23. Colpisci forte!

241 13 4
                                    

Sono tre giorni che sono rinchiusa in questo luogo microscopico. Nick si deve sbrigare a tirarmi fuori di qui, sto quasi per impazzire! Mi sembra di essere un pirata rinchiuso nella sua cella che aspetta la ghigliottina. A proposito di pirati... Sapevo che un giorno mi sarebbe servito vedere film al posto di studiare! Ovviamente negli ultimi due anni. Come dice Will a Jack, anzi capitan Jack Sparrow, «Serve solo la giusta leva!» Mi guardo intorno in cerca di qualcosa abbastanza resistente. Scorgo un tubo di ferro piuttosto sottile e ridotto male, lo prendo e provo a ricordare i pochi concetti di fisica che ho studiato ultimamente. Ecco che la piccola grata di ferro si stacca dalla parete, anche perché è completamente corrosa dalla ruggine. Prima di uscire scrivo sul muro con la poltiglia che mi hanno dato per cena «Saluti da Black Queen!» Jack Sparrow sei il mio nuovo idolo, altro che Dante e poeti!

Per fortuna sono muscolosa e abituata agli sforzi fisici, altrimenti non ne sarei uscita viva da quella fessura. Finalmente la luna fa capolino nel mio campo visivo. Sono sul prato e corro lasciandomi alle spalle il palazzo decadente. Qualcuno mi blocca le spalle,
«Lasc...» Poi con una mano mi tappa la bocca. Inizio a divincolarmi e do un calcio basso all'uomo situato alle mie spalle che esclama «Dannazione, Sasha». Nick! Mi volto e lo abbraccio più forte che posso, lui però è molto schivo e mi indica la macchina. Ci dirigiamo verso quest'ultima di corsa.
Mi infilo sui sedili posteriori appena apro la portiera. Due laghi caraibici mi accolgono donandomi un calore e una tranquillità soprannaturale. Dopodiché si voltano verso Nick «Già fatto?!» Il mio amico fa spallucce e ammette «Era già evasa... Sasha colpisci proprio forte!» Jake si lamenta «Ne so qualcosa!» Poi si rivolge a me e chiede «Come stai?» Confesso «Non lo so di preciso». Lui mi attira a se, facendomi poggiare la fronte nell'incavo del suo collo, poi mi guarda con una dolcezza infinita. «Chiudi gli occhi e pensa che sei al sicuro, qui, con me». Il sussurro mi accarezza l'orecchio e lui continua a far uscire delicatamente quel flebile suono dalle sue labbra, «Non pensare più a tutto quel che ti hanno fatto, ci siamo solo io e te: niente incontri, niente minacce, solo noi due con il nostro amore». Mi sto abbandonando tra le braccia di Morfeo che mi appaiono molto allettanti, quando un bacio mielato si posa delicato sulla mia fronte, come una piuma che volteggia nel vento e poi lentamente si adagia a terra.

Mi stiracchio ed osservo le pareti bianche senza macchie che mi circondano. La puzza acre di urina e muffa è sostituita dal profumo di lavanda: sono a casa. Un'ombra alla mia destra si avvicina, mi volto e vedo Jacob sedersi sul mio letto, mi accarezza delicatamente, un tocco quasi impercettibile. Sorrido e lui fa altrettanto,
«Come mai la mia federa del cuscino è umida?» Chiedo, certa che lui mi avrebbe fornito una spiegazione,
«Non te la prendere, ma avevi bisogno di una doccia, i tuoi capelli erano incrostati di sangue. Non temere io non ho visto niente, se ne è occupato Nick». 
«Gli altri che sanno? Mica mi attende un assalto appena esco dalla porta?» Sul suo viso si dipinge un sorriso con i colori dell'arcobaleno,
«Gli abbiamo raccontato che sei stata a dormire da un'amica, credo se la siano bevuta». Mi affretto ad obbiettare «Michael di sicuro non ci è cascato». Corruga le sopracciglia e con un sibilo dolce rassicura «Secondo me sì, poi sei stata lì solo per tre giorni», sospiro e affermo «Giusto, però sembravano molti di più!» Lui intreccia le mani alle mie e sussurra, emettendo un sospiro caldo e rassicurante,
«Ora sei qui con me, è questo quel che conta» mi posa un bacio casto sotto l'orecchio.
«Aspetta, ma dobbiamo andare a scuola!» Lui annuisce e propone «Se ti sbrighi posso accompagnarti con la moto, arriveremo con cinque minuti di ritardo, ma la prof d'italiano ha un debole per me, quindi sul registro non scriverà nulla!» Esclamo «Sei davvero... Non importa, esci che mi vesto!»
«Qualche volta me la fai guidare?» Chiedo scendendo i gradini d'ingresso e rivolgendo lo sguardo alla moto BMW argentata,
«Hai mai guidato?» Mi schernisce Jake. Mi volto verso costui che mi porge il casco e, prima di montare in sella, ammetto «Solo perché ti ho raccontato la vicenda di mia madre e di mia sorella non credere di sapere tutto, ho fatto cose che la tua piccola testolina non potrebbe mai immaginare». Lui si gira e come due magneti i nostri occhi si agganciano, ma l'incantesimo si spezza con un ruggito emesso dal motore. 

Entriamo in classe e vediamo tutti sui banchi e le sedie accostate al muro, la prof non c'è; ma, per qualche motivo, al centro dell'aula sono radunati tutti. Jacob passa avanti per farmi strada tra quel gruppo di persone e non posso credere alle immagini che gli occhi trasmettono al mio cervello. Nick sa prendendo a pugni Daniel. Corro a dividerli, Jake accorre in mio aiuto, tuttavia la prof entra ed esclama con voce stridula «Che cosa sta succedendo?!» Poi osserva un attimo Nicolas e Daniel,
«Tu non sei un alunno» continua. Il mio amico annuisce e poi la prof dichiara «Daniel andrà in presidenza e poi spetterà al preside la decisione se denunciarti alla polizia o no!» Detto ciò si siede non curante dietro la scrivania. Sento Jacob sussurrare al suo vecchio compagno di prede femminili «Vai dal preside e convincilo a non sporgere denuncia, ti conviene!» Il riferente del messaggio annuisce ed esce dall'aula. La prof osserva Nicolas dalla testa ai piedi e fa un sorriso d'apprezzamento.
«Tu, mica te la puoi scampare così!» Nick sorpassa la cattedra e si avvicina alla donna, le sfiora l'avambraccio e le sussurra qualcosa all'orecchio, le prima arrossisce e poi urla «Ma questa è corruzione!» Nicolas sorride e afferma «Non mi può fare nulla, non sono un suo allievo e per giunta e non sa nemmeno chi sono, arrivederci!» La sua sagoma viene nascosta dalla porta. Mi volto per incontrare i mari caraibici di Jake, nella speranza che questi possano dirmi come il mio migliore amico è venuto a conoscenza di certi eventi. «Abbiamo già perso gran parte della lezione, muovetevi a sistemare l'aula!» Strepita l'insegnante. 

All'uscita di scuola riesco finalmente a parlare con Jake, dopo questa mattina è stato inafferrabile come un'anguilla. Gli voglio chiedere come mai Nick ha deciso di accanirsi così con Daniel, dato che io, da quel che gli ho detto, non gli ho dato motivo di creare tutto questo putiferio. Jacob mi porge le chiavi e accompagna il suo gesto con le seguenti parole «Per farmi perdonare, ti lascio guidare la moto». Ormai non tenta nemmeno più di dissuadermi dall'idea che non sia stato lui a parlare. Afferro le figure sagomate di ferro da cui proviene un ticchettio.
«Riesci ad equilibrare il mio peso?» Chiede quando sale in sella,
«Qualora non dovessi farcela ti prometto che lo dirò affinché tu possa intervenire» lo rassicuro. Metto in moto e schizzo sulla strada. Prima di svoltare a destra per andare a casa, sento delle mani sulle mie che girano il manubrio, lo fisso da sopra la spalla e lui confessa «Guidi bene e non mi va di ritornare subito». 
Ho ancora le mani sul manubrio, ma lascio che sia lui a guidare. Appena vedo il palazzo abbandonato dentro cui sono stata rinchiusa mi irrigidisco e schiaccio la schiena verso i suoi pettorali, lui mi sussurra confortante all'orecchio «Non ti voglio portare lì».
Imbocchiamo varie stradine sterrate prima di arrivare in un vicoletto chiuso, un cancello arrugginito con del ferro spinato ci ostacola il passaggio. Sbotto ironicamente «Grazie di avermi regalato questa visione, sai è rarissimo vedere del ferro arrugginito!» Lui ridacchia e risponde «Simpatica! Alza le chiappe dalla mia moto e scavalca il cancello!»
Appena ci troviamo dal lato opposto della moto ci dirigiamo verso la parte più alta della collina, ci sediamo sul prato e dopo esserci presi per un po' in giro lui mi guarda e poi precisa «Con obbligo o verità ho scoperto certe cose che in qualche modo tu volevi dirmi ma non avevi il coraggio. Tuttavia non voglio continuare con questo gioco per sapere qualche informazione su di te, vorrei che fossi tu a dirmele». Io annuisco e volgo lo sguardo all'orizzonte,
«Jake mi dispiace, ma non riesco...» Lui sbuffa e dichiara «Non è facile nemmeno per me, però ci provo!» Faccio spallucce e chiedo «Chi ti dice che io non ci stia provando!?» Lui si alza, si sfrega la nuca e inizia a camminare verso il cancello. Aspetto che lui ritorni, ma stavolta sono io che dovrò andare da lui.

Jacob:
«Aspetta!» Mi fermo e Sasha mi si piazza davanti, in suoi occhi profondi si incastrano con i miei perfettamente come l'intarsio, molti tasselli per formare un'opera d'arte.
«E' ora di andare» esclamo. Lei mi posa le mani sul petto, il nostro intarsio inizia ad assemblarsi, chiude gli occhi e le sue labbra sfiorano le mie che si schiudono. Mi stringe la vita, le accarezzo la guancia, le bacio l'angolo della bocca, traccio tutta la mandibola con le labbra fino a baciare la clavicola.
«Che state facendo?» Urla un uomo. Prendo per mano Sasha e corriamo verso la moto. 

Parcheggiamo la moto in garage e lei ha gli occhi fissi sul pavimento, le alzo il mento con un dito, la bacio con passione, ma vorrei di più, non mi basta avere il contatto con solo le labbra. Lei ricambia, la avvolgo in un abbraccio, si lascia andare, si appoggia al mio petto e posa la testa nell'incavo del mio collo. «E' stato tanto male fidarsi di me?» Chiedo baciandole il collo, lei mi solletica la mandibola con il naso,
«Per essere uno famoso perché si porta tutte le sere una donna diversa a letto, non baci molto bene». Sorrido e la rassicuro «Se mi permettessi di fare qualcos'altro ti farei vedere la mia specialità!» Mi guarda e, prima di baciarmi, afferma «Per il momento va bene così».

Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora