Nel 2000 venne formulato per la prima volta il concetto di globalizzazione.
Non che non fosse già presente questa realtà, a Roma in generale e nel Quartiere in particolare: stipata nei casermoni c'era gente di tutti i colori, che sbraitava e si lamentava in lingue diverse ma esprimeva in sostanza lo stesso disagio.
Solo che c'era da sempre una sorta di gerarchia: gli italiani in alto, come titolari di attività e negozi, o come capi delle piazze di spaccio; gli stranieri - o extracomunitari, come venivano chiamati dopo la formazione dell'UE - in basso, a fare da manovalanza, o a vendere cianfrusaglie, dai calzini ai braccialetti della fortuna.
Quando cominciarono anche loro ad aprire ristoranti, bar, lavanderie, negozi di articoli per la casa, per di più praticando prezzi stracciati, gli abitanti del Quartiere si indignarono, cercarono di sabotargli le attività e si andarono a scontrare con quelli che invece li difendevano.
Non si trattava propriamente di razzismo: in fondo eravamo tutti più o meno sfigati, ma quando la convivenza è già difficile tra connazionali, figuriamoci quando la comunità diventa multietnica.***
Intanto l'intesa tra Laura e Davide aumentava, si tramutava in qualcosa di più importante, solo che a questo meccanismo mia sorella reagiva in modo piuttosto strano: invece di essere felice, di godersi appieno questo sentimento nascente, era scontrosa, agitata, perennemente coi nervi a fior di pelle.
Cominciai a pensare che lei, la quale aveva sempre avuto un'altissima opinione di sé, all'improvviso si sentisse inadeguata, completamente inadatta al suo agiato corteggiatore; ne ebbi la certezza quando mi raccontò che l'aveva baciata sul bordo della fontana di fronte alla Facoltà di Giurisprudenza, al centro della Città Universitaria.
《Mi vuole presentare ai suoi》mi confidò.
《Beh, non è meraviglioso?》domandai.
《Meraviglioso? I genitori di Davide sono gente ricca, loro e il resto dei fratelli si schiereranno come un plotone di esecuzione e mi spareranno addosso ad ogni mossa sbagliata che farò...》si lamentò.
《E a te da quando importa dei giudizi della gente?》le ricordai.
Appena dissi quella frase mi guardò male, i suoi occhi grandi desiderosi di incenerirmi all'istante.
《A me non me ne frega un cazzo dei giudizi della gente, lo sai meglio di me. Anzi, lo sai che ti dico? Che non vedo l'ora di andarci, a casa di Davide!》saltò su con uno scatto d'orgoglio.***
Fu così che quella domenica mia sorella si ritrovò mano nella mano con Davide davanti a Villa Cohen.
《Andrà tutto bene...》le sussurrò all'orecchio lui, prima che venissero annunciati dal maggiordomo.
Laura aveva già visto l'interno della villa a Capodanno, ma l'atmosfera di allora era decisamente più distesa.
La famiglia di Davide li attendeva nel salone, e quando vide i presenti in faccia ad uno ad uno, capì perché quel ragazzo era venuto su così bello: avevano tutti quanti i capelli neri e gli occhi azzurri, un contrasto veramente incantevole.
《Mamma, papà, fratelli e sorelle, lei è Laura Martini!》esordì il giovane.
《Buongiorno a tutti, sono veramente contenta di conoscervi. Davide mi ha parlato così tanto di voi...》fece lei, cercando di far trasparire la massima sicurezza dal tono della sua voce.
《Anche a noi di te, del tuo talento e della tua media stratosferica del trenta e lode!》esclamò la signora Miriam, che dall'espressione pareva contenta che il figlio maggiore non avesse portato dentro casa un'oca.
《Ma venite in soggiorno, abbiamo fatto preparare un pranzo da leccarsi i baffi apposta per l'occasione...》si aggiunse il signor Osvaldo, guidandoli nella stanza accanto, dalle tenui tonalità celesti che contrastavano con quelle verdi brillanti dell'ingresso.
A completare il quadretto familiare c'erano i fratelli minori di Davide: la diciottenne Ester, il diciassettenne Giampiero e la quindicenne Alba.
Contrariamente alle sue visioni apocalittiche sull'andamento della giornata, Laura si trovò benissimo con i Cohen: parlavano di libri, di film, di opere teatrali, di storia, economia e politica; Davide le fece vedere l'immensa biblioteca che avevano nello studio, e lei giurò che li avrebbe letti tutti.
Tornò a casa entusiasta, e la sera, prima di andare a dormire, mi fece una confidenza.
《Sono belli, Vale. Praticamente la famiglia del Mulino Bianco. Non ho mai visto tanto amore in un matrimonio, né tanto dialogo tra genitori e figli》ammise.
《Questo perché per noi è fantascienza, un clima simile》le ricordai.
《Appunto per questo sono terrorizzata all'idea di portarlo nel Quartiere, e di presentarlo a mamma e papà. Magari comincia a pensare che non mi merito il piedistallo su cui mi ha messa》confessò.
《Che cazzata, scusa se te lo dico. Davide è una persona aperta e intelligente, quelli come lui non si disamorano per tanto poco》la rassicurai.***
Ero io che invece mi stavo disamorando nei confronti di Flavio. Il nostro fidanzamento non si reggeva su una vera e propria convinzione, ma tutto sommato andava avanti, e mi era andata bene così fino a quando non avevo cominciato a vedere Laura insieme a Davide: vederli così felici e affiatati e fare il paragone con me e Flavio mi portava a diminuire, giorno dopo giorno, la stima che riponevo in quest'ultimo; da quando aveva cominciato l'università - alla fine aveva scelto Archeologia, come sognava ai tempi del liceo - mi appariva finalmente per ciò che era: l'elegante involucro di un'anima vuota, che si vantava di avere una sensibilità intellettuale e poi l'unica cosa che sapeva fare era passare da una serata all'altra, circondato da amici con ancora meno obiettivi di lui. Non so come un giorno trovai il coraggio di lasciarlo.
《Non possiamo continuare così》esordii.
《Così come?》domandò lui.
《La nostra relazione si tiene su con la colla a caldo. Pensavo che col tempo ci saremmo evoluti, e invece abbiamo fatto un'involuzione》continuai.
《Che vuoi dire con questo?》chiese.
《Da quando hai cominciato l'università ti diverti troppo. Stai sempre con quel sorriso snervante stampato in faccia, come se il mondo fosse tutto uno scherzo misterioso che riesci a vedere solo tu. Sembri scemo》risposi. Le parole mi venivano naturali, con la stessa sfrontatezza che di solito aveva mia sorella.
《Ho vent'anni, Vale, avrò anche diritto a un po' di leggerezza!》replicò Flavio, offeso ma anche stupito del mio improvviso scoppio di personalità.
《Non è l'età il punto. La tua non è leggerezza. Sei proprio vuoto dentro. Non è colpa tua, è semplicemente la tua natura, contro la quale non puoi combattere. Mi dispiace》feci.
《A me no, anzi, mi liberi. Sapessi quanto mi deprimeva, ogni volta, vedere quella tua faccia apatica con cui mi venivi incontro, come se non fossi il tuo ragazzo ma un estraneo!》sbottò lui.
Neanche a me dispiaceva, in realtà. Anzi, mi sentivo più leggera: avevo quasi diciotto anni, e non potevo vivere accontentandomi.
A diciotto anni vuoi vivere appieno le emozioni, giochi al tutto o niente, non ti accontenti delle cose a metà.
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La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]
General FictionQuesta è una storia che difficilmente può essere raccontata senza rifletterci sopra, una storia combattuta e sofferta, di menti eccelse, di luoghi problematici e d'amore. È la storia di Laura, del suo rapporto con Antonio, della sua voglia di cambi...