Siamo stati preadolescenti, e poi adolescenti, in un'epoca molto particolare. Gli anni novanta sono stati un periodo di passaggio tra il mondo della Guerra Fredda e quello che conosciamo oggi: la disgregazione dell'Unione Sovietica, il Trattato di Maastricht, le Tangenti, i Mondiali, le Olimpiadi, le stragi di Capaci e Via d'Amelio.
Ma nessuno di quegli eventi storici portava dei veri cambiamenti all'interno dell'universo statico e immutabile del Quartiere; ogni popolo unito, carta firmata, mazzetta pagata, medaglia vinta, gol segnato e morto ammazzato generava un po' di stupore collettivo, qualche commento e poi basta: la vita continuava come sempre, come se nulla fosse accaduto.***
Nel settembre del 1990 in Europa arrivò il Game Boy, che rivoluzionò il nostro modo di giocare e portò una ventata di maschilismo nel nostro gruppo: i ragazzi cominciarono a dire che quel dispositivo elettronico non era roba per femmine.
《E chi l'ha detto?》fece mia sorella, che a tutto questo non ci stava.
《Lo dico io》ribattè Italo Bianchi.
《Questo lo vedremo》replicò lei.
《Allora sfidiamo voi femmine ad una partita a Super Mario Bros, e se vinciamo noi ve ne tornate a giocare con le bambole nel momento in cui verrete sconfitte!》la schernì lui.
《Se invece vinciamo noi non voglio poi sentire che il Game Boy non è roba per femmine》sottolineo Laura.
Nessuno dei maschi teneva in conto una possibile sconfitta. L'unico fu Antonio: quando l'altra metà di lui si metteva in testa qualcosa, arrivava sempre a raggiungere il suo obiettivo.***
Laura costrinse me, Sara, sua sorella minore Livia e Anna ad allenarci al videogioco di Super Mario Bros tutte le volte che potevamo.
《Dobbiamo fargli mangiare la polvere, anzi i circuiti, a questi stronzetti!》ci incitava.
Anche Antonio, Italo, Enrico, Manuel, Giovanni, Claudio e Francesco si allenavano giorno e notte con l'intenzione di stracciarci.
Vincemmo con poche mosse, e i ragazzi furono obbligati ad ammettere che il Game Boy fosse un gioco per tutti, come dimostrammo loro, qualche anno prima, con il calcio.***
E poi la mattina del 6 febbraio 1991 ci svegliò il silenzio.
Di solito a darci il buongiorno erano i rumori infiniti e distinti del Quartiere, dagli insulti agli oggetti rotti ai petardi: in quel momento però sembrava davvero che tutti i suoni fossero spariti.
Corsi in camera di Laura, anche lei si era svegliata per lo stesso motivo.
《Ci sono due possibilità: o sono morti tutti, o nevica》ipotizzò lei.
La neve a Roma era un evento raro, ma ero troppo piccola per accorgermi delle volte in cui era caduta: avevo tre anni quando arrivò nel 1985, quattro quando tornò nel 1986.
Quindi per me sarebbe stata effettivamente la prima neve della mia vita.
Aprimmo le finestre della camera di Laura e lo spettacolo che ci apparve davanti ci lasciò a bocca aperta; il Quartiere era sparito: spariti i casermoni, i vicoli, la chiesa, la piazza principale.
Era come se quella spessa coltre bianca avesse cancellato la realtà e ci stesse dando la possibilità di ricostruirla daccapo, in un altro modo: senza omicidi, senza percosse, senza tossici.
Ovviamente non era possibile, ma da bambini ci creiamo delle aspettative, ci nutriamo di illusioni. E ci va bene così, ce le facciamo bastare.***
Dopo colazione ci vestimmo e passammo tutto il giorno fuori casa: la scuola era chiusa per neve, le maestre dell'asilo e delle elementari e i professori delle medie vennero anche loro a giocare come se fossero tornati indietro nel tempo.
Facemmo partite a palle di neve, pupazzi con tanto di bottoni e carote, igloo e castelli.
La neve rimase per diversi giorni, e quando si sciolse fummo davvero tristi. La coltre bianca andò via e tornò il Quartiere.
È sempre un trauma quando i bambini vedono le loro aspettative polverizzarsi. I bambini non dovrebbero mai subire traumi.
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La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]
General FictionQuesta è una storia che difficilmente può essere raccontata senza rifletterci sopra, una storia combattuta e sofferta, di menti eccelse, di luoghi problematici e d'amore. È la storia di Laura, del suo rapporto con Antonio, della sua voglia di cambi...