21. Una luce fioca

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Nicolas:

Arriva Jacob come una furia, mi prende in disparte, mi conduce frettolosamente nella sua stanza, appena chiude la porta mi racconta tutto l'accaduto.

«Cosa intendeva per tradimento? Lei davvero non sapeva nulla!» Dichiara sfregandosi preoccupato la nuca. Io sospiro e ammetto «Mentre stavamo al centro commerciale, mi ha chiamato il capo sotto cui Sasha ha svolto i primi incontri. Si trova qui, a cinque minuti d'auto fuori dal paese e la vuole nuovamente come sua pugile. Credimi, se questo stronzo che l'ha trattenuta sembra spietato, quando conoscerai quest'altro, lo stronzo, ti sembrerà un agnellino indifeso!» Lui riflette ed azzarda «Immagino quindi che non hai potuto fare altro che dire di sì!» Annuisco per conferma, lui si siede sul letto con un tonfo ed esclama «Merda!»

Rifletto un attimo, «Calma, oggi è domenica e gli incontri solitamente si tengono il lunedì. Domani sera andiamo lì, ti ricordi il posto?» Jake muove freneticamente il capo ed esclama «Come dimenticarlo». Si sfrega la faccia e gli chiedo «Prima ho bisogno di sapere quanto sei disposto a rischiare, quanto tieni a Sasha?» Lui ci pensa su e poi confessa «Quando non c'è mi sento incompleto, vuoto. Ho una voglia irrefrenabile di baciarla...» Gli poso una mano sulla spalla in segno di solidarietà, sorrido «Ci tieni, è dura ammetterlo quando sei un puttaniere professionista... Un tempo lo ero anche io, ma alla fine ho capito che te ne potevi fare quante ne volevi, non ti soddisfaranno mai come invece fa un semplice bacio con la persona alla quale tieni». Lui mi guarda, ma non è affatto stupito, infatti annuisce e ci battiamo il pugno. 

Sasha:

La stanza sarebbe completamente immersa nel buio se non fosse per una piccola lampadina che emette una luce piuttosto fioca. Mi guardo intorno e vedo solo un materasso macchiato poggiato a terra e una puzza acre attanaglia la mia mente. 

«Alzati!» Mi volto nella direzione in cui proviene la voce, la porta si apre cigolando, «Sei sorda!?» Un uomo mi trascina in una grotta in cui vedo Belle e non è sola, c'è anche James e poi il capo che ride sommessamente dalla sedia situata più in alto rispetto a quella dei semplici spettatori. La mia cucciola ringhia rabbiosamente, è qui che vedo un altro cane da combattimento, quest'ultimo però non è un cucciolo ed è tre volte più grande di Belle. So come andrà a finire e urlo «Lei non c'entra niente. Sono qui, fatemi salire sul ring, dannazione!» Stringo forte le maglie della rete, ma è troppo tardi: vedo il cane muscoloso saltare sulla mia cucciola. Chiudo gli occhi e una lacrima mi riga la guancia, poi colpisco l'uomo che mi tira i capelli per costringermi a guardare. Lui cade a terra ed altri accorrono per bloccarmi, «Calma, riserva la tua rabbia per domani sera, quando dovrai salire sul ring. Portatela via!» Sghignazza il capo.

Mi trovo da sola nella stanza microscopica. Mi siedo sul materasso e mi sfrego forte la faccia. Sento il lucchetto scattare, segno che tra un istante la porta si sarebbe spalancata. Lo stesso uomo che ho colpito si fa toccare dalla luce fioca, lo guardo da sopra la spalla, «Per disinfettarti». Mi porge una garza e una scodella con dell'acqua sporca. Sorrido, mi alzo avvicinandomi a lui, gli prendo il recipiente dalle mani, lo guardo e glielo butto in faccia. Prima che possa fare qualsiasi cosa lo colpisco e afferro il coltellino che ha in tasca, lo accosto vicino alla sua giugulare e sussurro, avvicinando sempre di più la lama alla pelle, «Fammi uscire di qui e giuro che il tuo collo rimarrà intatto!» Entra un altro ragazzo «Ma che...?!» Non gli concedo tempo per poter finire la frase che gli sferro un gancio destro e le mie nocche iniziano a sanguinare. Arrivano altre persone e sento il ticchettio degli anelli sul bastone, indubbiamente anche il capo verrà a farmi visita. «Smettila di crearmi problemi, altrimenti, ti mostrerò di cosa sono capace. La scelta è soltanto tua!» Esclama, e sogghigna appena vede che abbasso lo sguardo. Se ne va aggiungendo «Ottima decisione, per una volta hai usato la testa!» Apostrofo «La uso molto di più di quanto credi!» Mi guardo intorno in cerca di qualche piccola uscita: bingo! C'è una piccola fessura, dovrebbe essere una finestra; tuttavia, siccome la fortuna mi sorride, è sbarrata bloccando il passaggio.

Mi stendo sul materasso e guardo il soffitto, anche se prendessi una malattia per la sporcizia il processo per porre fine a questa assurda vita sarebbe tortuoso e alquanto lungo. In termini letterari, Ulisse ci impiegherebbe meno tempo per arrivare a Itaca che la malattia a sottomettere tutto il mio corpo.


Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora