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L'acqua cristallina del lago faceva da contrasto alla nebbiose colline delle Highlands, l'inverno si avvicinava anche in quelle terre nel nord della Gran Bretagna.
   Sulla scogliera vicino al lago sorgeva un piccolo maniero, la posizione suggeriva quasi che volesse vedere tutto ciò che gli accadeva intorno.
   Il proprietario era il ricco collezionista scozzese Nathan Robertson, un uomo spregevole ed egoista pronto a tutto pur di arricchire la propria galleria privata di opere d'arte e antichi manufatti.
   Appostati sull'altra sponda del lago, Scott James e Piotr Kalevski, due agenti dell'Interpol, tenevano d'occhio il Maniero Robertson, posizionato sulla scogliera. James era un americano alto, elegante, con i capelli neri e gli occhi castani, Kalevski al contrario era basso, più sciatto nel modo di vestire, biondo con gli occhi azzurri, e con origini polacche.
   Stavano seduti a un bar ma ognuno con atteggiamento completamente diverso dall'altro, James aveva un binocolo letteralmente incollato agli occhi, non distoglieva minimamente lo sguardo dal maniero, come un rapace che punta un roditore. Kalevski invece stava tranquillo, ogni tanto ordinava una birra e chiedeva a James se ci fossero novità, ma non si scomodava più di tanto.
   «Novita?» chiese Kalevski al compagno.
   «Nessuna. Niente movimento. Niente di niente» rispose borbottando James.
   Nathan Robertson era uno dei maggiori collezionisti privati del mondo. Tuttavia oltre la metà dei pezzi della sua collezione proveniva dal mercato nero, oppure era stato acquistato a peso d'oro da loschi individui. Nessuno era mai riuscito a incastrarlo perché, nonostante fosse risaputo che molti pezzi della sua collezione avessero provenienza sospetta, non c'erano mai state prove sufficienti da ottenere un mandato per perquisire il suo maniero.
   «Credi davvero che otterremo risultati?» chiese Kalevski. «Insomma, gli stiamo addosso da anni e non abbiamo mai ottenuto nulla.»
   «Finché farò parte dell'Interpol potrai stare tranquillo, cercherò sempre di beccarlo» ribatté James.
   Dopo diversi minuti di chiacchiere videro una limousine nera avvicinarsi all'ingresso del maniero. James impugnò il binocolo e guardò subito in quella direzione; era Robertson, non vi erano dubbi.
   James tenne gli occhi su di lui finché non uscì dal suo campo visivo, poi mise giù il binocolo. Kalevski invece continuava a starsene tranquillo e beato, dando una sorsata ogni tanto alla sua birra.
   «Allora, come ti è sembrato?»
   «Parecchio nervoso» rispose James. «Come se avesse un affare in ballo.»
   «Teniamolo d'occhio fino a stasera, dopo di che faremo rapporto. Più o meno come ogni volta che ci mettono a sorvegliarlo.»
   James non era dell'umore giusto per questo genere di battute; fulminò Kalevski con un'occhiataccia ma nulla di più, per quella volta ci sarebbe passato sopra.
   La limousine ripartì poco dopo, senza nessun passeggero. Robertson era sceso a terra e James era abbastanza sicuro che non fosse risalito in auto prima che ripartisse. Forse si stava manifestando la possibilità di coglierlo con le mani nel sacco; se poco più tardi fosse giunto al maniero qualche losco individuo, un mandato per fare irruzione e perquisire ogni angolo della casa non glielo avrebbe tolto nessuno.
   Davanti a quella prospettiva anche Kalevski iniziò a prendere sul serio l'appostamento, mentre James sfregandosi le mani disse: «Finalmente riusciremo ad acchiappare questo poco di buono.»
   «Non cantiamo vittoria» ribatté Kalevski. «Ce l'ha fatta in barba tante di quelle volte...»
   «Stavolta no. Stavolta lo freghiamo noi.»
   Circa venti minuti dopo la partenza la limousine tornò indietro, tuttavia non fu possibile vedere chi era il passeggero perché non si fermò dinanzi ai cancelli, ma all'interno della proprietà.
   «Accidenti» esclamò Kalevski. «Mi sa che questo qui ci ha fregati di nuovo.»
   James non si scompose più di tanto, quando Kalevski lo guardò vide un sorriso appena accennato, ma comunque evidente, e riusciva proprio a capire cosa gli stesse passando per la mente.
   James si alzò in piedi e disse: «Mi è venuta un'idea» e si allontanò subito dopo, senza dare spiegazioni.
   Kalevski rimase di sasso e iniziò, in modo ironico, a parlare da solo. «Offro io. No tranquillo, pago io. Non insistere, per favore.» I presenti lo guardarono straniti, quando se ne accorse rassicurò tutti: «Tranquilli. Non fateci caso.»

I DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora