Capitolo 52

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Mi odiava. Mia suocera mi odiava a morte, non aveva mai fatto nulla per nasconderlo e adesso che abitavo sotto il suo stesso tetto ero diventata un bersaglio ancora più facile per le sue critiche: quando andavo all'università mi chiedeva in continuazione quando mi sarei laureata; quando leggeva una recensione positiva di "Omicidio sul Golfo" voleva sapere perché non avevo ancora pronto un nuovo romanzo; quando infine mi sentiva parlare con Dario del nostro bambino - o bambina - in arrivo, metteva sempre bocca sulla scelta del nome.
Non le andava bene niente, non le andavo bene io, e per quanto cercassi di essere educata e civile, rispondendo sempre con un sorriso, aveva deciso di avere da ridire anche su questo.
《Puoi incantare tutti con quei tuoi sorrisi adorabili, ma non me. Ho sempre pensato che dietro questa tua apparenza docile e accondiscendente si nascondesse un'arrampicatrice sociale e che mio figlio ci sia cascato con tutte le scarpe. E sono sicura che il tempo mi darà ragione!》mi fece una volta.
Non seppi cosa rispondere. Mi era chiara solo una cosa: Laura, al posto mio, le avrebbe risposto in una maniera tale da demolirla.

                                  ***

Mia sorella partorì all'inizio del 2004, circondata da amici e parenti tutti più ansiosi di lei.
《Ma si può sapere che cazzo vi agitate a fare? Sono io che sto qui a sgravare, mica voi!》berciò in preda alle doglie, mentre la portavano dentro.
《Però, intrattabile anche durante il parto...》commentò Antonio, venuto anche lui con Giulia.
《Non sarebbe Laura...》risposi.
Ovviamente l'ostetrica e le sue assistenti non fecero entrare tutti e fummo costretti a fare delle scelte: andammo in sala parto io, la mamma, la signora Santini e Giada.
Il resto della gente - all'incirca mezzo Quartiere, più Dario e Giulia che erano gli unici outsider - aspettarono in corridoio; anche se guardavano da dietro il vetro, non potevano neanche immaginare cosa stesse succedendo lì dentro.
《Adesso fai come ti abbiamo insegnato al corso pre-parto, e spingi!》esclamò l'ostetrica.
《D'accordo...》ubbidì lei, accompagnando il tutto con urla di dolore strazianti.
《Non ti preoccupare, tesoro, va tutto bene...》cercò di rassicurarla nostra madre.
《Non va bene un cazzo, mamma! Smettetela di dirmi che devo trattenermi, fa un male cane!》ribattè Laura.
《Continua a spingere, che ci siamo! Il nostro piccolo eroe sta per uscire!》replicò l'ostetrica.
《Si comincia a vedere la testa!》si aggiunse la signora Santini.
Mia sorella era madida di sudore per la fatica, e a vederla in quello stato impallidii, al pensiero che tra poco tempo tutto quel dolore lo avrei provato anch'io.
《La testa è uscita, ora sta venendo il resto, tu spingi!》urlò l'ostetrica.
《AHHHHHHH!》strillò Laura, violentando seriamente i nostri timpani.
Quando il neonato fu quasi completamente fuori, rimanemmo tutti - presenti in sala e in corridoio - a bocca aperta, stupiti da come il corpo di mia sorella, quel corpo secco e asciutto che aveva conosciuto qualsiasi cosa - i brividi, il sudore, il piacere, la violenza - fosse capace di generare una vita nuova.
E invece lei era lì, in quel letto, rossa in viso, la fronte zuppa dalla fatica, le sue mani che stritolavano la mia e quella di nostra madre, le cosce allargate per fare spazio al nascituro, le vene in rilievo per lo sforzo.
Dopo l'ultimo urlo di mia sorella, seguì il vagito del bambino appena nato.
《Complimenti! È un bel maschietto sano e forte!》si congratulò l'ostetrica, mentre le assistenti tagliavano il cordone ombelicale e lavavano il piccolo.
Tutte noi presenti abbracciammo e baciammo Laura, troppo stanca per opporre resistenza, e nel frattempo la sala fu invasa da coloro che attendevano fuori: nostro padre, Giovanni, Dario, Antonio e Giulia.
Il giovane Santini si avvicinò alla moglie, che intanto aveva preso in braccio il bambino: somigliava molto al padre, tranne per gli occhi, tondeggianti come quelli di Laura.
《È bellissimo!》mormorò commosso.
《Con tutto quello che ho penato per farlo nascere, ci mancava anche che non fosse bello!》replicò lei col solito sarcasmo. Ma in fondo era il suo modo per dimostrare che era contenta.
《Come lo chiameremo?》domandò poi.
《Che ne dici di Mario?》chiese lui.
《E Mario sia!》decretò mia sorella.

                                  ***

Due mesi dopo il piccolo Mario Santini fu battezzato nella chiesa del Quartiere da Don Fernando.
Il rinfresco fu organizzato al bar di famiglia e parteciparono tutti quanti: fu un grande evento come il matrimonio di Laura e Giovanni.
I neo genitori furono riempiti di regali per il bambino e passarono il resto del pranzo a scartarli e a ringraziare i mittenti: io e Dario avevamo regalato loro una tutina celeste; Antonio e Giulia uno stock di bavaglini; Francesco e Anna una salopette; i nostri genitori un biberon e un ciuccio; Amanda e Giada Santini sei paia di calzini; i coniugi Leonardi delle magliettine; Claudio e Livia un libro di favole; i Di Stefano una cornice per la foto del battesimo.
Tutti i regali furono molto graditi, fino a che ne capitò uno abbastanza strano: un paio di scarpette da ginnastica provenienti dall'Argentina, accompagnate da un biglietto.
"Al nuovo niño, sapendo che correrà più veloce di tutti. C.B." recitava.
Laura sbiancò: la calligrafia, la sfrontatezza delle parole, la provenienza e l'utilizzo di un vocabolo in spagnolo... Non c'erano dubbi, era Italo il mittente, anche se si firmava in maniera diversa.
《Un bellissimo regalo, vero?》fece Francesco, avvicinandosi e sorridendo mellifluo.
《Un amore...》replicò Laura in tono ostile.
《Le persone lontane mostrano sempre il loro modo di esserci vicine...》ammiccò lui.
《E a quanto pare non ci abbandonano mai...》ribattè lei.
Quel regalo inaspettato e indesiderato gettò un'ombra sul suo umore per il resto della giornata e la fece sprofondare in una sensazione di angoscia e perenne allerta per i mesi successivi.

                                  ***

Fortunatamente ci furono due eventi che le fecero dimenticare l'accaduto.
Il primo fu la nascita di mia figlia, che con Dario decidemmo di chiamare Cinzia dopo averlo pattuito a lungo con sua madre: era bellissima, somigliava molto di più a mia sorella che a me o a Dario; la battezzammo pochi mesi dopo, e fu un grande ricevimento - anche un po' esagerato per i miei gusti, ma dovevamo tenere buona la signora Sciarra in qualche modo.
Il secondo fu il terribile tsunami che devastò le spiagge dello Sri Lanka il 26 dicembre del 2004; fu allora che mia sorella mi parlò di Giacomo Leopardi e del suo cattivo rapporto con la Natura, che nei suoi componimenti aveva sempre definito come "matrigna".
《Non lo diceva perché era gobbo, squattrinato e sfigato in amore. È che aveva capito che l'uomo può pensare di sfidare la Natura quanto vuole, di riuscire a sconfiggerla, ma la verità è che sarà sempre lei ad avere la meglio. Guarda quello che è appena successo in Sri Lanka: credevano di fare i fighetti con gli stabilimenti pieni di turisti e invece è bastata un'onda anomala a buttare giù il loro castello di carte》mi spiegò.
《Non ti sembra di essere un po' pessimista?》le chiesi allora.
《È solo la realtà, e il Quartiere è la prova di quello che ti sto dicendo ora. Qui era tutta campagna, i palazzinari ci hanno voluto costruire sopra per forza e da quando questo posto esiste non c'è stato un anno che non si sia concluso con un morto o un carcerato. Siamo l'espiazione delle colpe di qualcun altro, il prodotto della sconfitta dell'uomo da parte della Natura》decretò.

                

La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora