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Giacevano sul fondo del pozzo, rannicchiati, e in parte sepolti, sotto alcune delle macerie generate dall'esplosione; non tante come ci si sarebbe potuto aspettare, considerando stato ed età delle rovine.
   Il primo a riprendere conoscenza fu Williams, leggermente stordito e con un enorme bernoccolo sulla fronte. Si guardò intorno alla ricerca dei compagni, che non se la passavano certo meglio: Miller presentava una vistosa ferita alla testa, mentre Kane si trovava solo qualche livido sparso su tutto il corpo.
   «Alexander, spero che qualunque cosa ti sia passata per la testa funzioni.»
   «Elencami tutte le volte in cui i miei piani non hanno funzionato, per favore» ribatté Kane guardandosi intorno, e cercando di mettere bene a fuoco la situazione.
   «Lo farei, ma prima devo medicare Rudi. A lui è andata peggio di noi.»
   Kane si accertó che non fosse nulla di grave, prese lo zaino e risalì al piano superiore. «Sistemalo in fretta. Ci attende una faticosa caccia» disse al compagno. Nella sua mente però pensava: spero di avere tutto ciò che mi occorre.
   Sapeva che non avrebbero potuto sopraffare quei criminali con la forza; l'unica possibilità era venire imprigionati nel tempio con l'esplosivo. In questo senso, aveva elaborato un piano per tirarsi fuori; però servivano i giusti arnesi.
   Non si riusciva a vedere nulla, nemmeno a un palmo di distanza dal proprio naso; tanto era buio. Kane risalì il pozzo, orientandosi con la memoria e la percezione. Una volta in cima svuotò lo zaino di Miller; avevano le torce, ma non potevano usarle a lungo, quindi passò oltre. C'erano altri due bengala.
   Ne accese uno, e subito la luce rossa illuminò la stanza. La vista delle statue che facevano da colonne ravvivò l'immagine del suo piano, ma servivano ancora altri due elementi: delle corde e una pistola, la sua pistola: una USP Match, prodotta in Germania dalla Heckler & Cock. La teneva sempre da parte, mai in una fondina attaccata alla cintura e pronta a far fuoco.
   «Lewis, ci sei?» urlò Kane.
   La sua voce echeggiò nel pozzo, così come quella di Williams. «Ho quasi fatto.»
   «Rudi sta bene?»
   «Ha una ferita molto profonda, ma non avrà problemi» rispose Williams con tono rassicurante.
   «Bene, perché avrò bisogno di voi.»
   Williams non poteva certo immaginare ciò che l'amico stava architettando. La mente di Kane era una fabbrica da cui poteva saltare fuori qualsiasi pazzia, una scarica improvvisa di colpi di pistola lo testimoniò.
   «Alexander!? Ma che stai combinando?»
   «Niente domande» ribatté Kane. «Portate qui le chiappe che mi serve aiuto.»
   Uscirono in fretta dal pozzo. Miller era ancora intontito, mentre Williams era curioso di sapere cosa Kane stesse progettando per tirarli fuori da quella situazione; intanto si continuavano a udire spari.
   «Cosa ti serve che facciamo?» chiese Williams.
   «Fissate le corde da un lato all'altro della stanza» rispose Kane.
   Anche dinanzi agli occhi di Williams si iniziava a delineare quale fosse il piano di Kane: un ariete per sfondare le macerie.
   Fu un lavoro abbastanza semplice; appena dieci minuti dopo sollevarono la colonna e la indirizzarono contro l'ingresso.
   «Speriamo che la forza di gravità faccia bene il suo lavoro» mormorò Kane, a bassa voce.
   L'ariete sfondò il cumulo di detriti come se fosse fatto di cartongesso. Una luce fioca entrò dall'esterno, seguita da un grido: «Chi c'è lì dentro?»
   Nessuno rispose. Continuarono ininterrottamente a spostare le macerie che rimanevano a bloccare l'ingresso. Era ormai il tramonto; ciò significava che erano rimasti sepolti, e privi di conoscenza, all'interno della rovina per ore.

   Sembrava di rivivere l'incontro con Schroeder e i suoi mercenari. Un uomo alto e magro, con lunghi capelli neri raccolti in un codino, stava in piedi dinanzi a loro.
   Kane teneva la sua USP dietro la schiena, pronto a reagire. «Lei chi è?» chiese con voce ferma.
   «Mi chiamo Konstantin Dominguez. Non vi abbiamo visti tornare e mi hanno mandato a cercarvi.»
   «Dove non ci hanno visto tornare?»
   «A Iquitos.»
   Williams e Miller si tenevano pochi passi dietro Kane, per stare più al sicuro, tuttavia quella situazione non si protrasse a lungo; lo straniero non era armato e non sembrava poter rappresentare un pericolo. Almeno non nell'immediato.
   «Dov'è la donna?» chiese Dominguez. «Mi sembrava che ci fosse una donna insieme a voi.»
   «L'hanno presa» disse Williams.
   «Chi? Chi l'ha presa?»
   «Non importa. Perché ce la riprenderemo» rispose Kane.
   Sapevano bene che Schroeder e i suoi mercenari avevano già diverse ore di vantaggio. I loro mezzi erano distrutti, e anche qualora avessero potuto corrergli dietro per tutta la notte era certo che non potevano comunque raggiungerli. C'era solo una possibilità: tornare a Iquitos e pensare bene al da farsi.
   Dominguez li fece salire sulla sua Jeep, una Wrangler del 93, quasi tutti possedevano quel tipo di mezzo, efficace e affidabile per spostarsi nella giungla. Ingranò la marcia e partì in direzione Iquitos. Speravano di impiegare il minor tempo possibile. Soprattutto Kane, perché aveva già un piano; come al solito la sua mente andava a una velocità fuori dal normale.

I DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora