Capitolo 69

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Il processo all'ingegner Alfonso Della Valle e all'avvocato Giorgio Amati cominciò il giorno successivo: vennero elencati tutti i crimini commessi dagli imputati, dallo spaccio di droga alla latitanza, dalle frodi alla connivenza con Ruggero Di Maggio; insieme a loro vennero processati tutti quelli che avevano fatto parte della macchina di morte che aveva portato allo scontro finale dei due boss - Mimmo e Saro, i capi di Anja Ivanova e Corrado Bruni; Rocco Piaggi e le sue guardie del corpo Luca Esposito e Andrea Licata; Ezio De Marinis, il cuoco della villa-bunker di Italo Bianchi; Enrico e Anna Baschetti, a cui vennero dati solo gli arresti domiciliari.
I testimoni fummo io, Antonio, Adele, Alberto e Ilaria: fu difficile rivivere di nuovo, ad uno ad uno, i sanguinosi eventi che avevano costellato l'ultimo anno, ma Fortis ci aveva promesso che, una volta finita quella storia, nessuno avrebbe più parlato di noi, e che anche il commissario e la sua squadra ci avrebbero lasciato in pace per sempre, quasi come se non ci conoscessero.
Era un buon compromesso, dopotutto.

                                  ***

Il processo durò sei mesi, e per quei sei mesi Laura mi raccontò che il Quartiere non fu più lo stesso: tutta la spavalderia che aveva sempre caratterizzato la nostra gente era letteralmente scomparsa con la morte di Italo, Manuel e Francesco e con i domiciliari di Enrico e Anna; i commercianti erano di poche parole, la gente nelle vie camminava a testa bassa e perfino i bambini passavano in cortile ancora meno tempo che dall'avvento dei computer e dei cellulari, che pure li aveva portati a stare sempre più rintanati nelle loro stanze.
Una volta mi volle vedere a casa mia, doveva comunicarmi una cosa importante.
L'accolsi una mattina di inizio ottobre, mentre i miei figli erano a scuola; ero ansiosa di sapere in cosa consistesse questa sua confessione: da dopo la sua intenzione di collaborare con la giustizia, tre mesi prima, da lei mi aspettavo di tutto.
Ma quello che confessò produsse su di me un sentimento strano, di sgomento ma anche di rassicurazione, come una cosa ovvia che ci si aspetta e che quando accade vuol dire che va tutto bene, che tutto procede come al solito.
《Ho fatto l'amore con Antonio ad Ostia, la notte prima dello scontro finale. Dopo averti riaccompagnata a Villa Di Maggio abbiamo preso la litoranea, siamo entrati alla spiaggia libera e abbiamo steso una coperta su una barca abbandonata e lì l'abbiamo fatto》mi raccontò.
Io la guardai, lei sostenne il mio sguardo. Ci fissammo in silenzio, per diversi minuti.
《Non dici niente?》domandò poi.
《Ho solo una cosa da chiederti: ci avete messo quasi quarant'anni per capire che eravate fatti l'uno per l'altra?》ribattei.
《Non lo so. Ho fatto delle cazzate. Le hai fatte anche tu mettendoti con Alberto Di Maggio, o sposando Dario quando non ne eri completamente convinta》replicò.
《Volevo andarmene da casa e dal Quartiere. Potevi farlo anche tu, con Antonio. Perché hai sposato Giovanni?》domandai allora.
《Appunto perché volevo andarmene anch'io, ma senza che papà mi facesse terra bruciata intorno. Ma ho intenzione di rimediare》rispose.
《E come?》chiesi.
《Voglio chiedere il divorzio a Giovanni. Ho bisogno di tempo, devo prepararmi, non voglio fare come te che hai accumulato risentimento fino ad esplodere. Ti sembrerà strano, ma non voglio gesti eclatanti》decretò.
Alla fine ero contenta per lei, forse un po' gelosa perché ero quella che capiva Antonio, mentre lei non lo capiva affatto. Ma tra loro c'era sempre stata un'alchimia, un filo rosso che li univa, uno scontro armonioso di cervelli da cui mi ero sempre sentita esclusa; perciò non potevo fare altro che tirarmi indietro, come avevo sempre fatto.
Speravo che questa volta sarebbe stata felice per davvero.

                                  ***

Poi, la mattina presto di qualche giorno fa, il ritrovamento del suo cadavere, proprio ad Ostia.
Sono stata sempre ad interrogarmi sulle motivazioni del suo gesto, in questi giorni passati qui nel Quartiere, con Cinzia e Maurizio, a casa dei miei, a riscrivere al computer tutta la nostra storia: ricordo che fino al giorno prima stava bene, che era serena; certo, rimandava in continuazione la storia del divorzio, ma non pensavo alla mancanza di coraggio, piuttosto ai troppi impegni che la affliggevano ogni giorno: la casa, i ragazzi, il ferramenta e le sue ricette.
Eppure, adesso che il mio viaggio a ritroso nel tempo è finito, adesso che potrei finalmente mettere il punto finale a questo mio racconto ed inviarlo alla casa editrice, sento che manca ancora qualcosa, che la vicenda di mia sorella non si è conclusa col suo suicidio; d'altra parte in questi giorni non ho ancora realmente capito il motivo di tanta infelicità. Decido di chiamare Antonio.
《Ho finito la storia》gli dico.
《Bene》fa lui.
《Bene un cazzo. È finita ma sento che ci sono ancora molte cose non dette. Vieni, dobbiamo andare da Giovanni. Sono sicura che lì troveremo delle risposte》spiegai.
Ero sicura che mia sorella non potesse aver deciso di uccidersi senza lasciare qualcosa di scritto. Dovevamo far luce su questa vicenda.

                                  ***

Quando Giovanni ci vede sorrise: ha gli occhi rossi, non ha smesso quasi mai di piangere.
《Temevo che foste giornalisti. Sono venuti un sacco di volte a fare delle domande su Laura, sul suo ruolo nel processo a quei due affiliati di Ruggero Di Maggio. Mi sono reso conto di non aver mai conosciuto davvero mia moglie...》sospira.
《Sono venuti anche a casa dei miei. Li ho gestiti io, altrimenti mio padre li avrebbe picchiati e poi avrebbe messo le mani addosso a mia madre per sfogarsi, al solito》rispondo.
《Anche dalla mia famiglia sono andati. Si sono girati tutto il Quartiere》interviene Antonio.
《È sempre così quando muore qualcuno. Invece di avere pietà, di capire le cause della morte, scavano nella vita della vittima e cercano di tirarne fuori il marcio, ma il fatto è che più marcio vogliono tirare fuori, più mi accorgo che Laura, di marcio, non aveva proprio niente. Era troppo pura per questo mondo schifoso che ci ha visti nascere, troppo pura anche per me. Non sono mai stato alla sua altezza, mi chiedo spesso perché mi abbia sposato》fa Giovanni.
《Perché sei un uomo buono, Giovanni. Perché con te credeva davvero di sconfiggere quei demoni che se la mangiavano dentro dall'infanzia. Tu sai che teneva davvero a te, perciò adesso devi aiutarci a dimostrare che non era intrigante come la dipinge l'opinione pubblica. Possiamo vedere la vostra stanza?》replico.
《Certo... Ma cosa sperate di trovare?》chiede giustamente mio cognato.
《Tutta la verità. Quella che Laura non avrebbe mai raccontato a nessuno perché temeva di non essere capita》risponde Antonio.
Giovanni ci guidò nella stanza da letto matrimoniale, era arredata con gusto. Aprii senza esitazione il suo comodino e trovai uno scrigno e vicino una chiave.
《Pensavo non avesse più una scatola dei ricordi...》osservo.
《Ma continuava ad avere comunque dei segreti. Io li rispettavo, per questo non mi sono mai impicciato》sostiene mio cognato. Confermo, è davvero un uomo buono.
Prendo la chiave e la infilo nella serratura dello scrigno, lo apro e prendo una busta con su scritto in stampatello: ULTIME VOLONTÀ DI LAURA MARTINI.
Antonio si avvicina, incuriosito; Giovanni invece si congeda.
《Dove vai?》chiedo.
《Qualunque cosa ci sia all'interno di quella lettera, non la voglio sapere. Preferisco ricordarmi di Laura per così com'era》risponde, prima di lasciare la stanza e chiudere la porta.
《Dai, vediamo cosa c'è scritto...》fa Antonio. Apro la busta: dentro c'è una lettera, comincio a leggerla, riconoscendo la sua scrittura pulita, priva di errori e di artifici.

"Io, Laura Martini in Santini, nel pieno delle mie facoltà mentali e fisiche, desidero esprimere in questa lettera le mie ultime volontà, augurandomi che vengano il più possibile rispettate. Per prima cosa vorrei che Elena Righi e Manlio Di Blasio accettassero il bonifico bancario che ho sottoscritto in loro favore, affinché possano ricominciare una nuova vita a Londra. Per seconda cosa voglio che i diritti delle mie ricette, depositati presso l'Ufficio Brevetti, vengano assegnati a mio marito Giovanni Santini, e ai nostri figli Mario e Luisa, affinché possano vivere di rendita senza dover mai chiedere niente a nessuno. In ultimo, vorrei che fosse mia sorella, Valeria Martini, a prendersi cura di Antonio Leonardi, l'unico uomo che abbia mai amato davvero, a stargli vicino sempre e a non abbandonarlo mai; io temo che non sarei mai stata in grado di amarlo per sempre senza sfociare nella noia; vorrei non annoiarmi mai di lui ma so che non è possibile. Non dovranno piangere quando me ne andrò, non dovrà piangere nessuno, perché dovunque mi stabilirò, sarò finalmente libera."

Quelle parole spontanee e toccanti ci spiazzano letteralmente, in particolare la parte su Antonio.
《Perché non me l'ha mai detto?》mi domanda lui. Sta piangendo.
《Perché la conoscevi, non avrebbe mai accettato di vivere con te una vita ovvia ed era troppo orgogliosa per dirtelo》rispondo, piangendo anch'io.
《Vado a mettere il punto finale al racconto, o almeno ci provo》aggiungo poi, piena di imbarazzo. Non voglio che si accorga di come mi batte il cuore in questo momento, delle mie gambe che tremano, delle parole che mi muoiono in gola, come tanti anni fa, la sera dopo i miei diciotto anni davanti ai secchi della spazzatura. Non voglio che si butti su di me solo perché sono le ultime volontà di mia sorella.
《Aspetta!》esclama lui.
《No, Antonio. Non devi metterti con me per fare un favore a lei...》mi oppongo.
《Non lo faccio per lei. Lo faccio per me. Dopo quello che ci è successo, sei tutto ciò che mi è rimasto》dice avvicinandosi a me.
《E allora se puoi cerca di non scherzare, perché io ti amo, Antonio, ti amo dal primo momento che ti ho visto, accanto a Laura. Ma sapevo che avresti scelto lei e non te l'ho mai detto...》confesso finalmente dopo tanti anni.
《Abbiamo condiviso tutto io e te, mi capisci forse molto più di quanto mi abbia capito Laura, e viceversa. Lei sarebbe contenta per noi...》afferma prendendomi il viso tra le mani. Non ci capisco più niente e lo bacio appassionatamente. Lui ricambia. Poi ce ne andiamo sorridendo da casa di mia sorella e torniamo nell'appartamento dei miei, ci chiudiamo in camera mia e diamo libero sfogo a tutta la passione che abbiamo represso per tanto, troppo tempo.
Il sole del mattino successivo entra dalla finestra, cogliendoci abbracciati nel mio letto.
 


La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora