Quell'anno Laura e Antonio compirono diciotto anni, lui a novembre, lei a dicembre: fecero entrambi delle feste semplici, senza pretese, come tutti, del resto, a quei tempi; i festoni epocali sono una prerogativa di oggi, sicuramente i miei figli ne vorranno di simili.
D'altra parte diciotto anni si compiono una volta sola, è l'età della svolta: si diventa maggiorenni, si ha voce in capitolo sulle questioni importanti, si prende la patente, si ha il diritto al voto.
Nella stanza di Laura, tra le foto incorniciate, c'è quella del suo diciottesimo compleanno, mentre spegne le candeline della torta: ci siamo lei, io, Antonio e un po' di amici del Quartiere e di scuola; siamo in soggiorno, e vestiamo pesanti perché è inverno. Eravamo un po' scomposti al momento della foto, forse avevamo bevuto, ci eravamo fatti le canne o entrambe le cose.
A diciotto anni ti senti onnipotente, credi di avere il mondo ai tuoi piedi; pensi di aver raggiunto il traguardo, ma è soltanto il primo passo di un altro cammino, ancora più ripido e tortuoso: quello della vita adulta.***
La seconda settimana di quel marzo 1999 la classe di mia sorella andò in gita a Londra.
Per lei e per Antonio era la prima volta all'estero: non erano mai stati fuori dall'Italia, in vita loro, e di conseguenza non avevano mai preso l'aereo; il check-in li divertì molto, e la perquisizione al metal detector li portò a fare battute sarcastiche sul fatto che anche quelli della compagnia aerea avevano capito che razza di gente c'era nel Quartiere.
《Dobbiamo mettere gli orologi un'ora indietro, per il fuso orario》ricordò Laura ad Antonio mentre prendevano posto.
《Chissà se andremo a vedere anche Greenwich!》esclamò lui.
《Anche se non ci porteranno lì è come se ci fossimo stati, per il solo fatto di regolarci con l'ora del meridiano fondamentale》gli fece notare lei. Il ragazzo non poté controbattere.
Il decollo fu per loro un'emozione indescrivibile: si tennero la mano e sorrisero quando l'aereo si staccò da terra, e nel momento in cui prese quota, Laura si appiccicò al finestrino - vicino al quale s'era presa il posto anche se in realtà era capitato ad Antonio - e vedere il panorama piombare nell'azzurro immenso del cielo, più in alto delle nuvole, più in alto del sole, più in alto di tutto, portò lei e il giovane Leonardi a formulare, mentalmente e contemporaneamente, l'esatta definizione della felicità.***
Londra superò le aspettative di mia sorella su come se l'era immaginata dai racconti di Sara.
Nella capitale del Regno Unito c'era tutto ciò che in Italia era considerato strano o folle: gente che sfoggiava capelli fucsia o celesti come se fossero di un ordinario castano; piercing nelle parti del corpo più impensate; occhiali da sole delle forme più particolari indossati anche di sera.
Visitarono il London Bridge, il British Museum e Piccadilly Circus, salirono sul London Eye e si divertirono al Museo delle cere, comprarono milioni di souvenir a Covent Garden - quando tornarono mi raccontarono quanto fosse stato emozionante fare acquisti con le sterline e i penny - e mangiarono meet pie e fish & chips.
Durante il viaggio di ritorno ci furono le turbolenze, e Laura sfidò Antonio a trovare il primo passeggero che si fosse spaventato.
Era stata un'esperienza magica, quel loro primo viaggio all'estero, e nemmeno rivedere i casermoni del Quartiere che spuntavano dall'autostrada poté scalfire la loro intima gioia.***
Che quella gioia non fosse dovuta solo all'euforia del viaggio, mi venne in mente solo dopo che furono tornati, e per trovare la risposta mi bastò guardarli in faccia: c'era una luce, negli occhi di entrambi, che non avevo mai visto prima, o che forse c'era sempre stata ma a cui non avevo mai fatto caso; una luce febbrile che invece di sbiadirsi si acuiva ogni giorno di più, la miccia di un incendio che per quindici anni avevano cercato di trattenere e che ormai sentivano di non poter più controllare.
Successe che rimasero chiusi nel laboratorio di chimica, per sbaglio. O almeno così sembrava.
《E adesso come cazzo facciamo?》sbottò Antonio.
《Perché, ti scoccia passare la nottata con me?》lo derise Laura.
《E dai, non fare la cretina, lo sai che mia madre e tuo padre ci scorticano vivi per molto meno...》ribattè lui.
《Che palle, Antonio. A volte sei davvero pesante》replicò lei.
《E tu fai sempre la saputa ma a volte ti dimentichi di ragionare. Che facciamo tutta la notte qui?》rimbeccò l'uno.
《Facciamo quello che tutti si aspettano da noi due》ammiccò l'altra, cominciando a spogliarsi.
《E Manuel?》obiettò il primo.
《Manuel non lo saprà mai》lo rassicurò la seconda, mentre cominciava a togliersi i vestiti anche Antonio, fino a che non rimasero nudi l'uno davanti all'altra come ipnotizzati.
Lui le sfiorò il viso con una mano: tante volte s'erano toccati, nei giochi di quand'erano bambini, e anche dopo, durante l'adolescenza.
Ma in quel momento preciso, ritrovarsela davanti nuda e perfetta lo inibiva a tal punto da non rendersi conto che lei sentiva la medesima sensazione a vedere lui nudo e perfetto davanti a lei.
Sentirono svanire all'improvviso tutto quello che li aveva vincolati in tutti quegli anni, e, finalmente liberi da tutti quei vincoli, si amarono come non si erano mai potuti - o voluti - amare prima, fino a fondersi e a confondersi, fino a non capire più dove finiva lei e cominciava lui, o dove finiva lui e cominciava lei.
Poi, sazi e soddisfatti di essere andati fino in fondo, crollarono dal sonno.
Il mattino dopo si rivestirono prima che i tecnici li tirassero fuori.
《Quello che è successo in laboratorio, rimane in laboratorio》gli sussurrò all'orecchio mia sorella.***
Quel giorno la professoressa Cristaldi chiese ai ragazzi, ad uno ad uno, quale facoltà avrebbero voluto fare una volta dopo il diploma.
Tutti si aspettavano che Laura e Antonio rispondessero la stessa cosa, che si sarebbero iscritti entrambi alla facoltà di Lettere.
《Economia》rispose invece lei.
Antonio pensò che scherzasse, d'altra parte a Laura piaceva stupire, spiazzare chi aveva davanti, fare in modo che abboccasse e poi ridere di quanto le persone fossero fesse.
Sperò di vedere un'incurvatura su quella bocca che aveva baciato qualche ora prima, il minimo segnale di un sorriso, ma non lo trovò.
Mia sorella non era mai stata così seria in vita sua.
All'intervallo la Cristaldi volle parlare con Antonio, visto che Laura non l'ascoltava - non ascoltava mai nessuno, faceva sempre di testa sua.
《Che cos'è questa storia?》gli chiese senza mezzi termini.
《Non lo so. Fino a ieri voleva fare Lettere, come me》rispose il giovane Leonardi.
《Deve essere successo qualcosa...》commentò la professoressa.
《Non è successo niente di particolare》mentì lui.
《Laura sta facendo una cazzata. Non ho niente contro la facoltà di Economia, ma lei deve continuare con le materie letterarie e umanistiche. Deve accedere ai circoli intellettuali. È quella la sua strada, ogni alternativa sarebbe uno spreco, per il suo cervello》affermò lei.
《Il suo cervello può rendere straordinario l'ordinario, e poi è impossibile farle cambiare idea》concluse lui, congedandosi.
Era stata quella notte insieme, a farle prendere la decisione di scegliere un'altra facoltà rispetto a Lettere; che si trattasse di Economia era solo per il suo business di ricette insolite.
Dopo quella notte Laura s'era resa conto che lei e Antonio non avrebbero potuto passare tutta la vita l'uno accanto all'altra, non ci erano tagliati.
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La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]
General FictionQuesta è una storia che difficilmente può essere raccontata senza rifletterci sopra, una storia combattuta e sofferta, di menti eccelse, di luoghi problematici e d'amore. È la storia di Laura, del suo rapporto con Antonio, della sua voglia di cambi...