, scampi e caffè "vero, mica com a chilla sciacquatura 'e piatt ca tenet accà" come diceva mia nonna materna Assunta; non appena la mamma la vedeva si sincerava di nascondere i lividi che le lasciava nostro padre; ma la nonna era sveglia e se non le diceva niente era solo per quieto vivere.
Il pomeriggio del 24 le donne di casa lo passavano a cucinare pesce, come voleva la tradizione, accompagnato da fritti di ogni genere, insalata di rinforzo, frutta fresca e secca, dolci industriali e fatti a mano, caffè e ammazzacaffè.
Dopo cena giocavamo fino a quando non uscivamo per andare tutti alla messa di mezzanotte, che celebrava Don Fernando: noi bambini però ci addormentavamo quasi subito.
Non c'era bambino che arrivasse alla fine della messa senza crollare dal sonno.***
La mattina del 25 tutti i bambini dei casermoni si svegliavano per primi, per vedere i regali che aveva portato loro Babbo Natale.
Laura sollevò trionfante l'Atlante sulle curiosità e sulle tradizioni dei vari paesi del mondo.
Io invece avevo ricevuto una Barbie: mia sorella mi prese in giro per questo. Prendeva sempre in giro tutti. Era veramente una bambina cattiva.
Qualche ora dopo casa nostra tornava a riempirsi di parenti: le donne andavano in cucina a preparare il pranzo di Natale; gli uomini si radunavano sul balcone a fumare e a discutere sulla qualità e sulla potenza dei fuochi d'artificio che avrebbero utilizzato a Capodanno; noi e i nostri cugini giocavamo tra noi e cercavamo di essere il meno possibile d'impiccio.***
Non appena il pranzo era pronto ci sedevamo a tavola e davamo inizio alle danze.
Si iniziava sempre con gli antipasti: salame, uova sode, formaggi, mozzarelline, paste cresciute, frittelle e fritti di baccalà, carciofi, broccoli e mele.
Non facevamo in tempo a finire di masticare che uscivano dalla cucina i primi: si partiva dai tortellini in brodo e si arrivava alla lasagna passando per le orecchiette con le cime di rapa.
I secondi erano un'infinità: pollo arrosto e pollo ripieno, fettine panate, abbacchio, provolone affumicato, parmigiana di melanzane, peperoni imbottiti, coratella.
Seguivano i contorni, per pulirci lo stomaco: cappuccina, radicchio, carote alla julienne, patate al forno, spinaci, finocchi e l'onnipresente insalata di rinforzo, arricchita con ciò che era avanzato dalla sera prima.
Dunque arrivavamo alla frutta di stagione, in particolare arance, mandarini e melone bianco, una prelibatezza che vedevamo solo quel giorno; quella secca invece era composta da noci, mandorle, nocciole e fichi secchi.
Subito dopo c'erano i dolci: panettone, pandoro, torrone fondente, al latte e bianco, Condorelli, caramelle Rossana, panforte, struffoli, pastiera, il tutto accompagnato dal caffè napoletano.
Questo banchetto faraonico si concludeva sempre con i liquori: ammazzacaffè, limoncello, Strega, Amaro Montenegro e Lucano.
Una volta sparecchiata la tavola cominciavano i giochi di società, come la tombola, il mercante in fiera, le Carte di Uno e le immancabili Modiano, con le quali ci si poteva sbizzarrire: asso pigliatutto, rubamazzo, tresette, briscola, burraco, scopa, scopone classico e scientifico, sette e mezzo, scala quaranta, poker e bridge. Ovviamente si giocava a soldi.
A una cert'ora noi bambini ci parcheggiavamo davanti alla televisione a guardare i film natalizi, come "Miracolo sulla trentaquattresima strada", "Una poltrona per due" e "La storia infinita", uno dei primi film di genere fantasy che abbiamo visto in vita nostra, con effetti speciali che oggi fanno ridere, ma che allora ci sembravano altissima tecnologia.***
Verso sera, quando era il momento dei saluti, facevamo i capricci.
Gli adulti ci dicevano che non dovevamo frignare, che tanto ci saremmo rivisti a Pasqua.
La sera del 25 dicembre metteva in tutti noi un po' di malinconia: il Natale era passato, parte della magia era svanita.
Ci rincuorava solo il fatto che ci fossero ancora il Capodanno e l'Epifania. Le feste non erano ancora finite.
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La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]
General FictionQuesta è una storia che difficilmente può essere raccontata senza rifletterci sopra, una storia combattuta e sofferta, di menti eccelse, di luoghi problematici e d'amore. È la storia di Laura, del suo rapporto con Antonio, della sua voglia di cambi...