40. Terra mia

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Sasha:
Mi sono ammutolita dall'atterraggio. Il fuso orario mi ha stancata molto, tuttavia non riesco ad addormentarmi nonostante sia a letto. Lui è vicino a me; però, per fortuna, mi dà le spalle. Penso ad Ellie, a quei cani, a me; perché alla fine dopo aver progettato tutto sono proprio io ad essere rimasta con questi... Non so come definirli, ma di sicuro non uomini.
Dopo una notte insonne le mie occhiaie si fanno vedere, ma ora non mi interessa dell'aspetto. Una cameriera mi riferisce un messaggio scritto da Tom, «Vai in sala pranzo, appena ti alzi dal letto». Mi lavo e fatico un po' per trovare il luogo dell'incontro, questa villa è più piccola, ma comunque dispersiva.
«Perché lo hai fatto?» Chiede inespressivo Thomas. Capisco a cosa si riferisce, tuttavia opto per tener chiusa la bocca. Lui, visibilmente irritato, sbatte il bicchiere sul tavolo e si alza, mi sfiora il collo e poi con tono aggressivo mi ribadisce la domanda, alla quale rispondo con un flebile «Non lo so». Sulla sua faccia si dipinge un ghigno e mi propone «Ti lascio un po' da sola affinché tu possa ricordare il motivo, va bene?» Non mi dà il tempo di accondiscendere o rifiutare che fa cenno ad uno degli uomini, più grandi che abbia mai visto, di avvicinarsi. Si sofferma a squadrarmi da capo a piedi prima di irrompere in una risata amara e lasciarmi da sola con quest'uomo. Lo seguo mentre mi conduce nella mia stanza lasciandomi sola con i miei pensieri, le mie paure, ma soprattutto il mio panico. E se la polizia non sapesse dove sono? E se Thomas dovesse porre fine alla mia vita prima che possa essere libera? Però ha detto che non può fare a meno di me...
Quest'ultimo pensiero non mi conforta molto, comunque è già qualcosa.

E' quasi buio, entra nella mia stanza Tom scuro in volto, «Spogliati!» Mi ordina ma oppongo resistenza, «Perché?» Chiedo indignata dal suo comportamento. 
«La polizia è qui vicina, devo controllare che non ti abbiano messo qualche localizzatore addosso!» Stupita ripeto «Che non ti abbiano messo...» Inizia a strapparmi i vestiti di dosso, tento di fermarlo, mi salgono le lacrime agli occhi. Lui mi pende il volto tra le mani e mi sussurra «Tranquilla, ho capito che non hai avuto altra scelta» mi posa un bacio sulle labbra. La nausea mi sta avvolgendo, mentre continua a togliermi i vesti.
Alla fine controlla tre volte ogni straccio e ammette «Non c'è niente! Può essere che i poliziotti in America si siano messi in contato con quelli locali. Seguimi». Ma, dato che io non ho intenzione di muovermi, ancora scossa da quel che è appena accaduto, mi prende la mano e mi trascina con sé.

Mi costringe a salire in macchina, ma cerco di opporre resistenza perché finalmente odo le sirene per la seconda volta in quarantotto ore, tuttavia vengo spinta in auto. Riconosco fin troppo bene queste strade. Ci stiamo avvicinando sempre di più al luogo dove svolgevo i miei primi incontri, ove ho conosciuto il mio unico amico: Nick. Entriamo in quel posto, ma non ci fermiamo, continuiamo il nostro percorso verso una meta a me ignota. Percorriamo molti quartieri a me familiari, fino a che non arriviamo davanti alla mia vecchia casa.
«Qui è il primo posto dove verranno a cercarci!» Esclamo rivolgendomi a Tom sicura che sappia della mia residenza. Non che io non voglia trovarmi faccia a faccia con la polizia, però lì dentro ci abita mio padre e Thomas sa che è deceduto.
«Infatti non andiamo lì, ma da un mio amico in campagna» tiro un sospiro di sollievo, anche se subito penso che la polizia avrà più difficoltà a trovarmi.

Una volta in campagna, mi ritrovo in una casa diroccata e quel che sembra un allevamento di cavalli. Una Mercedes nera lucida aspetta vicino al cancello di legno, il finestrino dell'auto si abbassa rivelando l'amico di Thomas, in fin dei conti non sono per niente diversi. Il cancello cigola varie volte prima di essere aperto manualmente. Entro nella casa che puzza di chiuso e muffa, ma è il posto ideale per nascondersi, purtroppo.

Tutta la serata la passo ad osservare i dintorni, incuriosita da questi animali magnifici. Sento la voce dell'omaccione a cui sono stata affidata, mi conduce in quel che sembra una cantina, ma dopo centinaia di bottiglie posizionate ordinatamente su degli scaffali, il corridoio si allarga chiudendosi poi in una sala squadrata perfettamente: non c'è intonaco, solo pietra. Sembra uno di quei rifugi costruiti per le guerre mondiali. C'è un tavolo su cui è servita la nostra cena. Tom mi presenta al suo amico e devo dire che non sono affatto lieta di averlo davanti, mi bastava un solo felino; lui non avrà gli occhi da gatto, ma sicuramente ha lo stesso carattere di Thomas. Stavolta sono davvero affamata.

Ellie:
Dopo tre ore di interrogatorio Andrew mi confida «Hanno perquisito la casa, ma se ne sono andati. Ha idea di dove possano essere andati?» Scuoto la testa, lui si sfrega la nuca per la frustrazione «Che cavolo! E' quasi un anno che è alla mercé di quei farabutti, l'unica che ha permesso tutto questo e che ha organizzato tutto nel minimo dettaglio, ma soprattutto ha subito di più, è ancora nelle loro mani... E' assurdo come accadono le cose». E' vero, a Sasha non bastava perdere sua sorella e sua madre, no, doveva conoscere anche mio figlio e assecondarlo.
«Non dovete avvertire un suo parente o un suo amico che lei è stata portata via?»
«Non ha parenti da quel che ci ha comunicato e per quanto ne so, Sasha, non è il suo vero nome. Il cognome non lo ha mai menzionato... Ma ha citato un certo Michael Brown, farò delle ricerche e vi farò sapere. Nel frattempo una mia collega vi cercherà un posto in cui potrà dormire».

Sasha:
Non avevo incubi da un po', ma stanotte Morfeo mi ha giocato un brutto scherzo, è stato davvero orribile. Per giunta, è stato Tom a svegliarmi e a farmi notare che è stato solo un sogno, ma per consolarmi non ha fatto nulla, neanche abbracciarmi, mi ha solo lanciato uno sguardo e poi si è girato di fianco ed è precipitato nuovamente tra le braccia del perfido Morfeo. Quest'ultimo però non aveva spazio per stringere anche me, lasciandomi sveglia con i miei pensieri. Vado in bagno per fare una doccia e purtroppo l'acqua fuoriesce soltanto fredda. Esco subito con più ansia di prima: mi sembra di soffocare.

Esco all'aperto, il vento settembrino mi accarezza i capelli scuri bagnati. Quanto mi è mancato il vento italiano, ma soprattutto, la brezza marina che non ha avuto ancora modo di accarezzarmi. Qualcosa mi preme contro la schiena, mi volto di scatto sulla difensiva, però subito mi tranquillizzo constatando che il tocco era il muso di un cavallo. Lo accarezzo e lui mi sfiora delicatamente la guancia, è una carezza affettuosa che volevo ricevere da parecchio. E' incredibile quanto animali e uomini a volte possano scambiarsi i ruoli. «Qualsiasi animale assume il comportamento nel modo in cui viene addestrato, Thomas forse è così burbero perché è nato nella famiglia sbagliata». Charly tenta di difenderlo, però mi ha procurato troppo dolore e chissà quanto altro ne ha causato a mia insaputa, magari a famiglie con bambini più piccoli. Vedo il sole fare capolino da una montagna. E' stupefacente quanto questo posto mi doni: felicità, voglia di vivere, ma al col tempo mi distrugge in una maniera irreparabile.
«Non puoi uscire senza dirmi dove vai, capito?!» Apostrofa duro Tom. Lo guardo, è visibilmente preoccupato, non so spiegarlo bene, ma è come se avesse paura di perdermi e non perché mi ama o cose del genere, è come se fosse un maniaco del controllo e non vuole perdere dei pezzi; io sarei uno di quelli, nel caso non sia abbastanza chiaro. Inizio ad avere più paura del solito, non so come calmarlo nel caso dovesse innervosirsi troppo e quindi andare di matto.
«Okay, scusa non lo faccio più» prometto raggiungendolo. Le sue spalle si rilassano abbassandosi, le sue labbra si increspano quasi a formare un sorriso.
«Tieni, ti aiuterà a calmare i nervi» mi porge una sigaretta, la osservo meglio: è uno spinello. Lo guardo incerto, ho sempre fumato soltanto tabacco; è vero mi ubriacavo, tuttavia non ho mai fatto uso di stupefacenti. Non posso rifiutarlo, si offenderebbe; per cui lo accetto, me lo accende ed inizio a sentire l'odore dolciastro caratteristico di una canna.
Anche lui inizia a fumarne uno. Appena finito mi gira un po' la testa, ma niente che mi faccia davvero dimenticare l'incubo di stanotte o tutti gli altri pensieri.

Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora