7. Ignorata e cacciata

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La mattina, a tavola, Jacob nemmeno mi guarda. Come se la sera prima non ci fossimo mangiati entrambi con gli occhi. Posso sembrare un po' paranoica, ma questo comportamento da parte di Jake lo ha notato anche Betany, infatti mi ha chiesto se fosse successo qualcosa. Io le ho risposto che se gli era successo qualcosa, io non ne sapevo la causa.
La sera mi organizzo per andare in discoteca con: Betty, Melany, Paul, Christian e come può mancare Sam: la sanguisuga acida.
«Jacob vuoi venire a ballare stasera? Vengono tutti...» La sua risposta immediata, secca è «No!»  
Una risposta del genere me l'aspettavo. Sono tentata di chiedergli il motivo del suo umore insopportabile, che lo rende ancora: più schivo, riservato e scontroso del solito, ma non gli chiedo nulla, poiché non voglio che mi ringhi nuovamente un NO in faccia.
Prima di aprire la porta per andare in discoteca, rivolgo uno sguardo a Jake che fa un rabbioso segno di disapprovazione. Allora lascio perdere definitivamente Jacob e l'intenzione di farlo divertire questa sera.
In macchina, Betty esclama «Tu non puoi venire, non sei maggiorenne!» Io rido e le confido «Si, è vero per la mia nazione, ossia l'Italia non sono maggiorenne. Ho sedici anni, ma sui documenti ne ho diciotto, in questo modo posso essere indipendente. Anche se qui in pratica posso fare di tutto con la mia vera età». Lei annuisce, tuttavia, dopo, sgrana gli occhi e sussurra «Hai dei documenti falsi?» Faccio su e giù con la testa in segno di approvazione e poi porto un dito sulle labbra in segno di silenzio.  

Il primo cocktail lo butto giù facilmente, mentre il bicchierino di rum mi fa già girare la testa.
Decido di alzarmi e andare verso la folla che si scatena. Mentre ballo, qualcuno mi afferra per un braccio e mi trascina in un angolino.
«James!» Non ci posso credere, che ci fa qui? 
«Si mia cara, vedo che il collo sta cicatrizzando... Ma passiamo agli ordini del capo: tu devi venire con me domani, al solito posto, alle dieci di sera. Non provare a fare la furba, altrimenti la prossima volta il tuo collo non potrà cicatrizzarsi a causa dell'assenza di sangue» detto ciò, volta le spalle e scompare tra la folla.
Ritorno dagli altri per non fare ulteriori incontri spiacevoli. Trovo tutti perfettamente ubriachi. Cerco di portarli in macchina, ma dopo vari tentativi mi arrendo perché c'è: chi ride e canta da una parte e chi ritorna dentro per bere un po' di vodka...
Chiamo a casa:
«Senti o vieni tu o Michael, qui tutti sono sbronzi, io non riesco a farli salire in macchina».
«Ok, vengo io» risponde scortesemente Jake.
«Vedi che sono tuoi fratelli, io li posso lasciare qui e andarmene, a me non cambia nulla!» Non so dove abbia preso il coraggio per dire queste parole al ragazzo che mi pietrifica e che ancora non ho capito se è un fatto buono o no. Non riesco a riflettere razionalmente, penso che sia colpa della lieve foschia che aleggia tra i miei neuroni a causa dell'alcool.
«Ok, ora non rompere però!» Risponde Jake prima di posare il telefono. 

Aspetto all'uscita della discoteca. Appena vedo una macchina familiare inizio a scuotere leggermente la mano.
Arrivati a casa, dopo aver accompagnato tutti nelle stanze, scendo in salone per dire che è tutto apposto, ma non trovo più nessuno, così decido di farmi una doccia calda e poi andare a dormire. 


La mattina alle nove, come sospettavo, tutti sono a letto tranne Michael e Carmen che, appena mi vedono, preparano una spremuta.
«Com'è andata ieri sera, ti sei divertita?» Mi chiede in modo materno Carmen. Io sorrido e mi perdo nei miei ricordi.
«Hey, tutto bene?» Mi dice Michael scuotendo la mano di fronte a me.
«Sì, mi ero persa solamente nei miei pensieri...»
All' improvviso mi chiama in disparte Jake.
«Voglio che te ne vai da qui!» Espone in tono secco,
«Perché?» Questa parola mi esce come un sussurro strozzato a causa delle lacrime che attendono di rompere gli argini.
«Sei pericolosa. Tu hai scelto una vita fatta di: documenti falsi, punizioni in cui versi il sangue, non io e la mia famiglia. Se quella sera avessero fatto qualcosa a me, Michael ti avrebbe cacciato via, perché anche se ti tratta come una figlia tu non lo sarai mai!» Ogni parola mi colpisce come una freccia al cuore, ma ha ragione. Io non sarò mai sua figlia, ecco l'ho ammesso. Mi piaceva il rapporto che si era creato, e si stava creando, con Mike. Mi sono illusa ancora una volta. 
Mi volto, mi chiudo in camera mia, non faccio le valigie perché le maglie e i pantaloni me li ha prestati Betty. Già lei, come potrò non parlarci più... Già mi manca! Sembra assurdo, lo so. Ma quando si è abituati a non dire una parola anche per un paio di giorni di fila, e poi trovarsi improvvisamente, a chiacchierare come se ti conoscessi da tempo con una persona non è facile non affezionarsi, non illudersi.

Ho deciso di partire questa notte, così non dovrò salutare nessuno e lasciare questo sogno sarà meno difficile.
Chiamo James, per dirgli che oggi non posso andare, ma che poi non mancherò mai più... Lui mi ha ripetuto la minaccia che mi ha fatto in discoteca. Tuttavia a me non importa, posso anche morire, tanto che vivo a fare!
È tutto buio, sto attenta per cercare di far meno rumore possibile. Non sono mai stata brava a nascondere il dolore, o meglio, non lo ero fino a due anni fa. Fa più male ora che quando ho lasciato l'Italia.

Affranta commino per strada come un cane bastonato. Non voglio andare né a casa né a ubriacarmi. Desidero solo stare con lei, ma non è possibile.
Mi siedo su una panchina perché le gambe mi tremano. Butto il capo all'indietro per osservare le stelle, un tempo significavano molto per me, adesso invece...Ora sono solo punti luminosi su un cielo scuro e terso.
Le stelle mi fanno ricordare quanto sono cambiata dopo che lei... Mi piacevano i libri, soprattutto i romanzi. Saranno due anni che ormai non entro in una libreria. Come dimenticare la mia passione per la poesia. Ne avevo scritte tante e le avevo raccolte rigorosamente  in un quadernetto, quando ancora la mia vita aveva un senso. I miei quaderni sulle frasi più belle dell'Iliade e della Divina Commedia buttati sulla brace prima di partire per l'America.
Mi sento il viso bagnato e mi chiedo da dove proviene quest'acqua... Sono le mie lacrime, non vorrei piangere eppure lo faccio.
Una jeep nera lucida familiare si ferma e James scende, lo guardo, mi prende per un braccio e mi fa salire.
«Ma sei matto, l'incontro oggi non lo faccio!» Lui si volta e ringhia «No tu lo fai, altrimenti il capo prima squarta te e poi me!» A quell'affermazione faccio un leggero segno di approvazione con la testa, devo placare in qualche modo la rabbia che mi sta bruciando dentro. Anche se ora è indebolita da un misto di tristezza e delusione.
Prima di entrare nel locale, James mi afferra per un braccio e mi sussurra «Non ho detto al capo che oggi non saresti venuta, quindi reggimi il gioco altrimenti non vedremo il sole sorgere!» Non ho nemmeno il tempo di dire grazie che il capo mi si pianta davanti.
«Meglio non disubbidirmi la seconda volta, vero?» Non gli rispondo, non gli do questa soddisfazione. Dato che già avevo fatto un paio di incontri in questo posto, mi dirigo verso lo "spogliatoio" non calcolando minimamente quel signore grassoccio con il sigaro stretto tra le labbra.
Dopo aver eseguito tutte le procedure per il cambio di vestiti, mi accendo una sigaretta. Noto che non ne avevo fumata nemmeno una quando stavo con Michael. La metto in bocca e accendo il tabacco, non penso a nulla. So solo che l'avversario di questa notte sarà molto sfortunato. Prendo i guantoni dal borsone e vedo un display illuminarsi sotto una maglia. Lo prendo ma non ho il coraggio di leggere i messaggi, quindi lo ributto nel groviglio di panni stropicciati.
Una voce robotica pronuncia il mio nome, salgo su quel tappeto rosso lucido tanto familiare. Non mi prendo la briga nemmeno di guardare in faccia l'avversario fino a quando la campanella non suona. Ho la testa altrove, tuttavia riesco ugualmente a mettere a tappeto il lottatore.
Ho la mente annebbiata, non so cosa voglio, guardo davanti a me e vedo il buio più totale e questo mi fa una certa paura.


Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora