Capitolo 46

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Ho un ricordo del matrimonio di Laura e Giovanni come di una commedia all'italiana, di quelle che fanno ridere a crepapelle lo spettatore medio e storcere il naso al più raffinato dei cinefili; quella mattina di giugno tutto era pronto, tutti avrebbero recitato la parte assegnata, anche perché non erano delle nozze così, alla bell'e meglio, dove basta il sentimento, al contrario era l'evento dell'anno: i Santini erano i più ricchi del Quartiere, nostro padre l'uomo più rispettato e temuto.
Ogni dettaglio era stato curato nei minimi particolari, dal vestito di mia sorella alla cerimonia nuziale, dal pranzo faraonico alla prima notte insieme dei due neo sposi; era una macchina da guerra, un ingranaggio perfetto che non poteva né doveva incepparsi. Non erano ammessi errori.

                                  ***

Ma a ripensarci a distanza di anni, credo che l'intoppo nell'ingranaggio fosse insito e radicato, e che questa unione partisse con delle falle a prescindere.
Avrei dovuto accorgermene quella mattina stessa, poche ore prima del matrimonio, quando Laura, vestita e truccata di tutto punto, venne nella mia stanza con in mano la sua scatola dei ricordi, quella di cui non faceva mai vedere il contenuto a nessuno.
《Perché hai quella in mano? Momento nostalgia?》feci stupita.
《Voglio che la tenga tu》mi disse.
《Io? Ma è la scatola dei tuoi ricordi...》le feci notare.
《Appunto, nella mia nuova casa non ci possono stare. È meglio che li tenga una persona di cui mi fido, e quella persona sei tu》insistette, porgendomela. Era una scatola rossa con dei fiori bianchi, e aveva un lucchetto con una chiave.
《D'accordo, la terrò io》risposi.
《Grazie. Adesso ti lascio finire di prepararti》concluse, alzandosi e uscendo.
Appena fu fuori dalla stanza, presi la chiave e aprii il lucchetto: dentro c'erano le sue foto con i nostri amici, con Manuel, con Antonio e con Davide; c'erano articoli di giornale, diari segreti di ogni età, e poi disegni, tanti disegni; quello che più mi colpì fu un disegno in cui mia sorella immaginava il giorno del suo matrimonio: tutto era uguale alla realtà, tranne lo sposo. Antonio, ovviamente.
In quel momento realizzai quanto tutto fosse uno sbaglio, come il Quartiere le avesse tolto l'entusiasmo e la capacità di immaginare un futuro diverso, lontano da quel luogo maledetto che abbrutiva tutti quelli che ci vivevano.
Non avrei fatto la sua stessa fine.

                                  ***

La cerimonia fu celebrata nella chiesa del Quartiere, dove gli sposi avevano fatto il battesimo, la comunione e la cresima.
Laura fu accompagnata all'altare da nostro padre: i loro contrasti sembravano spariti apposta per l'occasione.
Giovanni la attendeva sorridente all'altare; lei invece, sotto il velo, aveva la faccia di una che sembrava avanzare verso il patibolo, piuttosto che verso il suo futuro marito.
《Come è rigida...》sussurrai ad Antonio.
《Tutto sembra meno che felice...》concordò lui.
Quando Giovanni le sollevò il velo, Laura cambiò espressione: era diventata all'improvviso l'immagine della felicità.
Pensai che era davvero una grande attrice. Ci stava fregando quasi tutti.
Nel momento in cui il giovane Santini disse "Sì, lo voglio" mi fece profondamente pena; quando anche mia sorella pronunciò la fatidica frase capii che si era appena concluso il primo atto.

                                  ***

Il secondo fu il pranzo, che venne organizzato in un prestigioso ristorante situato in aperta compagna.
Quel posto mi faceva sentire seriamente a disagio: c'era talmente tanto sfarzo da risultare pacchiano.
Una volta anche Laura avrebbe disprezzato un luogo simile: quel giorno invece girava per i tavoli come una regina, salutando gli invitati e distribuendo baci e abbracci a tutti.
Io guardavo questa farsa seduta al tavolo con Dario, Antonio e Giulia.
Ci sentivamo tutti come pesci fuor d'acqua; in un attimo in cui rimasi da sola col giovane Leonardi, lui mi confessò qualcosa che mi spiazzò.
《Mi ha suggerito lei di fare la domanda per il dottorato》disse.
《Chi, Laura?》domandai.
《Incredibile, vero?》fece.
《È da quando ha deciso di sposarsi che fa cose strane. Stamattina mi ha dato la sua scatola dei ricordi》raccontai.
《Quella intoccabile?》si stupì.
《Proprio quella. È come se si volesse liberare di ogni dettaglio di ciò che è stata fino ad ora》risposi.
《Quello che posso dirti, Vale, è che conosco una sola Laura, quella di prima. Questa Barbie Sposa che si aggira per la sala non so chi sia》replicò lui malinconico.
Non ebbi il tempo di ribattere, perché Dario e Giulia tornarono.
Non volevamo tediarli con le nostre turbe psichiche su Laura.

                                 ***

Il terzo fu quando il sipario calò sulla festa, e Giovanni portò mia sorella in braccio nella loro nuova casa, uno dei tanti appartamenti dei casermoni.
Era nella stessa palazzina della famiglia Santini, che era esattamente di fronte alla nostra, due piani più sotto l'appartamento del nucleo familiare dello sposo: la posizione ideale per essere costantemente sotto controllo da parte di nostro padre e di Francesco.
Ma in quel momento i due non ci pensavano: era la loro prima notte di nozze, e tutti nel condominio sarebbero stati attenti ad ogni loro singolo urlo di piacere.
Perché nel Quartiere la complicità di una coppia di sposi si misurava con la quantità di urli durante la prima notte di nozze.
Non dico che eravamo bestie solo perché si offenderebbero gli animali.

                                  ***

Anch'io rimasi sveglia quella notte, ma non per spiare dalla finestra gli affari intimi di Laura e Giovanni.
Era la paura a togliermi il sonno, la paura di mescolarmi con la plebaia in mezzo alla quale ero cresciuta, la paura che un giorno anch'io avrei chiuso in una scatola tutti i miei sogni per sacrificarmi ad una vita banale.
Mi serviva una chiave di svolta, e mi venne in mente quella ideale: "L'amore nascosto", il romanzo che mia sorella aveva scritto durante la quarta ginnasio.
Mi sarebbe bastato metterlo sul mio Floppy Disk, spostarlo sul mio computer, modificare qualche nome, stamparlo e mandarlo a qualche editore amico di Dario o della Cristaldi.
In fondo fare la scrittrice era sempre stato il mio sogno, anche se Laura era più brava di me: le avrei fatto un torto orribile, una scorrettezza indicibile, ma in quel momento preciso non me ne fregava un cazzo di lei. Era solo il mio futuro a contare.
Fu così che mi avventurai in quella che una volta era stata la sua stanza, e che adesso era vuota, accesi il computer, ci conficcai il Floppy Disk, trovai il file e mi misi a modificare nomi, luoghi e situazioni che erano il frutto di una mente nettamente superiore alla mia: il riflesso dello schermo proiettava un bagliore inquietante sul mio viso, un lampo di follia luccicò nei miei occhi.
Non so cosa mi spinse a fregarle il romanzo, quella notte.
Forse la rabbia per avermi lasciata da sola in quella gabbia di matti che era la nostra famiglia; forse l'idea che quell'elaborato scritto non le servisse più perché ormai la sua vita l'aveva scelta; o forse l'invidia, il complesso d'inferiorità che avevo da sempre nei suoi confronti, quella consapevolezza schiacciante che non sarei mai stata come lei, che non sarebbe bastato cambiare quattro cose per rendere quel lavoro farina del mio sacco.
A questa considerazione sono arrivata solo con il tempo, ricordandomi ogni giorno che la mia carriera di scrittrice si fonda sul furto del sogno di mia sorella.
Ma in quel momento non m'importò: Laura s'era confinata in un'esistenza grigia, a partire dalla quale io, invece, potevo spiccare il volo.
Era la mia occasione e la stavo sfruttando.

La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora