33. L'ho rinchiusa per proteggerla

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«Salve, a che punto siete con le indagini?» Chiedo guardandomi intorno sembrando disinvolta, l'uomo seduto sulla panchina dichiara, «Abbiamo appena iniziato, hai portato...» Annuisco impercettibilmente, capendo a cosa allude. Il pullman si ferma, salgo, mi dirigo nei posti infondo che sono vuoti e nelle vicinanze non vi è seduto nessuno. Abbiamo scelto di salirci per non essere vincolati nel parlare guardandoci intorno, essendo un luogo più concentrato.

«Tenga» affermo estraendo il bigliettino dal reggiseno, «Non so per quanto potrò ancora darvi informazioni mediante incontri, oggi mi hanno chiesto di stare nella villa per tutto il giorno, quindi dovrete escogitare qualcosa, ma non sospettano niente tranquilli».

«C'è un ragazzo che fa parte della polizia e potrebbe essere un buon candidato per svolgere il lavoro di guardia. Decidiamo una parola per identificarci...»

Sto attendendo insieme agli altri che la porta dell'ufficio di Tom si apra per consegnargli la merce. Finalmente la cameriera esce facendo segno di entrare, «Vediamo oggi chi ha portato di più». Ognuno posa degli oggetti luccicanti sulla scrivania di mogano. Guardo negli occhi Tom prima di posare due Rolex e un braccialetto d'oro. Lui incrocia i miei occhi, sorride appena. Poi, come il giorno prima, fa uscire tutti dalla stanza. Restiamo solo noi in quello spazio troppo grande per sole due persone. Mi appare ancora più ampio quando lui si avvicina a me sorpassando la scrivania. «Non sarebbe bello stare tutto il giorno insieme?» Chiede mordendomi il lobo dell'orecchio. Mi ritrovo in senso figurato con le spalle al muro, sono costretta ad assecondare la sua richiesta, «Sarebbe stupendo». Proprio un sogno che si avvera, come no! «Allora se io ti promettessi che ogni tanto andremo a fare un giro in città, tu staresti con me per tutto il giorno?» Come posso rifiutare una simile proposta? Così potrei farlo arrestare senza alcun problema. Gli prendo il viso tra le mani e lo bacio in modo delicato quasi sfiorandolo, lui mi posa i palmi sulla schiena, pian piano scendono sempre di più.

«E' ora di pranzo» dichiaro tra un respiro e un bacio, nel vano tentativo di fermarlo. «Io sto già mangiando delle pietanze deliziose: le tue labbra, la tua pelle...» Il mio tentativo è fallito. Non solo mi toccherà restare digiuna fino a stasera, inoltre dovrò spingermi oltre con lui per tutto il pomeriggio perché sono quasi sicura che non faremo nient'altro che: baciarci, toccarci e fare sesso, l'atto che tanto può essere romantico quanto schifoso.  Siamo seduti sul divano di pelle nera, vicino all'enorme libreria del suo ufficio. Le mie mani sono nelle sue, le mie gambe sottili, nonostante siano muscolose, sulle sue. «La tua famiglia dov'è?» Chiede improvvisamente. Alzo gli occhi dalle nostre dita e fisso i suoi smeraldi gatteschi, che hanno tutt'altro a che vedere con quelli di Jacob. «Perché me lo chiedi?»

«Penso che dovremmo conoscerci un po' meglio, non solo come siamo fatti fisicamente».

«Io non ho una famiglia» abbasso lo sguardo, l'ho sussurrato talmente piano che credo non mi abbia sentito, «Sei... Sei orfana?» Pone la domanda solo dopo qualche secondo molto lungo. Annuisco impercettibilmente, lui con un dito mi alza il mento costringendomi a guardarlo negli occhi. «Come?»

«Un incidente stradale» rispondo secca. Ho un nodo di piombo che mi ostruisce la gola. Decido di omettere il fatto che mio padre sia vivo perché, per me ormai, è con mia madre e mia sorella. Inclina la testa di lato per cercare di attirare il mio sguardo, io prima lo sposto sulla pelle del sofà e poi sul pavimento. Mi alzo di scatto strappando le mie mani dalle sue, traballo, mi gira la testa, lui si sta per alzare, però lo fermo con un cenno della mano e mi appoggio alla solida scrivania per non cadere. Appena riesco a camminare senza cedere, vado in camera da letto, chiudo la porta, ma non mi lascio scivolare mostrando la mia momentanea debolezza a quella stupida telecamera che riprende qualsiasi cosa. Mi rifugio in bagno, almeno lì non ci sono testimoni oculari della mie lacrime.

Dopo una decina di minuti sento bussare alla porta, «Sasha, stai bene?» Come posso stare bene se mi sono resa conto di essere sola in un covo di predatori che non aspettano altro la tua rassegnazione per strapparti i vestiti di dosso e buttarti su una poltrona?! Non ho alcun motivo per lottare, ma infondo è questo che vogliono, però non gli permetterò di decidere ancora la mia vita, questa faccenda si deve chiudere il più presto possibile. Spalanco la porta e vedo Thomas con un pugno in aria pronto a bussare nuovamente.

«Non pensavo che tu fossi orfana...» Codesta parola è una freccia dritta al cuore, nessuno mi aveva chiamata orfana di madre prima di allora.

«Non importa. Invece tu? Non ho mai visto tuo padre con una donna vicino».

«Mia madre è nella sua stanza». Aggrotto la fronte non capendo, com'è possibile che io non l'abbia mai vista? «Lei non esce spesso dalla sua camera. Ti sto per confidare un segreto che ti dovrai portare nella tomba. Lei sta sempre nella camera dei miei, mio padre non la fa uscire mai, la ama talmente tanto che ha paura che possano prenderla in ostaggio o farle del male».

«Ma così lei non soffre?» Chiedo un po' interdetta, sia perché non credevo che il capo potesse avere un cuore così profondo, sia perché non mi capacito come possa credere che così la proteggerà. Sono sicura che lei nel frattempo stia morendo dentro. «Sai, la nostra famiglia potrebbe apparire burbera e si potrebbe credere che al posto del cuore vi sia un grosso buco nero, ma in realtà non è così. Ci capita di trovare una donna per cui noi faremo di tutto, anche se questo comporterebbe chiuderla in una stanza circondata da uomini fidati e subirci tutto il suo astio e rancore» risponde fissandomi. «Tu hai trovato l'amore della tua vita?» Lo guardo negli occhi, per una volta non mi scherniscono, al contrario, sono sinceri e profondi. Mi prende la mano e se la porta sul petto «Il mio buco nero si sta rimpicciolendo e sta per esplodere in un cuore su cui è inciso il tuo nome, quindi si l'ho trovato: sei tu». Mi bacia con passione, sento una stretta nel petto. Quest'uomo ha appena confessato di amarmi ed io mi sto prendendo gioco di lui, mi sento una persona orribile. So che non dovrei perché solo Dio sa cosa ha fatto, ma ho imparato sulla mia pelle che con i sentimenti non si scherza, perché solo così puoi ferire una persona nel profondo.

Alla fine del bacio mi sorride facendo comparire l'oro a forma di denti, «Penso che ti farebbe bene parlare con mia madre. Sa che compiti devono svolgere le donne di casa, vieni».

«Mamma posso?» Chiede Thomas bussando delicatamente ad una porta bianca, «Certo, entra» afferma la donna. Sorpassata la soglia, vedo una bellissima donna in un abito di velluto lungo fino a terra, dei boccoli biondi le ricadono sulle spalle, gli occhi sono di un verde incorniciato da un marrone chiaro, avrà cinquant'anni, tuttavia se li porta molto bene.

«Lei è Sasha, la mia fidanzata». Mi volto sentendo quella parola, incontro subito i suoi occhi e poi sorrido, «Vi lascio sole». Va via non prima però di avermi baciato la guancia.

«Accomodati Sasha, giusto?» Chiede indicando il posto accanto al lei sul confortevole divanetto in stoffa, un po' consumato dal tempo. «Sì, e lei è la sinora?»

«Chiamami solo Ellie» annuisco. Mi guardo intorno, la sua camera è molto luminosa e non incute alcun timore, come invece suscita tutta la villa.

«Tè o caffè?» Scuoto la testa, mi strofino le mani sulle cosce, «Sai che sono rinchiusa qui?»

«Si e non so come riesce a sopravvivere» ammetto, «Dammi del tu per favore. Io non amavo John, il padre di Tom, sono stata costretta a sposarlo. Ho visto che anche tu non provi nulla per Thomas... Non tentare di negarlo» o cavolo! Lei sorride vedendo i miei occhi sgranati, «Ammettilo» m'incoraggia. Lancio uno sguardo alla telecamera, lei dichiara «Riprendono solamente non registrano anche le voci» sospiro ed affermo «No, non lo amo». Ellie mi prende le mani tra le sue e mi chiede con occhi imploranti «Ti prego, dimmi che hai trovato un modo per uscire di qui». Non so per quale assurdo motivo, ma sento che la mia bocca si apre e scandisce codeste parole «Si, ma solo se tutto va da programma». I suoi occhi si illuminano di una luce calda che proviene dal profondo, che molti la chiamano speranza. 

«Ti prego, fa' in modo che vada tutto come previsto, se ti dovesse servire aiuto, chiedi, non esitare». Annuisco, le racconto tutto il progetto e lei sorride dichiarando «Secondo me funzionerà, è stato curato ogni minimo dettaglio». Sentiamo bussare alla porta e poi la voce di Thomas chiede il permesso di entrare, Ellie mi sussurra «Non ti preoccupare terrò la bocca chiusa». Poi mi si affianca Tom, «Potresti venire anche domani, così chiacchieriamo ancora un po' sul punto a croce» sorrido e lei mi fa un simpatico occhiolino. «Con piacere». Finalmente sembra che qualcosa stia iniziando a girare nel verso giusto.

Stiamo camminando in corridoio quando Tom mi avvolge la vita con un braccio, «A cosa devo tutta questa felicità?» Lui mi osserva e precisa «Sorrido solo perché lo fai anche tu. Mi fa piacere che tu e mia madre andiate d'accordo. Tuttavia ora dobbiamo andare in ufficio, c'è un uomo che vorrebbe essere assunto come bodyguard, se corrisponderà a tutte le qualità necessarie sarà la tua guardia del corpo». Speriamo che sia la polizia.



Non scrivere mai la parola fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora