Il sole penetra dalla finestra illuminando la stanza, nonostante ci siano le veneziane, esso trova il modo di entrare.
«Come stai?» Chiede l'unica voce familiare in questo posto.
«Finché resto qui sto male». Lui sogghigna «Bel colpo, ma abituatici. Voglio vederti in questo letto ancora per quattordici giorni!» Afferma il medico dai capelli corvini.
L'ora di pranzo Michael la trascorre a farmi compagnia e scopro che sa essere anche simpatico nei limiti di medico, ma soprattutto di adulto.14 giorni dopo....
Finalmente quattordici giorni sono passati e ormai sono le otto di sera, Michael sta per arrivare, spero con tutta me stessa che mi dimetti.
«Sei pronta ad andare?» Chiede ironicamente entrando in stanza,
«Certo che sì!» Esclamo.
Mi visita velocemente per appurare che finalmente ho tutte le ossa a posto,
«Dove vai ora, intendo appena esci?» Solo due settimane prima gli avrei risposto in modo diverso, invece ora «A casa, ho una stanza in affitto». Lui annuisce e continua con le domande,
«A quanto dista?» Ci rifletto su e poi annuncio incerta,
«Cinque, sei chilometri da qui... Credo. Non sono mai stata brava né in geografia tanto meno in matematica e in fisica. Meglio non menzionare le scale di misura e le distanze» lui ridacchia e dichiara «Se aspetti cinque minuti ti posso accompagnare con l'auto».
Non mi dà neanche il tempo di rispondere che si dirige verso la porta. Scendo dal letto, prendo il borsone e lo aspetto all'uscita principale. Quando si avvicina mi domanda «Sei andata in infermeria a togliere gli aghi?» Io l'osservo stupita e poi sibilo «In verità volevo tenerli come souvenir». Scuote la testa ridendo mentre mi accompagna da quell'infermiera tozza non molto delicata, che mi strappa quasi quelle pungenti e sottili strisce sterili.
Finalmente l'aria fredda d'inverno mi scompiglia i capelli, l'aspiro a pieni polmoni: mi è mancata la libertà. Seguo Michael fino ad una Maserati, che si mette in moto toccando il telecomando che ha in mano. L'aria calda che esce dalle bocchette mi abbraccia e le palpebre si fanno pesanti, non mi rendo conto che mi sto addormentando.Finalmente mi sveglio in un letto vero, i cuscini sono imbottiti e l'aria profuma di lavanda e non di sterile. Ci sono dei quadri sulle pareti, però sui muri della camera che ho in affitto non c'è neanche una foto, quindi è palese che non sono lì. Allora dove sono?!
Scendo dal letto ed esco fuori dalla stanza, percorro una rampa di scale fino a ritrovarmi in un enorme salone. «Finalmente sei sveglia!» Questa voce inconfondibile che mi intratteneva durante la sua pausa pranzo mentre cercavo di mangiare quelle minestrine a parer mio radioattive.
«Mi hai dimesso, ora la smetti di perseguitarmi?!»
Michael fa spallucce e poi annuncia «Ti sei addormentata e non sapevo dove fosse casa tua...» Sospiro e una signora, minuta con gli occhi verdi in perfetto contrasto con i capelli castano scuro, mi porge la mano, «Io sono Carmen la moglie di Michael». Si presenta con un sorriso caldo, io rispondo con una stretta di mano.
Mike mi costringe a fare colazione con una parte dei suoi figli, ovvero: Betany, una ragazza di venti anni, bruna con gli occhi verdi, identica alla madre se non fosse che è alta circa un metro e settanta; poi c'è Christian alto, magro, muscoloso ed è la copia perfetta di Mike per quanto riguarda gli occhi e i capelli. Ci avrei fatto un pensierino dato che è carino e pratica anche boxe, purtroppo è già fidanzato con Sam: una ragazza presuntuosa, alta, muscolosa, riccia con sfumature tra il nero e il castano scuro, gli occhi sono inscrutabili e quasi ti pietrificano come medusa anche se sono castano scuro invece che verdi splendenti.
Decido di andare via dopo colazione. Quindi vado di sopra a prendere il borsone e mi ricordo della droga. Non ho mai aperto il borsone in ospedale a causa delle telecamere. Quindi controllo nella sacca, ma qualsiasi sostanza losca ci fosse è sparita: meglio così.
Saluto Michael che mi ricorda per l'ennesima volta gli accertamenti da effettuare. Mi dirigo verso la porta che si spalanca facendo entrare un freddo polare, tuttavia c'è qualcosa a riscaldarmi: due occhi celesti ed al confine qualche sfumatura di verde. Mi perdo in quelle pozze marine, ma non è un mare qualunque, è la spiaggia più bella dei caraibi. «Jacob mi fai entrare? Si gela!» Così il proprietario di quei occhi si chiama Jake... Una figura di media statura si scorge dietro quella imponente di un metro e novanta di Jacob,
«Ciao, io sono Melany» dice la modella di media statura che mi ritrovo dinanzi. Si una modella, almeno il fisico sembra adatto per quel lavoro e poi come se fosse scontato ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. «Sasha» rispondo stordita. Mi volto e trovo Jake che mi squadra da testa a piedi, anche io ho modo di inquadrarlo meglio: è magro, ha il ciuffo corvino tirato all'indietro e delle labbra carnose e rosse come il fuoco se non di più.
«C'è una bufera di neve, non si può uscire!» Annuncia, facendo sciogliere il nostro contatto visivo, il mio calore.
«Non puoi andare via!» Esulta con un sorriso trionfante Mike,
«Non sarà un po' di neve a fermarmi!» Esco di casa e il cotone candido gelato mi arriva fino alle ginocchia, credo proprio che dovrò restare. Sulla porta c'è Michael con le braccia conserte che mi osserva, di sicuro non voglio dargliela vinta, sono stata più di quindici giorni immobile come una mummia... Muovo un passo, ma sprofondo e inciampo cadendo su quel letto ghiacciato, così morbido da non farmi per niente male. A questo punto Mike sospira alza gli occhi al cielo e ridendo con uno strattone mi libera dall'abbraccio freddo della neve. Non trattengo una risata.
«Vai di sopra e fatti una doccia altrimenti il raffreddore e la febbre avranno la meglio!» Ordina ma con un tono dolce, quasi da padre. M'incanto travolta dai pensieri. Purtroppo Michael mi riporta alla realtà con uno schiocco di dita, «Mh? Ah sì!» Mi riprendo e scompaio sulla rampa di scale.
Scendo al piano di sotto, dopo aver fatto una doccia rilassante e trovo tutti davanti al camino con una cioccolata calda in mano. Carmen offre anche a me una tazza fumante.
«Che film vuoi vedere? Fantascienza oppure horror?» Ci penso su ma la scelta non è per niente difficile,
«Horror è più reale». Sì per me è irreale una vita scorrevole con pochi dolori e pochi mostri, sono reali invece i mostri che sbucano ovunque, anche se solo nel tuo cuore e purtroppo o per fortuna non sono visibili agli altri...
Sam intraprende una fragorosa risata e poi riesce ad esordire «Ma se sei troppo piccola per vedere certe cose, scapperesti in camera piangendo!» Faccio un sorriso come per scommessa e le chiedo «E se io non mi mettessi a piangere poiché certe scene le ho vissute di persona?» Con un sorriso sghembo mi guarda e poi domanda per punzecchiarmi,
«Cosa hai vissuto di tanto orribile, ti è morto il gatto?» Fisso le mie dita e sento gli occhi prudermi, segno che le lacrime hanno voglia di rigare le guance, ma con due anni di esercizio riesco a trattenerle e sussurro tra me e me «Magari, se solo tu sapessi...»
«Allora vuoi mettere play oppure hai paura?» Chiedo rivolgendole un sorriso di scherno. Se lo sguardo potesse uccidermi, a quest'ora sarei passata a miglior vita a causa dell'occhiata truce di Sam. Guardo lo schermo che si illumina con una scritta sanguinosa...Resto a guardare le scene più crude non sussultando nemmeno un po' e sento le occhiate addosso degli altri. Quando i titoli di coda si susseguono sullo schermo, sbadiglio ed annuncio «Noioso, qualche scelta migliore no?»
Sam a questo punto esplode e urla «Ma chi ti credi di essere? Sei appena arrivata e già mi rispondi, come ti permetti!?» Sarò anche la nuova arrivata, ma i piedi non me li sono mai fatti mettere in testa e non intendo farmeli mettere ora. Mentre penso a una risposta accurata Betany accorre in mia difesa,
«Sam ti ha risposto a dovere e questo non ti ha fatto piacere. Dovevi aspettartelo, hai iniziato tu!» Lei sbuffa e tira via per mano Christian.
«Betty puoi prestare un cambio a Sasha e farle vedere la camera che ha utilizzato ieri?» Chiede Michael, lei annuisce e con il capo mi fa segno di seguirla. Entriamo in una grande cabina armadio,
«Grazie per aver risposto al posto mio, ma non eri tenuta a farlo. Non voglio che ci siano disguidi in famiglia a causa mia». Lei sospira e mi rassicura «Ci voleva proprio chi teneva testa a Sam. Tieni ho visto che vesti di nero...» Mi porge una polo e un jeans scuri come la notte, sorrido e li prendo. Quando infilo i pantaloni, però, sono costretta a fare i risvoltini poiché sono bassa rispetto a Betany.
La stanza è piccola e il letto è attaccato alla parete su cui è presente una piccola finestra con dei drappi magnifici. A sinistra c'è un armadio dentro cui è presente il mio borsone. La giornata è trascorsa in fretta ed io non ne sono per nulla felice, poiché sono consapevole che rivedrò nel sonno i fantasmi del passato.
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Non scrivere mai la parola fine
RomanceSasha è una ragazza che dell'adolescenza ha vissuto poco e niente, eccetto per le birre e i pacchetti di sigarette vuote che la circondano a tarda notte dopo che, piena di lividi, ha terminato gli incontri di boxe. Una notte, che sarà decisamente d...