CAPITOLO DIECI

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La scuola è finita e, finalmente, posso tornare a casa dopo sei lunghe ore tra i banchi di scuola. Anche oggi pomeriggio dovrò sopportare Jacob che, da quando ho risposto alla sua "ragazza", non fa altro che guardarmi e trattarmi male. Come se tutto ciò non bastasse, mi tocca anche stare in macchina con lui.
In dieci minuti circa arriviamo davanti casa. James scende subito dall'auto e lo stesso faccio io, ma lo sportello ha la sicura per i bambini che mi impedisce di seguire mio cugino. «Mi fai scendere o devo rompere il vetro?» chiedo col solito tono sarcastico a Jacob che è ancora seduto al posto del guidatore. «Dobbiamo parlare» dice freddo. Fantastico. «Se mi devi fare la predica per la faccenda di stamattina con la tua sottospecie di Barbie, risparmiatelo.» «Non le dovevi rispondere in quel modo. Non sai contro chi ti sei messa» «Mi ha dato della puttana e tu lei hai dato corda, sinceramente non so chi sia peggio fra voi due.» «Io non le ho dato corda» afferma provando a giustificarsi. «Ed io non mi drogo, smettiamola di sparare stronzate per favore» gli grido in faccia più incazzata che mai. «Sai qual è la verità? Tu sei solo una stupida ragazzina che si vuole fare la forte davanti agli altri, perché ha paura di non farsi rispettare. Hai paura che la parte debole di te venga fuori. Non mi meraviglio che prima di venire qua tu non abbia avuto amici, chi vorrebbe essere amico di una come te: prepotente, scorbutica e acida. Sono più che sicuro che sei venuta qua perché per i tuoi genitori eri un peso, la rovina della famiglia: la figlia puttana che si droga nel parco perché il migliore amico si è stancato di lei. Non dovresti meravigliarti se anche le persone che ti stanno più vicine ti lasciano. Che poi, diciamocelo, non sei neanche così bella da farti venire tutti dietro: sei grassa, con quei capelli sembri una stupida e con quel coso che hai nel naso assomigli a un toro. Smettila di crederti Dio e scendi da quel piedistallo che hai sotto i piedi», sento le lacrime che minacciano di scendere. Non riesco a credere che abbia avuto il coraggio di dirmi queste cose senza nemmeno conoscermi, ma se ai suoi occhi appaio così figuriamoci a quelli degli altri. Anche se poco mi importa del suo giudizio quelle parole, dette con tanto odio, hanno fatto male. «Senti brutto coglione, non sai niente di me, della mia vita, del mio migliore amico e della mia famiglia. Se sei convinto che con provando a ferirmi andrò a chiedere scusa alla tua fidanzatina, ti sbagli di grosso. La puttana qui non sono io, ma la gallina con cui hai una relazione che, non ha neanche la decenza di scopare a casa sua, che usa i bagni della scuola per soddisfare i suoi bisogni con il primo che le passa davanti. Detto ciò, fammi il favore di andartene a fanculo, di farti un esame di coscienza e di non sparare minchiate sulla vita degli altri. E fammi scendere da questa fottutissima macchina.» Caccia la sicura ed esco dalla macchina, ma prima di entrare in casa mi volto verso l'auto e sputo sul finestrino del guidatore. Che se ne vada all'inferno quello stronzo.

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