Capitolo 68

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Quella mattina l'aria era tesissima a Villa Di Maggio: nessuno disse una parola, durante la colazione; per dare una parvenza di normalità, Ruggero mangiò abbondantemente e distribuì sorrisi a tutti, prima di congedarsi.
Antonio e io ci guardammo: mezz'ora dopo Di Maggio, insieme agli evasi Della Valle e Amati, si sarebbe presentato al luogo dell'appuntamento dove si sarebbe consumato lo scontro finale tra lui ed Italo, che al suo fianco avrebbe schierato Manuel e Francesco.
Dove li avrebbero aspettati Fortis, la Pellegrino, Fontana e Di Blasio, finalmente di nuovo nei suoi panni di agente.
Aspettare a casa, per noi, sarebbe stata una tortura, fino al momento in cui non sarebbe comparsa la notizia, i cui esiti potevano essere molteplici, al telegiornale delle tredici e trenta.
Anche Adele era nervosa, ma cercava di non mostrarlo alla figlia e al fratello: era sicura che anche questa volta suo padre ne sarebbe uscito pulito e a testa alta.

                                 ***

Elena Righi era andata al lavoro come ogni giorno: accompagnata da Manlio, stavolta con come autista ma come uomo innamorato, sapeva benissimo di tutta l'operazione e passò l'intera mattinata sul chi va là, fingendo che tutto andasse bene ma pronta a captare qualsiasi segnale.
Italo l'aveva salutata amorevolmente, abbracciandola, ed Elena, nonostante la cattiva fama dell'uomo, in una piccola parte del suo cuore, pensava che suo padre avrebbe potuto salvarsi in un altro modo, collaborando con la giustizia come lei, anziché andare a scannarsi con Ruggero Di Maggio davanti al Colosseo.
Ma il piano era già stato deciso, e lei decise che avrebbe accolto con serenità l'esito, qualunque esso fosse, perché ormai c'era Manlio accanto a lei, e l'avrebbe protetta e amata sempre, ad ogni costo.

                                  ***

Era una bella mattinata della seconda metà di agosto: il sole spendeva su Roma e il cielo era limpido e senza nuvole; una cornice perfetta per il Colosseo, testimone muto di ciò che stava per avvenire.
Italo Bianchi e Ruggero Di Maggio arrivarono in contemporanea, con i loro rispettivi fedelissimi: da una parte il noto criminale del Quartiere, Manuel e Francesco sfoggiavano un'aria strafottente, tipica di chi è venuto dal basso e vuole prendere a morsi il mondo senza chiedere il permesso; dall'altra il grande costruttore siciliano con l'ingegnere e l'avvocato, delinquenti anche loro, ma con classe, e una facciata rispettabile dietro la quale nascondersi.
Erano due universi che si scontravano, la criminalità storica e quella emergente, e solo uno di questi due universi avrebbe avuto la meglio.
《Il Conte Bianco... Finalmente ti vedo in faccia!》esclamò Ruggero.
《Non sai che onore è pure per me conoscere ufficialmente chi mi vuole fottere la piazza!》ribattè Italo.
《Io fotterti? Ma che, seguo solo il corso degli eventi... Il vostro tempo è finito, la droga non è più in mano ai delinquentelli di periferia come voi... Ormai siete solo manovalanza....O forse credete di essere la Banda della Magliana?》lo prese in giro Di Maggio.
《I perbenisti come te, e come quelli che ti porti dietro, non si sporcano le mani perché non lo sanno fare, perché lo fanno fare agli altri... Pensi che non sappia che ci stai tu dietro gli sfigati come Angelo Santocastro, o come Paolo Rizzo? Tu non vali un cazzo, Ruggero Di Maggio, perché hai sempre bisogno di qualcun altro che sguazzi nella merda al posto tuo...》lo sfidò Bianchi.
Il suo rivale mise mano alla pistola, imitato da Della Valle e da Amati; i tre criminali del Quartiere fecero lo stesso.
Fu in quel momento che entrarono in scena Fortis e i suoi.
《Polizia!》gridò.
Alba, Gabriele e Manlio furono subito dietro di lui, tutti armati; non appena Italo vide quello che credeva essere il suo autista, sparò a Di Maggio e scappò, ma fu a sua volta colpito da Ruggero.
L'ingegnere e l'avvocato fecero fuoco su Manuel e Francesco, per poi scappare, ma il primo fu placcato dalla Pellegrino e dall'agente Fontana, che lo ammanettarono e lo portarono via; il secondo invece credette di avere trovato rifugio in un vicolo, ma Fortis e Di Blasio non ci misero molto a beccarlo.
《Amati, ormai è finita... Il tuo capo è morto e il vostro complice è stato arrestato... Dai, non fare il difficile che non sei mai stato tagliato per fare il criminale di strada, sei troppo raffinato》gli fece Emanuele, mentre l'uomo, ormai al muro, si faceva arrestare.

                                  ***

Quando arrivarono in centrale furono invasi dai flash e dai cellulari: orde di giornalisti e fotografi volevano accaparrarsi la notizia della morte in contemporanea dei due boss, desideravano immortalare le facce da schiaffi dei complici.
Tra la folla c'era anche la gente comune, tra cui tutti noi: Elena stretta a Manlio, che la consolava; Antonio e io, che ci sentivamo leggeri dopo tanti anni, Alberto, Adele e Ilaria sgomenti, senza parole.
Fortis fece portare dentro i criminali ai suoi colleghi, mentre la sua ex moglie gli si avvicinava.
《Lo sapevo che c'eri tu sotto, hai mandato a morte mio padre...》sentenziò velenosa.
《Ti conviene accantonare questo atteggiamento, Adele, per il bene di nostra figlia, e cominciare a collaborare》le consigliò lui.
《Ha ragione》le disse Alberto.
In fondo erano solo delle vittime, nati nel posto sbagliato al momento sbagliato; Emanuele Fortis lo sapeva, per questo avrebbe fatto tutto il possibile per non metterli a repentaglio, per tutto il tempo in cui si sarebbe svolto il processo.

                                  ***

Quel giorno, mentre vedeva il telegiornale, Laura cucinava sorridendo e cantando. I suoi figli furono incuriositi da questo suo atteggiamento.
《Mamma, che cosa stai facendo?》chiese Luisa.
《Sto cucinando una ricetta speciale, che ho inventato io per l'occasione》spiegò mia sorella.
《È il compleanno di qualcuno? O l'onomastico?》domandò Mario.
《No, non ci sono compleanni né onomastici. Semplicemente oggi è una giornata molto speciale perché il bene ha trionfato sul male. Magari vostro padre sarà un po' triste nei prossimi giorni, saranno tristi un po' tutti nel Quartiere, ma questa tristezza sarà soltanto di passaggio, necessaria per permetterci di essere felici per davvero》rispose Laura.
Sapeva benissimo che suo cognato Francesco era morto; che Giovanni avrebbe pensato che lo Stato gli aveva ucciso il fratello; che gli abitanti del Quartiere, ormai privi dell'ombra ingombrante di Italo, si sarebbero sentiti scoperti, non più al sicuro; e che lei stessa, Laura Martini in Santini, stava accarezzando l'idea di prendere una decisione che le avrebbe permesso di vivere finalmente la vita che voleva.
Ma in quel momento niente contava: dopo vent'anni passati a subire le conseguenze di scelte fatte per sfuggire a Bianchi era libera, finalmente.

La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora