46. Mi hai chiesto tempo non spazio

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Jacob:
Sono le quattro del mattino, sento urlare, la voce è inconfondibile, ogni parola e sillaba mi colpiscono al cuore. Mi alzo, tuttavia mi fermo come congelato vicino alla porta, mi tornano in mente le sue parole, non mi vuole, devo rispettare le sue scelte. Ma davvero voglio arrendermi così in fretta? La risposta è immediata e secca: no! Finalmente afferro la maniglia e apro la porta, mi trovo davanti Sasha che ha le lenzuola tutte attorcigliate attorno a lei. Anche io se fossi al posto delle coperte vorrei stringerla così forte. Un suo urlo mi riscuote dei pensieri, le sfioro il viso e lei apre gli occhi dopo poco, ha la fronte imperlata di sudore e le iridi rivelano panico e paura. Ha il respiro corto quando si dirige in bagno, sta per chiudere la porta, ma io la blocco con il piede, si volta di scatto verso di me, «Mi devo fare una doccia!» Esclama a denti stretti, «Vorrei parlarti» esordisco. Lei scuote la testa come una bambina capricciosa a cui è stato fatto un dispetto, «Beh, io non mi leverò dai piedi fino a quando io e te non avremo sostenuto un dialogo», incrocio le braccia per affermare la mia determinazione. Lei ci riflette su e poi accetta «Okay, ma ad una condizione: prima mi faccio una doccia e dopo discutiamo». Annuisco e mi dirigo in camera.

Sasha:
La doccia la faccio più in fretta possibile, non ho voglia di rimandare la conversazione ormai imminente con Jake, meglio togliersi il dente ora che dopo.
Con i capelli ancora bagnati entro in una stanza che conosco troppo bene, ma che non è la mia. Mi siedo sul letto, Jacob resta seduto sulla sedia vicino alla scrivania. Lo guardo e attendo che sia lui ad iniziare il discorso, ma sembra perso nel squadrarmi da capo a piedi. 
«Allora?» Chiedo stufa dell'attesa, anche se una piccola parte di me è felice che lui non si sia perso d'animo e che sia venuto a cercarmi ancora, nonostante io gli abbia detto il contrario.
«Ah, sì... Perché mi hai detto di starti alla larga?»
«Perché non ti voglio tra i piedi». 
«Non mi soddisfa come risposta». 
«Invece per me è più che sufficiente» obbietto,«Va bene, dato che io non posso ricevere tutte le informazioni, anche tu non potrai usufruire di tutte le pretese che dichiari» afferma con autorità.  
«Non ci girare intorno. Dimmi quello che vuoi sapere, ma non girarci intorno».  
«So che ti ho fatto star male, però con Sam non è che sei mai andata d'accordo e vi siete date talmente tante frecciatine che mi chiedo come siate ancora in vita. Insomma, a lei permetti di starti vicino, mentre a me no. Perché?» I suoi occhi sono sinceri mentre parla, mi ammorbidisco un po'.
«Innanzitutto il rapporto tra me e te non può essere messo in confronto con quello che avevo con Sam. Lei è sempre stata così, tu per la maggior parte delle volte non eri né carne né pesce, e sinceramente sono già abbastanza confusa di mio, non ho bisogno di avere accanto una persona con le idee più caotiche di me».
«Ma io ora so quello che voglio: desidero te». Questa confessione mi lascia senza fiato, non me lo aspettavo, o meglio sì, ma non che me lo dicesse apertamente. Mi prende le mani nelle sue, sono pietrificata, però, ad un certo punto, ritrovo le forze per alzarmi e andare via.
Entro nella mia stanza e scivolo con la schiena lungo la porta, non potrò mai dimenticare l'espressione che aveva sul volto. Sento bussare e so, senza ombra di dubbio, che è lui. Non rispondo, trattengo persino il fiato pur di non emettere alcun rumore. Quando finalmente sento i suoi passi mentre si allontana, mi rendo conto che sono le sei e mezza, gli altri si sveglieranno a minuti per andare a scuola.
Non vado in salone fino a quando l'orologio non segna le sette. Come sospettavo, sono tutti pronti per andare a scuola, ma manca Jake e anche Nicolas, forse stanno insieme. «Ciao Betty, dov'è Nick?» Lei fa spallucce, «L'ho visto mentre usciva con mio fratello, però non sono al corrente della loro meta». Sospiro, mi dispiace aver avuto quella reazione, però anche lui poteva aspettare che mi riprendessi un altro po' per sganciarmi quella bomba, che ancora non ho deciso se è positiva o negativa. Michael mi chiama con un gesto, mi avvicino «Come hai dormito?» Dalla mia espressione comprende che Morfeo mi ha ospitato per poco tempo e mi ha cacciato dalle sue braccia in malo modo.Mi porge un toast, lo guardo con aria un po' disgustata, lo addento, lo sento scendere lentamente verso il mio stomaco, sento che il sapore sta mutando in qualcosa di disgustoso, vado in bagno.

Michael:
La vedo correre, sto per raggiungerla quando scorgo mio figlio e Nicolas entrare dalla porta, sono infreddoliti, saranno andati a fare un giro in moto in piena notte, ormai ho rinunciato a rimproverarli.
Sasha si sta lavando i denti e la faccia, «Ho sbagliato io a darti il toast, sapevo che era il cibo preferito di tua sorella e non ci ho pensato mentre te lo preparavo». 
«Non ti preoccupare» sussurra, sulla soglia del bagno compare Jacob.

Sasha:
Guardo Jake, lui rivolge uno sguardo al padre il quale ci lascia soli,«Devo parlarti» afferma, mi indispettisco a causa del tono in cui parla,«Io no». Assottiglia le palpebre, capisco che si sta arrabbiando, il mio sguardo si sofferma sul suo naso arrossato dal freddo.
«Infatti non c'è bisogno che tu apra bocca. So che quello non era il momento migliore per dirti quelle cose, ma non sopportavo più di tenerle dentro, di starti alla larga, non sapendo se tu realmente voglia che io ti stia lontano». «D-dammi un po' di tempo, sta succedendo tutto troppo in fretta. Domani dovrò parlare con la p-polizia, ti chiedo solo qualche giorno, poi ritorneremo sulla conversazione». Esco dal bagno e mi poso una mano sulla fronte, mi fermo vicino al muro. Jacob compare davanti a me, sbuffo, lui precisa «Mi hai chiesto tempo non spazio. Non tornerò sul discorso finché non lo farai tu». Lo guardo negli occhi e mi mordo un labbro per non sorridere, ma non ci riesco, chino la testa perché so che, se mi vedesse felice, non avrà più freni. Lui però mi alza il mento con un dito, mi prende per mano spensierato come un bambino e mi conduce in salone. Carmen ci viene incontro, «Ti do tempo fino a dopodomani, poi voglio vederti andare a scuola. Capito?» Ordina puntandogli un dito contro, ha l'aria autorevole, ma non traspare rabbia dal suo volto. Jacob fa il saluto militare e poi afferma «Sissignora!» Si volta e mi fa l'occhiolino.

Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora