34. Un gesto galante o no?

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«Come ti chiami?» Chiedo. Tom ha deciso che questo sarà la mia prima assunzione.
«Andrew, ho ventinove anni. Ho fatto il buttafuori per tre anni ed al campus praticavo boxe». 
«Bene, solo qualche altra domanda e poi abbiamo finito. Hai una fidanzata, moglie, figlio o qualche persona a cui devi stare vicino? Te lo chiedo solo perché a volte capiterà che dovrai rimanere in servizio o comunque alloggiare qui per qualche giorno...»
«No, ho un cane: Belle, che però lascerò ad una mia amica. Quindi nessun problema con gli orari dei turni». Sono basita, Belle è la parola di riconoscimento. Sono un po' interdetta perché all'inizio non mi aveva dato l'impressione di un poliziotto: è molto giovane, però mi devo fidare. In un certo senso sono costretta, altrimenti starò nella stessa situazione di Ellie e tra qualche giorno davvero ci troveremo a parlare di punto a croce o ricami.
«Per me hai tutte le qualità per ottenere il lavoro...» Guardo Thomas che è poggiato al muro con le braccia conserte, acconsente con il capo mentre noto un piccolo sorriso che ormai si è impadronito delle sue labbra. Starà sicuramente architettando qualcosa che a me non piacerà.
«Sei assunto, puoi incominciare da domani mattina» lui si rilassa un po', anche se prima non sembrava nervoso, e si dirige verso la porta.
Giro sulla sedia e gli chiedo sospettosa «Che ti succede? Non sei mai stato così felice». Non che poi lo conosca da molto. Lui fa spallucce e dichiara «Sono contento perché sei stata perspicace ad assumere Andrew, infatti vorrei festeggiare con te: vestiti elegante che stasera si va a cena!» Poi mi conduce in camera e dice che mi aspetta alle otto nel salone.

Trovo sul letto due scatole, una più piccola e una più grande. Apro quella contenente una pochette e un vestito di velluto nero, lo indosso. Osservo il mio riflesso allo specchio, la schiena scoperta, lo spacco che mette in risalto la mia gamba destra. Apro lo scatolo più piccolo, vedo delle scarpe con il tacco sottile ma non a spillo affinché risultino molto eleganti, sono di color argento chiaro. Trovo all'interno della borsetta uno scatolino piccolino come quelle della gioielleria, lo apro e vi trovo una collana di argento con diamanti chiari e un paio di orecchini con la stessa decorazione della collana. Scorgo un piccolo bigliettino: Spero ti piaccia, con affetto: Thomas.
Do uno sguardo all'orologio vedo che mancano pochi secondi alle otto, prendo la pochette argentata ricoperta dagli stessi diamanti incastonati nella collana e negli orecchini.

Thomas:
Inizio a vedere le scarpe, poi il vestito e, gradino dopo gradino, la sua figura compare per intero: è bellissima. Il suo trucco è molto leggero, gli occhi sono più luminosi, non li nasconde dietro a tutto quel nero. Stasera si è rivelata la vera Sasha, sa essere: sia una pugile temibile, sia una ragazza elegante e raffinata. Mi sorride ed i miei occhi si soffermano sulle sue labbra carnose, stavolta non ricoperte dal solito rossetto rosso, ma sono solo lucide con qualche brillantino.
«Sei bellissima» mi appropinquo a sussurrarle nell'orecchio appena si avvicina a me. La vedo arrossire impercettibilmente, lei alza lo sguardo e cambia espressione nel vedere i miei occhi che non sono più da felino, ma sono la copia stampata di quelli di mia madre.
«Perché ti sei tolto le lenti a contatto?»
«Con te non c'è bisogno di sembrare un leone, posso confidarti le mie debolezze... Io mi fido di te», annuisce e quando le poso un bacio alla base del collo rabbrividisce facendomi sorridere.

Sasha:
In auto ci teniamo la mano per tutto il tempo e ci stacchiamo solo quando lui scende per aprirmi la portiera. Entro nel ristorante e mi rattristo un po' nel vedere che non c'è nessuno al di fuori del personale, ma di certo non lo do a vedere.
Quando ci servono il primo, lo assaggio un po' indecisa se mangiarlo o meno, ma il sapore è davvero ottimo, «Cucinano bene, mi chiedo perché non ci sia nessuno...» Rifletto ad alta voce, lui sghignazza e indago «Non centrerai mica qualcosa?» Il suo sguardo parla chiaro,
«Non dirmi che hai prenotato tutto il ristorante?» Lui annuisce, sorrido «Ma sei pazzo? Ti sarà costato una fortuna!» Tom si fa di colpo serio, come se gli avessi toccato qualcosa di importante,
«Io per te farei di tutto, basta che chiedi» mi sfiora con le dita il dorso della mano poggiata sul tavolo.
Sorrido, la cena continua in silenzio, ogni tanto ci scambiamo sguardi carichi di frasi mute. Dentro di me però ricompare Charly, «Non puoi spezzargli il cuore facendolo finire in prigione, lui ti ama veramente non come Jake». Già Jacob, grazie Charly per avermelo ricordato.
«Vogliamo fare un giro? Non sono ancora stanca» chiedo a Tom, lui scuote la testa con una sguardo dispiaciuto, «Non possiamo, se la polizia ci beccasse...» Sospiro e mi dirigo a passo svelto verso l'auto, adesso capisco tutto, lui non ha prenotato l'intero ristorante per un gesto galante, non è stato un atto colmo d'amore: no, c'è tutto un motivo dietro che sicuramente non prevede amore. Non che mi dispiaccia, però devo fare qualche scenata da fidanzata delusa.
«Non potremo uscire mai?» Sussurro con lo sguardo rivolto fuori al finestrino, lui sospira e tenta di prendermi una mano, ma la scosto.
«Non fare così, ti ci abituerai». 
«Non sono come una cane che deve per forza abituarsi al padrone, io posso scegliere!» Dichiaro voltandomi, irritata davvero. Ora non sto più fingendo, perché credono che le donne debbano tacere ed essere sempre accondiscendenti a quel che dice l'uomo?
«Non è quello che intendevo...»
«Io credo proprio di sì, e non ho intenzione di essere chiusa in una camera come tua madre, come un oggetto prezioso in una campana di vetro. Tu mi potrai proteggere quanto vuoi, ma prima o poi qualcosa ci separerà, e tu dovrai stare lì a guardare impotente» affermo guardandolo negli occhi.


Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora