CAPITOLO VENTISEI

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Arrivati a casa di Matt, dopo aver sgranocchiato qualcosa, saliamo in camera sua e ci sediamo sul letto per parlare un po'; la stanza è molto luminosa, il colore dominante è il bianco, anche se le pareti azzurrine spezzano e danno un senso di colore al complesso. Ci sediamo sul letto ed iniziamo a parlare e stuzzicarci, una cosa tira l'altra e mi ritrovo con lui a cavalcioni su di me mentre mi da' caldi baci sul collo. Io ed Harris non siamo mai andati oltre a qualche palpatina e, sinceramente, non voglio che succeda qualcosa di più; solitamente non mi sono mai fatta tanti problemi a fare sesso con qualcuno, ma da quando Jacob è diventato il fulcro principale dei miei pensieri mi assale il senso di colpa e la nausea al solo pensiero che l'altra persona non sia lui. Le sue mani vagano sotto la mia maglietta, che pian piano alza mentre io provo a dimenarmi, cosa che a lui non sembra importare. Slaccia il reggiseno e mi tocca il petto scoperto con fare possessivo per poi leccare e succhiare la mia pelle lasciandoci sopra dei segni violacei; d'un tratto sento la sua mano fermarsi sulla mia intimità e distinto stringo le gambe. Con la mano libera mi tiene bloccati i polsi mentre con l'altra prova ad insinuarsi nei miei pantaloni. «Matt fermati» lo richiamo sperando si fermi quando mi sbottona i jeans; «Matthew basta, ti prego» continuo a supplicarlo con voce tremolante, ma lui non si ferma e continua il suo lavoro provando ad infilare le dita dentro di me. «MATTHEWBASTA, LASCIAMI STARE» grido e in risposta lui stringe ancora di più la presa sui miei polsi mentre si abbassa i pantaloni rimanendo con indosso solo in boxer. Inizio a piangere e a singhiozzare rumorosamente supplicandolo di fermarsi, ma lui non vuole saperne niente e continua; a salvarmi è il suo telefono che squilla. Colgo questa occasione per rivestirmi e allontanarmi da quella stanza. «Dove vai?» domanda dalla cima delle scale; la sua voce roca e infastidita rimbomba nel soggiorno vuoto. «D-devo andare, mia zia vuole che vada a fare una c-commissione» balbetto sperando mi creda e mi lasci andare. «Ti accompagno.» «Tranquillo, vado a piedi, è qui vicino» e senza dargli il tempo di rispondere esco da quella maledetta casa. Non mi aspettavo un comportamento del genere da parte sua, forse Jacob si riferiva a questo quando mi ha detto distargli lontano, avrà fatto così anche con altre ragazze? Jacob lo sa? Mille domande mi ronzano in testa, le scene di poco fa si ripercorrono una dopo l'altra nella mia mente, le lacrime continuano a scendere e un grande senso di vuoto si crea in me. Mentre cammino vado a sbattere contro un ragazzo alto e muscoloso; «hey attenta» dice, alzo lo sguardo e incrocio i miei occhi pieni di lacrime con quelli di Jacob, la sua espressione dura si tramuta in uno sguardo dolce preoccupato. «Luna cos'è successo? Perché piangi?» chiede per poi abbracciarmi cercando di calmarmi, non dico nulla mi limito a sfogarmi tra le sue braccia. «Harris ti ha fatto qualcosa?» domanda dopo pochi secondi, annuisco leggermente e lui scatta sugli attenti; «che cazzo ti ha fatto quel bastardo?» dice su tutte le furie stringendo i pugni, mi è mancato vederlo arrabbiato per qualsiasi cosa mi riguardi. «Voglio andare a casa, non mi va di parlarne» mormoro al suo petto, Jacob capisce che non è il momento e mi riaccompagna a casa. Il viaggio in macchina è più tosto silenzioso, si udivano solo i miei singhiozzi e la radio, lui ogni tanto si girava nella mia direzione, inizialmente non aveva un'espressione tanto preoccupata, ma poi cambiò di colpo. Parcheggia la macchina davanti casa mia, mi fa scendere emi accompagna in camera; chiusa la porta alle sue spalle si avvicina a me, mi prende le mani ed alza leggermente le maniche della felpa mostrando così i polsi viola. «É stato lui? Giuro che se è così lo vado a riempire di botte» «Smith per favore vattene, non voglio vedere nessuno. Ho solo bisogno direstare sola», mi guarda senza dire nulla, mi strige un'ultima volta a sé e mi lascia un dolce bacio sulla fronte per poi uscire dalla stanza.

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