Capitolo 12

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L'erba, prima o poi, abbiamo cominciato a fumarla tutti, nel Quartiere, perfino quelli come Laura e Antonio, che si credevano tanto diversi.
Ci rifornivamo da Tito De Angelis detto Chicano, spacciatore quarantenne che abitava nel nostro palazzo, un fricchettone rimasto fermo agli anni settanta: se ne andava in giro in moto, con gli occhiali da sole a goccia e la bandana in testa, la giacca di pelle con le frange, i jeans a zampa d'elefante e i boots, un paio di stivali da cowboy.
Italo Bianchi e Francesco Santini, seguiti tempo dopo da Manuel Baschetti, bazzicavano spesso casa sua: oltre che a fumare la sua roba, avevano cominciato a spacciare per suo conto e lo chiamavano "maestro".
Laura invece lo disprezzava: per lei era solo uno spacciatore di periferia, non aveva né le palle né l'ambizione per diventare un criminale vero; infatti secondo mia sorella, se qualcuno non era un martire del bene o un genio del male, non meritava alcuna considerazione.
Era una che non conosceva mezze misure.
L'importante era che Chicano assolvesse il suo compito, ossia che ci consegnasse la mercanzia; avevamo bisogno di stordirci un po' per dimenticare le brutture che ci circondavano, nel Quartiere e fuori.
Il 1993 fu un anno ancora più teso del 1992; quello che accadde ci fece sentire ogni giorno meno al sicuro, ogni istante più in balìa degli eventi.
Per questo abbiamo cominciato a fumare l'erba di Chicano: credevamo fosse un anestetico contro il dolore.

***

Alla metà di gennaio arrestarono Totò Riina, capomafia e boss dei corleonesi, nonché mandante degli omicidi di Falcone e Borsellino; nello stesso giorno a Laura vennero le mestruazioni per la prima volta.
Aveva avuto dei dolori dalla mattina, ma non pensava ad una simile eventualità: sapeva cosa fosse il ciclo e sapeva di avere l'età giusta per averlo, ma non immaginava che le sarebbe arrivato proprio quel 15 gennaio del 1993.
D'altra parte erano tutti troppo impegnati a parlare dell'arresto di Riina, adulti e ragazzi, alunni e professori; Laura però era troppo fuori forma per dire la sua, e questo risultò strano sia a me che ad Antonio.
Di solito quei due erano una cosa sola, ma quella mattina sembravano proprio divisi: lei era diversa, stava male.
Un dubbio atroce la tormentò per tutto il tragitto verso casa; quando arrivammo, si chiuse in bagno, si tirò giù le mutande e vide delle grosse macchie di sangue che la fecero sobbalzare sulla tazza del cesso.
Se le sfilò velocemente e corse verso il lavandino, dove le mise sotto il getto dell'acqua e cominciò a strofinare col sapone sperando di toglierle.
Mia madre entrò e lei, appena la vide, trasalì.
《Mettile in lavatrice, ora te ne vado a prendere un paio nuovo, tu però dovrai metterci questi》le disse, consegnandole un pacchetto di assorbenti. Poi uscì e tornò subito dopo con un altro paio di mutande. Successivamente si inginocchiò e fece vedere alla figlia come si metteva l'assorbente.
《Da adesso in poi dovrai stare attenta, soprattutto ad Antonio》aggiunse poi, lasciandola sola.
Mia sorella passò tre giorni a contorcersi dai dolori; gli insegnanti non considerarono strana quella sua assenza, a diverse alunne erano venute le mestruazioni quell'anno ed erano rimaste a casa per lo stesso motivo.
Antonio venne a trovarla durante la convalescenza e lei, non appena se lo trovò davanti, lo guardò strano.
《Ma è vero che ti sono venute quelle cose?》le domandò lui.
《Sì, e allora?》fece lei.
《E allora sono venuto a chiederti come stavi》si giustificò l'uno.
《Mia mamma mi ha detto che le donne non andrebbero stuzzicate quando hanno le loro cose》ribattè l'altra.
《Ma tua madre è sempre stuzzicata da tuo padre, e alla mia non si può dire niente anche quando non ha le sue cose》osservò il primo.
《Già, ma noi non siamo come i nostri genitori》replicò la seconda.

                                  ***

Qualche mese dopo, tra maggio e luglio, cominciarono ad esplodere bombe in tutta Italia: a Firenze, a Milano, perfino da noi a Roma ne furono piazzate e attivate talmente tante che sembrava la guerra dei botti a Capodanno, sulle terrazze dei casermoni.
A scuola e in televisione dicevano che era la mafia: il corleonese Leoluca Bagarella e gli altri boss, dopo l'arresto di Riina, stavano mandando allo Stato degli avvertimenti con i quali dimostravano di non voler cedere di un millimetro.
L'atteggiamento degli adulti, al sentir parlare di questo argomento, era ambivalente: da una parte avevano dato delle buonanime ai magistrati uccisi, ma dall'altra sostenevano fermamente che lo Stato non poteva farci niente, che la malavita ci sarebbe sempre stata; la cosa li toccava da vicino perché la maggior parte degli abitanti del Quartiere erano delinquenti quanto mafiosi e camorristi.
Con la storia delle esplosioni divennero iperprotettivi con noi ragazzi, avevano paura che passassimo troppo tempo fuori, figuriamoci se avessimo varcato i confini del Quartiere: ma all'epoca non ne avevamo molta occasione.
Fu in quel periodo che i più grandi cominciarono a fumare l'erba che compravano da Chicano, seguiti qualche tempo dopo anche da noi più piccoli; con gli adulti facevamo finta di niente, ma sono sicura che non fossero stupidi, che si accorgessero della puzza proveniente dai nostri vestiti: non dicevano niente, lo consideravano normale.
Mia sorella mi fece provare una canna per la prima volta a Ognissanti, mentre nel cuore dell'Europa veniva firmato il Trattato di Maastricht.
Aveva un gusto strano, ma lei mi disse che ci avrei fatto l'abitudine.
Fumammo in onore di quella giovane Europa fragile, che faticava a camminare con le proprie gambe.

                                ***

Iniziando a farmi le canne ho capito la differenza tra chi si droga per ammazzare il tempo e chi lo fa per necessità poiché non può proprio più farne a meno.
Mi apparve chiara e nitida il 2 dicembre del 1993, quando venne ucciso il narcotrafficante colombiano Pablo Emilio Escobar; chiunque sarebbe stato soddisfatto dell'idea che il mondo si fosse liberato di un simile soggetto, ma non nel Quartiere: lì fu praticamente lutto nazionale.
Stavo rientrando a casa, quando, mentre salivo le scale, sentii un canto provenire da dietro la porta dell'appartamento di Chicano: erano quest'ultimo, Italo, Francesco, Manuel e la fidanzata di Chicano; si chiamava Luisa ed era una cubista venezuelana innamorata del suo uomo a tal punto che volevano sposarsi.
Cantavano "La Bayamesa", l'inno cubano scritto durante la rivoluzione di Castro e Guevara.
In particolare nominavano quest'ultimo, accostavano il suo ricordo a quello dell'appena morto Escobar. La cosa mi fece impressione. Povero Che, paragonato ad un narcotrafficante.
All'improvviso sentii dei passi dietro di me. Mi voltai: era Enrico Baschetti.
《Valeria!》esclamò, accorgendosi di me. Arrossii: aveva quattordici anni ed era bello; ogni volta che passava sulle scale lo spiavo da dietro la porta, ma ero troppo timida per dirgli quanto mi piacesse.
《Enrico! Come mai qui?》mi affrettai a rispondere.
《Sono venuto a raccattare quel coglione di Manuel, che come al solito è qui a perdere tempo...》sospirò lui.
《Io invece stavo rientrando》replicai.
《Credo proprio che chiederò a tua sorella una mano per quello scapestrato, altrimenti a giugno la terza media non se la piglia》mi confessò. Era abbastanza preoccupato per suo fratello; stava prendendo una brutta piega e a casa non potevano seguirlo, tra la malattia del padre e Anna e Matteo ancora piccoli.
Lui aveva trovato lavoro da un anno e presto anche Manuel avrebbe dovuto contribuire al mantenimento della famiglia, ma con un lavoro onesto, non con lo spaccio. O almeno così sperava Enrico.
Io avevo i miei dubbi, ma in quel momento non gli dissi niente.
《Ne parlerò a Laura》risposi invece.
《Grazie》fece lui, suonando a lungo il citofono dell'appartamento di Chicano. Io lo salutai e sgattaiolai su per le scale. Presto si sarebbe scatenato l'inferno: Enrico avrebbe ricordato a Manuel di essere una piaga e quest'ultimo, completamente fatto, lo avrebbe mandato a fanculo come minimo.
Ma a me in quel momento non importava: il ragazzo che amavo aveva parlato con me da solo; volevo raccontarlo assolutamente a Laura.

La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora