CAPITOLO DICIASETTE

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È passatapiù di una settimana da quando io e Jacob abbiamo deciso di diventare amici, stoscoprendo lati del suo carattere che non credevo esistere visto lo stronzo cheè. La cosa che più mi ha colpita di quello che mi ha raccontato è la sicurezzasui piani per il futuro: sta studiando per prendere una borsa di studio così dapoter andare a Boston e giocare in un'importante squadra di basket come quelladei Lakers. Tutto sommato, la scelta di diventare amici si sta rivelando esserestata un'ottima idea. Sto facendo amicizia anche con il gruppo di Zoe e alcuniamici di mio cugino e devo ammettere che sono proprio simpatici. Sta andandotutto bene, sento di stare bene e spero di avere pace anche oggi. Nicholasavrebbe dovuto compiere gli anni, avrebbe dovuto essere il suo giorno. Mi alzosvogliatamente e faccio la solita routine: doccia, trucco, capelli, vestiti,colazione e poi scuola. La solita noia. Avrei voluto prendere un aereo perandare a Los Angeles oggi, ma i miei genitori hanno detto che non mi avrebberosborsato un soldo e che andarci avrebbe distrutto i progressi che sto facendoin questo periodo. Non si sono mai preoccupati di chiamarmi e chiedermi come mistessi trovando qui, hanno fatto un paio di chiamate alla zia, ma niente diche. Una volta pronta esco di casa per andare a scuola. Jacob non può passare aprendermi e James è già a scuola con lui, così, io mi ritrovo a camminare perventi minuti sotto la pioggia pregando di non impiegarci un'eternità. D'untratto una macchina si accosta sul lato della strada e un ragazzo a mefamiliare abbassa il finestrino del lato passeggero. «Guarda un po' chi sirivede. Vuoi un passaggio?» afferma Matthew, in tutta la sua bellezza,salvandomi la vita. Entro nell'auto bagnata fradicia e il mio abbigliamento nonfacilita la situazione. La maglia bianca, ormai fradicia, fa intravedere ilreggiseno e i jeans larghi si sono quasi totalmente attaccati alla pelle. «C'èuna felpa sul sedile di dietro, non vorrai morire di freddo, vero piccola?» «Quantevolte ti ho detto che non mi devi chiamare così? Mi dà fastidio, comunquegrazie del passaggio, non penso sarei sopravvissuta con questo tempo» dicoindossando la felpa. «Come mai eri a piedi? Non ti accompagna qualcuno disolito?» «Si, ma oggi non poteva passare a prendermi», il suono del cellulareinterrompe la conversazione. «Pronto» rispondo non guardando neanche chi è. «Senti,mi dispiace tanto, dimmi dove sei che ti raggiungo» dice Jacob dall'altro capodel telefono. «Tranquillo, ho trovato un passaggio, ma mi devi fare i compitidi biologia per farti perdonare» affermo sorridendo. «Okay, quando vuoi. Devoandare, a dopo» stacco la chiamata e poco più tardi arrivo a scuola. «Grazie,ti devo un favore» dico al moro sorridendo leggermente. «Ti va di uscireinsieme un giorno di questi? Così da ripagare il tuo debito», annuiscosemplicemente e, dopo avergli lasciato un bacio sulla guancia, scendo dallamacchina dirigendomi verso il grande edificio scolastico. «Seriamente ti seifatta accompagnare da Matthew Harris? La prossima volta ti vengo a prendere io,pur di fare tardi all'allenamento» dice Jacob prendendo una magliadall'armadietto. «Mettiti questa, non voglio sentire la puzza di quel coglione»continua a dire porgendomi l'indumento pulito. Con un sorrisetto beffardo sulvolto chiedo: «Sei per caso geloso Smith?» «Figurati, ma se ti vedo ancora conquello sappi che lo potrai rivedere solo dentro una bara». A quelle parole mitorna in mente Nick. Ho un piano, sarà una cazzata, ma la cazzata più bella cheio abbia mai fatto e che mai potrò fare.

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