48. Ho detto tutte!

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Mi trovo nel mio letto ma non so come ci sia arrivata. Vedo sul comodino, vicino all'abat-jour, un bigliettino.
Sono andato a scuola altrimenti mia madre avrebbe rotto. Se fosse stato per me, non mi sarei staccato da te. Torno presto, non fare stupidaggini... Jake.
Sorrido, vado in cucina con un improvviso buco nello stomaco. Non trovo nessuno, Carmen sarà andata a fare delle commissioni e gli altri saranno andati o a scuola o a lavoro. Mi sto versando un po' di succo quando qualcuno mi stringe le spalle e mi urla «Bu!» Da dietro.
«Sei un cretino, mi hai spaventata!»
«Dovevi vedere la tua faccia!»
«Bravo ridi!» Esclamo al mio migliore amico, facendomi trasportare dalla sua risata contagiosa.
«E tu che ci fai qua?» Gli chiedo, «Boh, Betty non voleva essere accompagnata, ha detto che è una bella giornata e quindi sarebbe andata a piedi». 
«Mica avete litigato?» Accompagno la mia frase con un'occhiata truce, alza le mani per dichiararsi innocente.
«Che ne dici di fare una passeggiata?» Propone cambiando argomento. So che non me la racconta giusta, tuttavia annuisco.
Vado prima di sopra a prendere una felpa. Alzo il cappuccio e infilo gli auricolari nelle orecchie. Camminiamo non so per quanto tempo nel boschetto all'inizio del vialetto di casa. Ben presto siamo immersi nella natura, nella pace e nella tranquillità. Nicolas mi cinge le spalle con un braccio e mi attira a sé, ora capisco perché è rimasto, io oggi devo parlare con la polizia. Il fatidico giorno è arrivato, e io non sono pronta, tuttavia non potrò mai esserlo. Per certe cose non arriva mai il momento giusto.
«Ho paura Nick» sussurro sul suo petto, mi stringe di più, «E di cosa?» Chiede sorridendo. Ma è un sorriso amaro, cerca di rassicurarmi ma non sa come fare.
Sono fiera di me stessa perché sono riuscita a non versare una lacrima. Vedo una moto sfrecciare seguita da due auto, non può essere che sono già loro, oppure si?
«Che ore sono?»
«Sono loro, il tempo a volte vola!» Sorride Nicolas, rispondendomi come se mi avesse letto nel pensiero.

Entriamo e sentiamo Jacob urlare «Lei dov'è?» Vado in salone e lo vedo di spalle, mi mordo il labbro per non ridergli in faccia, «Sono qui rozzo cavernicolo!» Lui si volta di scatto e la sua espressione si ammorbidisce di colpo, non trattengo più e scoppio in una risata. Si acciglia e protesta «Non è divertente», ma ci pensa Sam a contraddirlo «Si che lo è, cucciolo innamorato». Lui si rivolge a Christian, «Pensaci tu a far tacere la tua ragazza, altrimenti lo faccio io con le cattive maniere». Melany incredula chiede «Non vorrai mica picchiare una ragazza?!» Lui la guarda come se avesse detto che viviamo su Marte, poi risponde «No, certo che no, mica serve un pugno per ottenere quello che si vuole, anche il solletico è efficace» tutti scoppiamo a ridere.
Io e Carmen iniziamo a cucinare qualcosa per cena, anche se sono le quattro, lei ha insistito... Nel frattempo gli altri scherzano tra loro e tentano di far morire telepaticamente un professore. Ad un certo punto sento «Non ti tagliare un'altra volta, altrimenti potrai mostrarci le tue doti culinarie solo altre otto volte». Mi volto verso di lui e gli porgo il dito medio con un sorriso, e lui precisa «Lo dico per il tuo bene». Alzo gli occhi al cielo.
Nessuno apre bocca mentre mangiamo una torta che ha preparato Carmen, effettivamente il dolce è proprio delizioso. Verso le cinque arriva Michael, e io sono agitatissima. Melany e Paul vanno a fare un giro, mentre Sam e Chris vanno in palestra. Nicolas e Betty decidono di filarsela in camera di quest'ultima, Dio solo sa cosa combineranno, «Non fate troppo rumore» li avverte Jake.

Sono seduta sul divano e mi sto torturando le dita, Jacob si siede sulla poltrona di fronte a me. Mi divide dolcemente le mani affinché non mi torturi ulteriormente i pollici.
«Che c'è?» Non rispondo, ma lo guardo negli occhi. Inconsapevolmente torno a torturarmi le dita, lui fissa le mie mani e decide di prenderle tra le sue: calde e familiari. Mi mordo il labbro, troppo forte e mi faccio uscire un po' di sangue, lui mi guarda, incontro i suoi mari caraibici che ipnotizzano. Chiudo gli occhi appena sento il suo respiro sule mie labbra, e poi la sua bocca sulla mia. Ci alziamo e andiamo in camera sua: ha detto che mi vuole mostrare una cosa. «E' bellissimo» sussurro dinanzi al mio ritratto, è in bianco e nero.
Sentiamo bussare alla porta, poi compare Michael, capisco che è arrivato il momento. Jacob mi prende per mano e con il pollice compie dei piccoli cerchi lenti sul dorso. Prima di entrare nell'ufficio, vedo Carmen addentrarsi nella camera di Betty. Sbircio dalla porta semiaperta dell'ufficio di Mike, dietro la grande scrivania è accomodato Andrew.
Mi siedo sulla sedia di legno che, come al solito, scricchiola un po'. Vicino alla parete è appoggiato Jake e vicino a lui c'è Mike che ha le braccia conserte. La porta si schiude e compare la figura alta di Nick, si posiziona alle mie spalle e mi posa una mano sulla schiena.
«E' un piacere vederti» dice in tono formale Andrew. 
«Non posso dire altrettanto. Niente di personale, più o meno». 
«Non devo piacerti, devi solo fare una deposizione e poi non mi vedrai più»,
«Allora non perdiamo tempo» sibilo a denti stretti, lui annuisce. Mi chiede degli incontri, dei documenti che ho avuto modo di vedere, e poi arriva la parte che ho temuto per tutto il tempo,
«Che tipo di violenze hai subito?» Mi si gela il sangue nelle vene e sento la mano di Nicolas stingersi un po' intorno alla mia spalla.
«Loro possono uscire?» Chiedo ad Andrew indicando i due ragazzi, lui acconsente e fa cenno ad un poliziotto di accompagnarli fuori. La mano del mio migliore amico si ritrae, come se d'improvviso il mio corpo fosse diventato incandescente. Sento sulla schiena puntati degli zaffiri contornati da smeraldi che però spariscono quando la porta si chiude.
«Tutte» sibilo abbassando lo sguardo, «Sei stata picchiata, umiliata, violentata...» Interrompo quel doloroso elenco con un ringhio «Ho detto tutte!» Ho dovuto fingere, e questa è stata la violenza maggiore che mi sono impartita da sola. 
Finalmente Andrew si alza dalla sedia e fa per dirigersi verso la porta, ma lo blocco «Thomas che sa di me?» Lui risponde «Gli abbiamo detto che sei in prigione, in isolamento precisamente perché non sei gestibile facilmente. E' esperto su queste cose però, quindi sa di per sé che uscirai a breve», annuisco.

Resto seduta sulla sedia per un po' ma, poi mi alzo, sono stufa di stare ferma. In corridoio ci sono i ragazzi che mi seguono con lo sguardo, li vedo entrare nell'ufficio. I miei piedi si muovono da soli facendomi ritrovare ad origliare vicino alla porta. 
«Vi ha fatto uscire perché sapeva che avreste commesso qualche follia se aveste ascoltato le cose che ha detto» afferma in tono calmo Michael. 
«Cosa ha dichiarato?» Chiede furioso Nicolas, «Non posso dirvelo». Sento qualcosa infrangersi contro il muro. Corro giù per le scale, vado nel boschetto che stamattina mi ha donato tanta serenità. Mi siedo a terra con la schiena appoggiata vicino al tronco di un albero, alzo gli occhi al cielo e vedo il sole tramontare. Mi tiro le ginocchia al petto, non ho mai sentito tanto freddo in vita mia. Il mio cuore si è ghiacciato, un vento gelido entra dentro di me e non sembra che abbia intenzione di uscire. Le prime stelle compaiono in cielo, accompagnate dalla luce argentata della luna.


Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora