«Ha avuto un incubo, l'ho svegliata e mi ha detto una cosa che io non le ho mai fatto. Ho avuto l'impressione che lei è qui fisicamente, ma in realtà è da tutt'altra parte. Lo so, posso sembrare uno psicopatico ma...»
«Hai ragione, lo ha fatto anche con me e c'era anche tuo padre davanti».
«Come possiamo riportarla qui?»
«Bella domanda». Nick mi posa una mano sulla spalla per confortarmi, ma non ci riesce, vado a fumare in giardino. Non riesco a rilassarmi, per tutti questi mesi mi sono ripetuto che la colpa era solo mia se lei è voluta andare con quei farabutti e ancora mi sento responsabile delle sue scelte; anche se Nicolas, già dopo il primo mese, mi ha rassicurato che non c'entravo nulla. Tutt'ora mi sta ripetendo che non mi devo sentire in colpa perché è riuscita nel suo intento, le sue esatte parole sono «Anche una guerra vinta conta soldati feriti. Purtroppo Sasha è rimasta colpita da quello che è successo, ma lei è forte e supererà anche questo, dalle un po' di tempo».
«Ieri sera ho sentito mio padre parlare al telefono, secondo me era la polizia, chiedevano se Sasha poteva andare da loro. Lui gli ha detto di no, ma penso che per queste cose ci sia una scadenza».
«Infatti, mi hanno dato massimo un settimana» riecheggia la voce di mio padre. Il quale si avvicina, si versa un po' di acqua nel bicchiere che ha preso dal bancone. «Che ci fate in piedi a quest'ora?» Chiede, «Sasha ha avuto un incubo, io l'ho sentita. Lo sai che ho il sonno leggero, e tu?» Lui mi sorride mi posa una mano sulla spalla «Da qualcuno hai pur dovuto ereditare il tipo di sonno» scompare nella penombra delle scale. «Nick e se facessimo venire la polizia qui, sono sicuro che portarla lì, la scombussolerebbe ancora di più. Ovviamente la chiameremo quando inizierà nuovamente a parlare» annuisce. Ritorno nella mia camera, ma non riesco ad addormentarmi, vado nuovamente da Sasha che ha gli occhi aperti e fissi nel vuoto. Appena mi vede, alza gli occhi come se fosse qui in questo momento, mi avvicino, le sfioro la guancia con le dita, si solleva su un gomito, mi sta per sorridere, poi vedo che le palpebre iniziano a farsi pesanti «Ti starò vicino, non ti preoccupare, ora dormi...» Ma la sua espressione cambia e si lascia cadere sul letto senza alcuna delicatezza.Sasha:
«...Non ti preoccupare ora dormi» mi riportano al mio incubo reale. Lo dice Thomas mentre sta per addormentarsi, ma stranamente già so che l'indomani mi farà vedere mio padre e gli toglierà la vita. Riesco a prevedere un futuro nero con qualche macchia rosso sangue.Jacob:
La vedo sgranare gli occhi per un secondo, poi li chiude. Le palpebre tremano appena, quando le riapre una sola lacrima le accarezza la guancia. E' ritornata nella sua realtà, la chiamo, ma lei rimane nella stessa posizione, ossia: a pancia in su.
Anche se vederla in questo stato mi strugge interiormente, non me ne vado; gliel'ho promesso mentre era ancora lucida. Poso la schiena contro la parete candida e inizio a raccontarle i miei ricordi di quando noi due stavamo insieme. Lei non sembra reagire, ma io devo starle vicino anche per me stesso, perché io la amo, so di non averglielo mai detto, però neanche lei me lo hai mai confidato.
Alle sei di mattina mia madre mi porta un po' di succo con dei biscotti. Ne mangio qualcuno giusto per farla felice, in realtà non ne ho voglia, perché il mio stomaco è chiuso da una morsa. Compare Nick sulla soglia della porta, mi alzo dalla sedia,
«Forse ho capito: lei si richiude in se stessa quando diciamo o ci muoviamo come quei luridi bastardi; quindi ho pensato raccontarle di noi, di prima che se ne andasse. Purtroppo non ha funzionato, ma potresti riprovarci tu». Lui annuisce senza troppa convinzione, ma con tutto me stesso spero che ci provi.Nicolas:
E' a pancia in su, rifletto per circa un quarto d'ora su quello che mi ha detto Jake. La osservo, da quando è qui non ha messo nemmeno un grammo. Vado vicino a lei, mi siedo sul letto, profuma di vaniglia, lei non si sposta. «Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Io perfettamente: tu mi hai detto di levarmi dal cazzo, ma io mi sono avvicinato di più e mi hai riversato addosso parole che nessuno è capace di credere che siano uscite da quella bocca apparentemente innocente. Ti ricordi quando abbiamo rubato quella moto, rammenti il vento sulla faccia, oppure quando ci schizzavamo a mare, ci rincorrevamo sulla sabbia...?»
Inizia a piangere, è la prima reazione da più di una settimana. La abbraccio, lei posa la testa nell'incavo del collo, la stringo forte, sento la maglietta inumidirsi vicino la mia clavicola, ma non mi importa di niente in questo momento, se non di lei. Una lacrima riga anche la mia guancia, però è una lacrima di felicità. Le accarezzo la schiena con una mano e con l'altra i capelli, le poso il mento sulla testa per avvicinarla ancora di più, ora sento le sua ciglia solleticarmi il collo, ma non mi muovo. Non so per quanto tempo siamo rimasti così, allento un po' la presa quando la sento singhiozzare sommessamente. Le tolgo il braccio da dietro la schiena, tuttavia lo rimetto subito quando lei sta per cadere sul cuscino, non ha forze. Le sue unghie conficcate nella schiena e nella nuca, pian piano allentano la presa e si appoggia completamente al mio braccio. La osservo, gli occhi rossi e febbrili, le guance arrossate e bagnate, con la mano libera cerco di eliminare ogni traccia di lacrima, come se questo potesse cancellare tutto ciò che ha vissuto. Infine la adagio sul materasso, ma si irrigidisce come accenno a sfilare il braccio da sotto di lei, «R-resta q-qui con m-me» mi supplica guardandomi negli occhi, non me lo faccio ripetere due volte, scorro verso di lei, le faccio posare la testa sul mio petto e poi sussurro «Dormi, io sono qui, è tutto finito» lei annuisce impercettibilmente e poi chiude lentamente le palpebre.
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Non scrivere mai la parola fine
RomanceSasha è una ragazza che dell'adolescenza ha vissuto poco e niente, eccetto per le birre e i pacchetti di sigarette vuote che la circondano a tarda notte dopo che, piena di lividi, ha terminato gli incontri di boxe. Una notte, che sarà decisamente d...