Dei quattro fratelli Baschetti, Enrico era stato il più fortunato: non solo perché suo padre Aldo era ancora vivo e in salute, ma anche perché era bravo con le auto, e questo gli permise prima di trovare un lavoro appena presa la licenza media, e poi di aprire un concessionario tutto suo quando divenne adulto.
Per il secondogenito Manuel era stato tutto più difficile: Aldo e la moglie Iolanda erano talmente carichi di aspettative nei confronti del fratello maggiore da trascurare questo ragazzo irrequieto che a tredici anni s'era bruciato ogni possibilità di una vita onesta, seguendo gli amici Italo e Francesco nello spaccio per conto di Chicano.
Per terza veniva Anna, l'unica figlia femmina: bella e prosperosa, aveva la mia stessa età; siamo state in classe insieme fino alle medie, poi le nostre strade si sono divise: io mi iscrissi al liceo classico, lei scelse ragioneria, con grande gioia della famiglia, di cui fu la prima ad accedere agli studi superiori.
Dopo il diploma sposò Francesco e andò a tenere la contabilità nel ferramenta dei Santini.
Infine venne Matteo, il più piccolo, che quando nacque venne definito un angelo da tutti gli abitanti del condominio; con lui i coniugi Baschetti decisero di fermarsi, anche perché Aldo, stimato operaio della Fiat, si ammalò: un tumore al fegato se lo portò via nel giro di pochi anni; me lo ricordo ancora, che riposi in pace: un uomo forte e generoso, un cliente affezionato di mio padre, un capofamiglia innamorato della moglie e dei figli.
Lo compiansero tutti, tanto che per una settimana l'appartamento dei Baschetti fu un viavai di gente che esprimeva le condoglianze, elargiva consigli sul futuro, si commuoveva nell'ascoltare aneddoti sul defunto.
Venimmo anche noi Martini al gran completo. Era il 27 marzo del 1994, mancava poco a Pasqua.
Entrammo e riconoscemmo parecchi volti familiari: i Leonardi, i Bianchi, i Santini e pure Chicano, che si beccò un'occhiataccia dalla padrona di casa.
In mezzo a quella confusione, lo sguardo smarrito di Manuel si posò su Laura che, invece di abbassare la testa, ricambiò.
Passarono alcuni, interminabili secondi, poi mia sorella smise di guardarlo e raggiunse Antonio, mentre io andavo da Claudio.
《Poveracci... Adesso toccherà stargli vicino, soprattutto a Manuel》sussurrò il maggiore dei Leonardi all'orecchio di mia sorella.
Mentre lo ascoltava, lei si concentrò su Italo, Francesco e Chicano che si erano avvicinati a Manuel e avevano cominciato a parlare fitto fitto.
《Non credo che potremmo mai aiutarli, Antonio. È bruciato, completamente》commentò.***
Iolanda era rimasta sola con quattro figli e, non volendo dipendere dallo stipendio di Enrico, né tantomeno dai soldi sporchi di Manuel, capì che doveva rimboccarsi le maniche.
La madre di Antonio le trovò qualcosa da fare: c'erano cinque famiglie ricche del centro che avevano bisogno di qualcuno che lavasse e stirasse i loro panni, e lei accettò di buon grado; il lavoro era duro, ma un'entrata in più faceva sempre comodo.
Inoltre la settimana successiva sarebbe stata Pasqua, e un po' di festa l'avrebbe sicuramente risollevata.
Come ogni anno la scuola chiuse di Mercoledì Santo, ma quell'anno mia sorella e gli altri furono salutati dai professori col consiglio di studiare, perché a giugno c'erano gli esami di terza media.
Solo che non ci diedero molto peso, anzi: dal Giovedì al Sabato Santo non facevamo proprio un bel niente; passavamo poche ore sui libri, e il resto del tempo in cortile, a giocare, a farci le canne e a scambiarci pettegolezzi.
《Certo che i nostri ragazzi si stanno facendo uno più bello dell'altro...》confidò Sara a Laura quel Venerdì Santo, ai bordi del campo di calcio dove stavano giocando.
《Dici?》fece mia sorella.
《Eccome... I Baschetti sono i migliori di tutti, ma anche Italo non è male. E poi c'è il tuo Antonio, si sta facendo proprio carino!》esclamò l'una.
《Enrico e Manuel sono in lutto, Italo è uno spaccone e Antonio è come se fosse mio fratello. Te li lascio volentieri!》la prese in giro l'altra.
《Perché, tu chi ti prenderesti? Forse quel carciofo di Giovanni?》rise la prima.
《Non penso che mi prenderò nessuno di quelli del Quartiere, Sara》rispose la seconda, guardando i maschi scapicollarsi dietro il pallone, ignari dei discorsi delle due amiche.***
Se tra il Natale e la Befana si mangiava fino a scoppiare, Pasqua e Pasquetta non erano da meno.
Il re del pranzo stavolta era l'abbacchio, proposto in tutti i modi: fritto, al forno, in umido, bollito, alla mugnaia e sottovuoto.
Accanto ad esso troneggiavano uova di cioccolato fondente, al latte e bianco, accompagnate dall'immancabile pastiera e dal casatiello, che portavano i parenti di nostra madre.
Anche allora il Quartiere diventata un viavai di persone, ma i più gasati di tutti erano Don Fernando e la perpetua Celeste: tra la Messa, la Via Crucis e il buffet di Pasquetta, in chiesa c'era molto da fare; Iolanda veniva spesso a pregare per l'anima del figlio Manuel, ormai perduta.
Per tutta la settimana tenevamo sotto controllo le previsioni meteo, sperando che a Pasquetta fosse bel tempo, ma poi puntualmente pioveva e rinviavamo l'idea del picnic all'aperto all'anno successivo.
Credo di aver perso il conto di tutti i picnic rinviati a causa della proverbiale pioggia di Pasquetta.
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La bambina cattiva [Saga del Quartiere Anceschi]
General FictionQuesta è una storia che difficilmente può essere raccontata senza rifletterci sopra, una storia combattuta e sofferta, di menti eccelse, di luoghi problematici e d'amore. È la storia di Laura, del suo rapporto con Antonio, della sua voglia di cambi...